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Le radici culturali di Aldo Moro

di Silvio Minnetti

- Fonte: Città Nuova

Intervista al presidente del Centro di cultura per lo sviluppo Giuseppe Lazzati di Taranto sull’attualità della visione politica della collocazione dell’Italia nel Mediterraneo 

Aldo Moro durante un comizio a Barletta. Foto tratta da Wikipedia di dominio pubblico, autore sconosciuto.

Una recente iniziativa che ha visto la collaborazione tra il Dipartimento Jonico dell’ Università di Bari e il Centro di Cultura per lo sviluppo Lazzati di Taranto  ha consentito di approfondire il pensiero giuridico- costituzionale e socio-politico di Aldo  Moro. Ne abbiamo parlato in questa intervista con il professor Amalfitano, presidente del Centro Lazzati della città dei due mari.

Quanto ha influito la formazione  liceale di Moro a Taranto nello sviluppo di un pensiero complesso, profetico,  oltre la linearità,  il riduzionismo  e la mera cultura binaria?

C’è chi ha sostenuto che Aldo Moro fu una intelligenza che per tutta la vita lottò con la propria identità. È un giudizio forte ma per alcuni aspetti, vero! Moro sollecitò sempre l’identità cristiana ad emanciparsi da contesti tendenti all’omologazione ideologico-clericale, certamente riduttiva.

In che modo si manifestò la sua identità cristiana?

Possiamo dire non rivendicativa, ma lievito e sale per un di più di umano, di universale. Non quello che sei ma quello che speri…questo è il cristianesimo che Moro certamente apprese nell’esperienza giovanile degli undici anni (1923-1934) trascorsi a Taranto, frequentando e animando il gruppo del Vangelo del circolo giovanile di Azione Cattolica presso il convento francescano di San Pasquale. Interessante il metodo di lettura del Vangelo: una lettura sine glossa, recepita e commentata personalmente da ciascuno in comunità. La riflessione morotea parte da qui ed è intrinseca alla sua coltivazione continua: a 18 anni, aveva già letto tutto Kant!

Attraverso quali percorsi culturali Moro è  pervenuto ad un nuovo paradigma  di pensiero in cui tutto è in relazione, in cui l’intero è più della somma delle parti? Tale pensiero  gli ha consentito di impostare una politica  estera mediterranea innovativa e di immaginare una drammatica Terza Fase nella crisi italiana degli Anni Settanta.

L’assunzione di una visione cristiana tutta vissuta tra l’attenzione al concreto vivente e il criterio-principio del non appagamento, gli ha fatto attraversare tutto l’agorà culturale del suo tempo, assumendo un linguaggio in presa diretta, con l’evoluzione della complessità del reale.
Un pensiero ed un linguaggio aperto, includente, dinamico, sospeso, tormentato ma certamente non oscuro…il linguaggio della Lettera a Diogneto! Tutto è in relazione, tutto è interconnesso, e tutto va, e non in maniera lineare, verso l’intero, verso la comunità di destino: il nuovo paradigma! Non quello a somma zero, vinco io perdi tu,  ma vinco io e vinci tu, vinciamo tutti! Era prorompente nella tensione politica morotea fino ad individuarne fasi, crateri e luoghi geopolitici come il Mediterraneo. Con parresia, fino al martirio!

È possibile individuare in Moro “sguardi trinitari sul sociale”, da voi analizzati con l’ausilio del Manifesto di Ontologia trinitaria di Piero Coda ed altri?

Basterebbe prendere la parte introduttiva delle sue lezioni di filosofia del diritto (quelle recentemente riedite dal suo successore nella cattedra, professor Antonio Incampo), Università di Bari, anno accademico 1946-47; è il manifesto di ontologia trinitaria ante litteram, che fa da introduzione alla sua visione della società di fronte allo Stato. Stupendamente impressionante! Un incipit…l’anima della società, quello per cui è sè stessa, è la relazione che implica la molteplicità, ma la supera instaurando l’unità…e la forma di relazione che sia umana…è l’amore.

Come è riuscito Aldo Moro a riconoscere il Mediterraneo come grembo e frontiera di umanità con l’ Africa ed il Medio Oriente?

Il Mediterraneo, in tutta la sua problematica geopolitica, è il luogo di maggiore interesse in cui si misura l’esemplarità, l’originalità, la peculiarità, la ricchezza, nonché lo stigma che ancora tiene, della visione politica di Aldo Moro. Mare Nostrum regione di pace, di solidarietà, di progresso non solo per sé. Una strategia complessa e pluridimensionale di interdipendenza globale, che implica diverse linee di intervento, di azione, di costruzione, strettamente interconnesse, tutte di grandissima attualità. Una consapevolezza dell’interconnessione (la Populorum progressio è la magna carta di riferimento) non solo e non tanto tra governi e stati, quanto tra popolo e società. Un continuum tra politica estera e politica locale!

In questa visione quale è il merito della lezione di Aldo Moro che possiamo riconoscere nella sua stretta attualità?

Il grande merito di Moro è quello di impedire che l’Italia si possa trovare divisa, al bivio, tra una via europea e una via mediterranea circa le relazioni internazionali. Europa, Mediterraneo e sistema internazionale vanno intesi come tre centri concentrici, interdipendenti e interconnessi. L’Italia con il Meridione (la “sturziana” Euro-Africa) compie il passaggio da emarginata a cerniera vitale. Un esempio della visione di Moro tra utopia e fermo realismo!

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