Sono medico e durante tutti gli anni del mio lavoro mi sono imbattuta nella sofferenza. Ho cercato di immedesimarmi in chi avevo davanti e mi sono ritrovata a consolare, a dare coraggio, a cercare di far vedere il positivo, a non togliere mai la speranza anche davanti a situazioni veramente gravi.
Ma un giorno è capitato a me di stare dall’altra parte della barricata. Avevo sentito mia sorella al telefono e mi aveva dato un consiglio per un certo problema di papà. Dopo pochi minuti mi squilla il cellulare: è il numero di mia sorella. Penso che forse ha dimenticato di dirmi qualcosa, invece è mio cognato che mi dice che mia sorella all’improvviso è caduta a terra ed ha perso conoscenza. Ha già chiamato il 118 e la porteranno in ospedale.
Travolta da quella notizia improvvisa e assolutamente inaspettata corro in macchina per raggiungerli. Mi sento confusa, angosciata, non capisco niente. Le mie ipotesi su ciò che può essere accaduto ballano nella mente, ma sono frastornata, continuo a non capire. Non riesco ad entrare quando le fanno la TAC: sto male, devo correre in bagno. Fanno altre indagini. Arriva la diagnosi: grave emorragia cerebrale da rottura di un aneurisma. È in coma. La situazione è grave e potrebbe essere irreversibile.
Penso che l’ultima telefonata che ha fatto era un pensiero affettuoso per papà. Sarà allora il momento giusto per lei per partire? Ma come trovare il coraggio, io prima di tutto, per accettare questo e poi per dirlo e farlo accettare ai nostri genitori anziani e fragili? Penso di non farcela. Delle amiche mi stanno vicine e forse è la loro presenza ad aiutarmi. Invento una diagnosi più accettabile per i miei e che può dare loro speranza di una ripresa.
È tragico e assurdo vedere piangere mio padre. Io penso di non poter superare così tanto dolore e mi sento schiacciata, ma forse paradossalmente è proprio il desiderio di alleviare il loro dolore che mi fa ritrovare il coraggio. Capisco che devo mettere da parte il mio senso di impotenza, la mia sofferenza, accettarla senza pensare a me, per essere di sostegno a loro e ritrovo la pace.
Mia sorella viene operata e io sto particolarmente vicina a mio cognato, durante il dialogo con i medici e durante la lunga attesa. Celebrano la messa proprio nella cappella vicino alla sala operatoria e vado lì con una delle mie amiche: il Vangelo del giorno è quello della resurrezione di Lazzaro. Mi sembra un segno, o forse è solo illusione?
Il giorno dopo mia sorella esce dal coma e riconosce me e mio cognato quando ci fanno entrare. Dopo alcuni giorni viene dimessa dalla rianimazione e trasferita in reparto.
Non sembra più lei: ha perso la capacità di esprimersi bene, le parole che usa non corrispondono al pensiero. Io rimango con lei in ospedale giorno e notte e imparo pian piano a capirla. La accudisco, la imbocco, a poco a poco riesco anche a fare il medico e ad accorgermi di cosa non va, e ad aiutare con garbo i colleghi a portare rimedio.
Arriva il giorno della dimissione. Si può tornare a casa e io guardo mia sorella che solo da un giorno è riuscita a camminare, che si esprime male, che è così strana e finalmente, nascosta in bagno, scoppio in un pianto a dirotto.
Anche a casa ha bisogno di me ancora per tanti giorni. Come farò? Lei è stata sempre un tipo indipendente e alcune scelte di vita l’hanno un po’ allontanata dalla famiglia, anche se non col cuore. Stare nella sua casa che non conosco bene, e poi affrontare la mia terribile allergia ai gatti! Lei ne aveva una ventina nel giardino.
E lì succede una cosa strana. Neanche uno starnuto. Mi muovo con un certo imbarazzo, ma riesco ad accudirla. A poco a poco mia sorella si riprende, ricomincia a parlare con senso, ricomincia ad essere più autonoma, a stare al computer e a ritrovare così le parole.
Passa un mese. Arriva il momento di lasciare la sua casa. Rimane nel mio cuore la gioia di un rapporto ritrovato, assai più profondo, con lei, di un rapporto profondo costruito anche con mio cognato. Rimane la gioia di aver dato serenità ai miei genitori che, grazie alla mia presenza vicino a mia sorella, si sono sentiti rassicurati.