Sfoglia la rivista

In profondità > Verso l'Assemblea del Focolari/6

Una rete che tira su il mondo

di Sergio Rondinara

L’unità e le attese della società

È un giorno d’estate del 1949. Marco e Maria Elena scendono in autobus dalla valle di Primiero verso Trento, la loro città. Nei volti dei due giovani una gioia ben al di là di quella tipica della loro età, un surplus di felicità ed esultanza dovuto a quanto avevano vissuto nelle poche ore passate a Tonadico con Chiara Lubich e il gruppo delle sue prime compagne. Queste ultime erano giunte nel paesino da qualche giorno per trascorrervi un periodo di riposo.

All’arrivo, un evento inatteso: Qualcuno che le aspettava riversò nei loro cuori e nelle loro menti la luce della propria sapienza. Così il riposo si trasformò in una quotidiana irruzione di Dio nelle loro vite fino ad avverare quell’esperienza di immedesimazione con Gesù – tipica della mistica cristiana – annunciata dall’apostolo Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20).

Il Regno di Dio si svelava in loro e in mezzo a loro, un Paradiso insomma, sia nei cuori che nei rapporti. Chiara, accolti i due giovani, li aveva “aggiornati” raccontando loro la comprensione del mistero di Dio che di giorno in giorno si andava rivelando e di come cercavano di viverlo insieme.

Una comunicazione, questa, dal sapore generativo – direbbero oggi gli esperti –, dove i due giovani potevano sperimentare che i contenuti di quella comunione con Chiara entravano nelle loro anime e che loro stessi diventavano la realtà che tali contenuti affermavano.

«Per la verità – racconterà Marco anni dopo, ricordando quel giorno – non è che capissi molto, ma si entrava in un nuovo rapporto con Dio e tra noi, l’anima veniva colmata di grazie e la gioia traboccava».

Si trattava di un dono divino per il gruppo: l’Anima, come la chiamavano. «Quel giorno ebbi l’impressione – continua Marco – di essere stato preso, insieme a Maria Elena, come dentro una rete e tirati su in cielo, insieme a tutto il mondo».

Un’immagine – quella di Marco – ricca di significati anche per l’oggi. La rete che tira su i due giovani e il mondo intero dice innanzitutto la piena solidarietà dell’Anima con tutta l’umanità, la capacità d’intercettare e fare proprie le istanze del mondo, le sue angosce, aspettative, speranze, illusioni, ideali e le sue tragedie; ma nello stesso momento tutto il mondo e i due giovani, venendo sollevati, sono chiamati a trascendere, a superare se stessi, da una molteplicità ad una unità di persone.

Si trattava di un messaggio semplice, ma forte e chiaro nel suo significato essenziale: trascendersi nel divino senza abbandonare l’umanità. «Ecco la grande attrattiva del tempo moderno; penetrare nella più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo…», scriverà qualche anno dopo Chiara Lubich.

O, in altre parole, intercettare le tensioni, le ambiguità, le sofferenze del mondo facendole nostre e allo stesso tempo scavare l’esperienza dell’Unità lasciando che sia Dio stesso, l’Abbandonato/Risorto, ad indicarci come rispondere alle attese del mondo, come far rispondere il dono ricevuto (carisma) senza suggerire nulla a Dio.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876