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Persona e famiglia > Felicemente

Perché non ci piace ricevere ordini

di Benedetta Ionata

Ci sono vari motivi per cui sentiamo di perdere la nostra autonomia nel seguire un consiglio non richiesto, ma tutto dipende dalla consapevolezza con cui reagiamo a questi input più o meno disinteressati

Dito puntato. (ph Pixabay)

Quante volte ci sarà capitato di ricevere uno o più ordini? Pensiamo un attimo a come ci sentiamo quando qualcuno ci dice di fare qualcosa, che sia un capo, un partner, un genitore o chiunque altro. Immagino possiamo sentire tutti una lieve irritazione salire dentro di noi, al solo pensiero. A volte ci troviamo ad arrabbiarci anche quando ci viene chiesto di fare qualcosa che avremmo fatto comunque.

Ci sono molte ragioni per cui possiamo avere una reazione negativa quando qualcuno cerca di cambiare il nostro comportamento, e variano da persona a persona.

Una delle ragioni può essere collegata al fatto che in quel momento torniamo a sentirci bambini. Da bambini, probabilmente, davamo per scontato che, una volta adulti, saremmo stati noi a dare ordini, e che nessuno ci avrebbe comandato a bacchetta. Ma una volta adulti, quando qualcuno ci dice di cambiare quello che stiamo facendo, può evocare la spiacevole sensazione di essere di nuovo bambini. A volte, potremmo persino reagire in modo infantile e avere la versione adulta di un capriccio, battendo i piedi e urlando: “Non puoi dirmi cosa fare!”. E questo ci fa sentire impotenti.

Strettamente correlato al sentirsi come un bambino è infatti il senso di impotenza che può derivare dal sentirsi dire cosa fare. Quando qualcuno ci dice di fare qualcosa, abbiamo come la sensazione che l’altro stia scegliendo al posto nostro il nostro comportamento, e quando questo succede sentiamo come di sacrificare il controllo e di trovarci in una posizione di debolezza. Resistere alle richieste dell’altro potrebbe essere un modo per rivendicare il proprio potere, anche se va contro i propri interessi (come ignorare i consigli sulla salute). Oppure potrebbe essere un modo per rivendicare la propria autonomia. Infatti l’autonomia è un bisogno fondamentale nell’uomo, e ognuno di noi ha bisogno di essere padrone delle proprie azioni. Per questo ci ribelliamo alla sensazione di essere controllati. Questo bisogno è riscontrabile in tutto il corso dello sviluppo umano, dall’insistenza di un bambino di due anni di “fare da solo” al crescente bisogno di indipendenza degli adolescenti, fino alle proteste degli adulti: sentirsi dire cosa fare può sembrare un affronto alla nostra stessa natura. In più si aggiunge il desiderio di tutelare il proprio individualismo, perché vogliamo prendere le nostre decisioni e distinguerci dalla massa, piuttosto che essere delle “pecore”. In quest’ottica, seguire gli ordini può sembrare come rinunciare a una parte essenziale della propria identità.

Infine un comando può implicare una critica, ovvero quando qualcuno ci dice di cambiare il nostro comportamento, ci sta implicitamente dicendo che il proprio comportamento attuale non è abbastanza buono. Al contrario, ognuno di noi vuole credere che ciò che sta facendo sia giusto, quindi questo suggerimento può sembrare una critica. Ma anche senza arrivare a pensare così, potremmo temere che la richiesta ricevuta possa solo portare a richieste più gravi e alla perdita di controllo, della serie “se gli dai un dito si prende il braccio”. Anche questo pensiero può portare con sé rabbia e resistenza.

Quando riceviamo una richiesta, invece, potremmo rispondere più efficacemente di così.

Esistono modi più o meno efficaci di rispondere quando ci viene detto cosa fare. Con consapevolezza e intenzione, possiamo evitare reazioni impulsive che non fanno bene né a noi né agli altri. Ciò che può aiutare a scegliere una risposta adattiva è in prima battuta essere consapevole delle proprie reazioni, notando i pensieri e le emozioni che emergono quando qualcuno ci dice di fare qualcosa, così come le reazioni fisiche o emotive. Può essere di aiuto fermarsi a riflettere su noi stessi, perché può darci maggiore flessibilità nel modo in cui reagiamo. Infatti a volte siamo noi le vittime delle nostre stesse supposizioni: pensiamo di essere controllati? Privati di potere? Trattati come un bambino? Ricordiamoci che le interpretazioni della nostra mente non sono sempre corrette. Chiediamoci quindi se ci siano altri modi di pensare alla situazione che siano più utili e accurati.

Quando diventiamo consapevoli di questi fattori, abbiamo più probabilità di dare una risposta ragionevole. Non è detto che fare quello che ci viene chiesto sia un male, a volte la cosa migliore è invece fare proprio ciò che ci viene detto senza rinunciare alla nostra autonomia: parte dell’autonomia sta nel decidere come rispondere alle richieste.

Molto probabilmente non sarà mai per noi un’esperienza piacevole quella di riceve ordini o sentirci dire cosa fare, e questo potrebbe continuare a generare sentimenti di impotenza e frustrazione. Ma possiamo decidere di lasciare che queste reazioni siano solo quello che sono e fare comunque una scelta che ci torni più utile.

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