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Cultura > Proposte

La Storia vera da raccontare

di Pasquale Lubrano Lavadera

- Fonte: Città Nuova

Bisognerebbe mettere in evidenza non solo le guerre, ma anche le paci durevoli, le faticose ricostruzioni, i momenti creativi e di sviluppo di ogni popolo

ph Pixabay

A leggere la maggior parte dei libri di storia delle nostre scuole, si apprende che da sempre l’uomo non ha mai smesso di guerreggiare e poche volte sono apparse considerazioni negative sui massacri perpetrati e sulle numerose morti che tali guerra hanno prodotto.

In realtà, nonostante ancora oggi molti ritengono le guerre inevitabili, esse rappresentano i “punti oscuri” della Storia, gli arresti dello sviluppo e della crescita di un popolo, le grandi tragedie di intere popolazione con i relativi danni sociali e psicologici.

A ragione possiamo ritenerle  come le “ombre” della Storia, pertanto, nel senso più vero, i libri di storia dovrebbero raccontare non solo le ombre ma anche le “luci”,  i momenti creativi e di sviluppo di un popolo, le paci durevoli, le faticose ricostruzioni, facendo con chiarezza intravedere ai nostri figli le nefandezze presenti in tutte le guerre, l’assurda e violenta decisione di governanti che, nella sete ingorda di dominio, decidono di mandare i propri uomini e quelli del popolo aggredito al macello. E anche la cinematografia continua a sguazzare spudoratamente nelle guerre e guerriglie.

Oggi che il mondo è precipitato nuovamente nella follia bellica, mi domando spesso: che differenza c’è tra i massacri che Napoleone e tanti altri imperatori attuarono nelle loro numerose guerre scatenate per estendere il proprio dominio e la guerra dichiarata di Hitler agli Stati Europei e agli ebrei, e le guerre che da anni si registrano tra Israele e la Palestina, o tra la Russia e l’Ucraina e in tutte le altre 60 guerre in corso sul pianeta Terra?

Forse l’unica vera differenza riscontrabile è nell’uso di armi sempre più sofisticate e nell’accresciuta sensibilità di molti cittadini che cominciano a vedere e sentire le guerre come veri e propri atti di violenza.

Purtroppo, nella maggior parte dei libri di storia i nostri studenti leggono ancora prevalentemente una elencazione di racconti di guerre presentate come la Storia dei popoli. E questo, a parer mio, oggi rappresenta un falso ideologico perché bisognerebbe raccontare che cosa hanno lasciato le guerre all’interno di un popolo, ossia le lacerazioni profonde che hanno prodotto e che chiedono anni per ricostruire ciò che si è perduto, facendo ben risaltare il fatto dolorosissimo delle vite umane annientate che non potranno mai più essere restituite. Se solo leggessimo i morti dovuti alle guerre napoleoniche rimarremmo sgomenti.

Sarebbe doveroso dare nei libri di storia grande spazio al dolore per le perdite umane, alle conquiste scientifiche ai problemi economici, allo sviluppo del pensiero e della cultura, allo sviluppo della ricerca medica e a quant’altro ha fatto avanzare la civiltà nelle nazioni.

Oggi, inoltre, per la nuova sensibilità alla pace e alla concordia fra gli Stati, come diceva la fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, bisognerebbe lavorare tutti insieme, nel rispetto delle proprie fedi e delle diverse convinzioni personali, per costruire dovunque una cultura di pace,  se vogliamo domani “un mondo unito” in cui la patria altrui sia amata come la propria. E le scuole che formano gli uomini del futuro non possono sottrarsi a questo doveroso impegno.

Proprio in virtù dell’appello della Lubich, in molte città del mondo alle ore 12 della giornata, gruppi di cittadini si fermano per il time-out per la pace, con un minuto di silenzio nella riflessione o nella preghiera.

In questa prospettiva di una cultura di pace, i libri di storia andrebbero profondamente cambiati perché molte sono state le voci nel ‘900 che si sono levate con forza contro ogni guerra… Mio padre era partito nel 1940 per l’Albania convinto di andare a difendere la patria. Arrivato in Albania, si rese conto che era invece partito per togliere la patria agli albanesi e ai greci. E intuì per la prima volta la grande bugia storica presente nelle guerre e, da quel momento, la sua voce si levò sempre contro ogni guerra.

Fu infatti fallimentare quell’operazione bellica da lui vissuta in tre anni e, “salvo per miracolo” come lui amava sempre dire, ha voluto raccontarci che, nella tragica ritirata, quel poco che restava dell’esercito italiano, privo di tutto, si salvò grazie alla generosità dei cittadini albanesi che diedero viveri vestiti scarpe ai pochi sopravvissuti soldati italiani. Questo dovrebbe raccontare la Storia, e non solo le battaglie le vittorie e le sconfitte, perché i giovani di oggi hanno diritto di sapere che l’aspirazione alla pace e alla concordia tra i popoli è un bisogno vitale presente nel profondo di ogni essere umano.

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