«Entrare in classe oggi è una bella sfida, soprattutto per chi ha il desiderio di portare avanti una proposta educativa, quindi di insegnare ai ragazzi, col desiderio di farli crescere». Carlo Di Michele è il presidente di Diesse, Didattica e innovazione scolastica: un’organizzazione che mira a valorizzare e promuovere la professionalità e la dignità culturale delle e degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, che partecipa al Tavolo interassociativo sulla scuola. Parliamo con lui mentre è alle prese con l’organizzazione della Convention annuale sulla scuola di Diesse, che ha come titolo “La sfida della personalizzazione. Una questione di metodo” e si svolgerà il 25 e il 26 ottobre prossimi a Rimini.
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Presidente, che significa personalizzare l’insegnamento?
Questo è il tema su cui proveremo a ragionare insieme a Rimini nella convention alla fine di ottobre. L’idea è nata da un’urgenza: tutte le classi in cui i nostri insegnanti, gli insegnanti italiani si trovano a lavorare, dall’infanzia alle superiori, potremmo definirle “difficili”, nel senso che hanno, ognuna, una problematica, vuoi per i diversi livelli di apprendimento, per la presenza degli alunni stranieri, per le difficoltà di apprendimento, vuoi per il disagio dei ragazzi, soprattutto nell’età adolescenziale delle scuole superiori. Chi ha la passione di portare avanti una proposta educativa, quindi di insegnare ai ragazzi col desiderio di farli crescere, mira a raggiungere ciascuno. La sfida che noi intendiamo raccogliere nella convention di Rimini è quella di poter arrivare a ciascun alunno, a ciascuna alunna, con la preoccupazione di non lasciare indietro nessuno, perché questa è una grande emergenza. Oggi in Italia c’è il problema dell’abbandono implicito, vale a dire delle difficoltà legate al fatto che tanti ragazzi non raggiungono i livelli minimi di apprendimento, ma c’è anche la necessità di valorizzare i talenti, le attitudini, i desideri, le capacità di ciascuno.
Come far fronte a queste due esigenze?
Nella nostra convention lanceremo un’idea chiave: non è una questione di tecniche, non è una questione di strumenti, ma è una questione di metodo, cioè di una strada, di un rapporto, di una relazione educativa che va costruita in un certo modo, che – dicendolo in maniera sintetica – deve fare attenzione ai contenuti da trasmettere e all’attenzione a ciascuna persona. Questa è la grande sfida.
Nelle scorse settimane abbiamo visto studenti e insegnanti fianco a fianco per le strade chiedendo la pace. Che ne pensa?
Ho visto sia da studente che da insegnante e poi da dirigente il grandissimo anelito che c’è negli studenti di recuperare il valore della pace, ma anche della giustizia, del raccordo tra i popoli. C’è un desiderio di giustizia, di bellezza, di verità nei ragazzi che è fortissimo, che attraversa tutte le generazioni e attraversa il cuore di ciascuno. Di fronte alle immagini che abbiamo visto in questi anni – prima con l’attacco di Hamas ad Israele, poi con la guerra che ne è succeduta, con immagini drammatiche di entrambe le parti, con situazioni che vanno oltre “le normali dinamiche di guerra” –, nei giovani è emerso un grande desiderio di pace e di giustizia. In questa situazione, penso che sia molto importante la responsabilità degli adulti. Io credo che gli adulti non debbano spingere i ragazzi a schierarsi necessariamente. Il compito degli adulti è quello di dare ai ragazzi gli strumenti, i criteri con cui decidere, cioè se e come schierarsi, se e come prendere posizione. Insomma, lo scopo della scuola è proprio quello di educare al senso critico. E questo noi lo possiamo fare in tanti modi, innanzitutto attraverso quello che insegniamo, perché tante volte si vede un uso delle parole distorto, oppure un modo di dialogare che non è corretto.
Quindi come educhiamo i ragazzi alla pace?
Li educhiamo recuperando il valore di alcune parole chiave: libertà, pace, giustizia. Abbiamo sentito in questi mesi, qualche volta, anche la parola perdono. E li educhiamo attraverso il recupero di una dimensione storica, perché tanti fatti del presente hanno radici profonde nel passato: per capire la situazione attuale, bisogna capire dove affonda la storia dei popoli. In questo la scuola ha un compito decisivo, perché può offrire agli studenti gli strumenti per prendere posizione. Io ho visto per anni occupazioni, manifestazioni, ecc. Ma queste a volte, pur pescando in un desiderio legittimo, non sono la risposta adeguata, perché non aiutiamo i ragazzi a crescere. Quindi credo che la vicenda di Gaza, con tutta la sua complessità, sia un’altra grande occasione per la scuola. Per chi vuole educare i ragazzi a recuperare il valore autentico dell’insegnamento e dell’educazione. Questo c’entra anche con il tema della nostra convention, perché lo scopo della scuola, a seconda delle diverse età, è di rendere i ragazzi protagonisti della propria vita e di renderli appassionati a costruire il presente e il futuro. E da questo punto di vista la scuola è uno dei pochi luoghi, forse il più privilegiato oggi, in cui i ragazzi hanno la possibilità di crescere non soltanto da un punto di vista cognitivo, ma proprio dal punto di vista della loro personalità.

Convention 2025 sulla scuola di Diesse
Qual è l’importanza della vostra convention del 25 e del 26 ottobre in questo senso?
La convention è l’appuntamento annuale dell’associazione, in cui poniamo sempre un tema che ci sembra significativo. Quest’anno, è impostata con due tavole rotonde. In quella iniziale avremo un pedagogista, il professor Andrea Bobbio, e una psicoterapeuta, la professoressa Mariolina Cerotti Migliarese, che parleranno del tema della personalizzazione nelle sue implicazioni pedagogiche e relazionali. Un grande spazio sarà poi dedicato ai lavori di gruppo: noi desideriamo che, in queste circostanze, gli insegnanti possano incontrarsi e avere uno spazio adeguato per confrontarsi, proprio per rendersi conto che non stiamo parlando di cose astratte, ma che la personalizzazione c’è già. Noi desideriamo che dalla convention si esca con un orizzonte più ampio, più allargato, con nuove idee, nuovi stimoli, ma anche con una strada, cioè con la possibilità, alla luce degli incontri fatti, di continuare questo lavoro durante l’anno, magari attraverso rapporti informali oppure attraverso altre occasioni di confronto. È possibile iscriversi entro il 18 ottobre. Tutte le informazioni si trovano sul sito dell’associazione: www.diesse.org. Sarà una grande occasione di dialogo. In una scuola che tante volte appare un po’ appesantita dalle incombenze burocratiche, è importante recuperare ciò che è davvero essenziale e provare a farlo insieme.
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