A volte non bastano decine di opere per trovarvi una qualche scintilla originale. Altre volte invece ne basta una, e tutto il resto viene di conseguenza. Alla Pinacoteca Tosio Martinengo si sosta di fronte ad una piccola tela di formato orizzontale: tre mezze figure, tre busti, due uomini e una donna. Un lume notturno ne illumina i volti: il vecchio abbronzato, pieno di rughe emergente dalla notte, un giovane uomo con i baffetti, una donna sulla quale si concentra la luce. È la giovane portinaia che interroga Pietro che rinnega Cristo. La ragazza ha due occhi grandi, luminosi, la luce le batte sul petto, sul volto. Il pennello non descrive, parla.
La tela, 51×84 centimetri, viene da una collezione privata. È cinema, è un primissimo piano. L’autore? Un certo Matthias Stom o Stomer come si diceva un tempo. Uomo misterioso. È nato nelle Fiandre ma dove, quando, e dove è morto, e quando? Le date sono approssimative: 1600- 1650. Scarsi i documenti. Certo, scende dal Nord come molti altri a Roma, centro del fervore artistico, poi a Napoli dove si incontra con i caravaggisti che a Roma invece sono soppiantati dal barocco di Pietro da Cortona. Scende in Sicilia, dopo lavora moltissimo – specie a Palermo nell’Oratorio del Rosario (ci sarà anche un pala di van Dyck) –, sale a Venezia e poi scompare.

Matthias Stom. Un caravaggesco nelle collezioni lombarde, Pinacoteca Tosio Martinengo. Foto: Alberto Mancini, cortesia Fondazione Brescia Musei
È un bel mistero e gli studiosi lo stanno affrontando, come Gianni Papi che ha curato la rassegna bresciana. Ma a noi è sufficiente osservare le dodici tele esposte, diverse provenienti da collezioni private lombarde, per capire che ci siamo: questo è un artista vero, non è solo un fiammingo che ama il Caravaggio – arriva a Roma nel 1624, il Merisi è già morto da tempo –, ma è caravaggesco a modo suo. Ovviamente conosce altri colleghi, tra i quali Simon Vouet, francese, e Gherardo delle Notti, fiammingo. Matthias però segue la sua strada: una immediatezza luminosa che squarcia gli scuri anche con ruvidità, una palpitazione sentimentale che rende colloquiali le scene, un colloquio costante tra tenebra e lume.

Matthias Stom. Un caravaggesco nelle collezioni lombarde, Pinacoteca Tosio Martinengo. Foto: Alberto Mancini, cortesia Fondazione Brescia Musei
Ci sono due versioni dell’Incredulità di San Tommaso, certamente caravaggesche, come si nota nel braccio alzato illuminato del Cristo (dalla Cappella Contarelli). Matthias osa di più. Usa un linguaggio crudo: la fisionomia non bella del Cristo luminoso, i due apostoli dalle fisionomie acri come i colori, il vecchio barbuto, il giovane in rosso in controluce. Essi vibrano nel lume artificiale che diventa un teatro emotivo acuto nella tela di Collezione privata. Nell’altra, dalla Pinacoteca bresciana, Matthias esaspera il realismo dei volti abbronzati, rozzi, nel Cristo segaligno, nelle tinte bruciate.
Matthias non è certo un idealista. Se poi si osserva Il Ragazzo che soffia su un tizzone (Bergamo, Accademia Carrara) e L’Uomo con boccia di vetro a lume di candela, baffuto e sorridente che mostra i bei denti in fila, certamente siamo di fronte ad un soggetto usuale, però Matthias ne esprime la verità con colori forti, accesi contrasti chiaroscurali che ci fanno pensare ad un carattere impulsivo, rapido, teatrale.
Naturalmente, Stom dipinge parecchie pale d’altare, molte delle quali in Sicilia come la stupenda Flagellazione palermitana all’Oratorio del Rosario, il corpo eretto del Cristo-luce come una colonna. In terra lombarda a Chiuduno, nella Bergamasca, dipinge una Assunzione dai colori vistosi, Maria incorniciata da angeli-ragazzi e bambini veri, gli apostoli dai volti alpestri, con tinte squillanti gioia, stupore: una fede popolare, un po’ inselvatichita ma sincera.
Fino a quella Guarigione di Tobia (Collezione privata) vasta e teatrale dove spicca l’angelo dal candore abbagliante, elettrico delle vesti, con quei volti nordici di bellezza acre, e con il sorriso bellissimo di Tobiolo che guarisce il padre. Una misura sentimentale, un realismo non invasivo, maggior pacatezza rispetto ad altre opere. Sempre il tocco vivo, il ritmo incalzante, l’urgenza di una luce che comunica l’anima nella verità, come nella Negazione di san Pietro, così spontanea e attuale. È lui, Matthias, che forse si ritrae nel Cristo al Calvario (Bergamo, Accademia Carrara) nel Cireneo dal viso vissuto, rugoso, a guardarci. Da non perdere.
Matthias Stom. Un caravaggesco nelle collezioni lombarde. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo. Fino al 15.2.’26 (catalogo Skira).

Matthias Stom, Guarigione di Tobia, olio su tela, cm 198 x 246, collezione privata. Fotostudio Rapuzzi.