Lo scorso 10 settembre la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha svolto l’annuale discorso sullo stato dell’Unione. L’evento è stato preceduto da proteste e seguito da altrettante polemiche. Ovviamente, ci sono state anche molte adesioni e plausi, ma questi fanno meno notizia. Se si vogliono trovare ondate di applausi ai discorsi dei leader politici, basti andare nelle autocrazie, nelle democrature, nelle dittature di cui, purtroppo, è pieno l’ordine internazionale.
Fra i grandi attori politici globali, solo al Parlamento dell’Unione europea si può contestare liberamente il discorso della presidente, così come partiti, associazioni e organi di stampa europei hanno potuto fare liberamente nei giorni successivi. Si tratta di un vantaggio assoluto, che indica la qualità della democrazia e la tenuta dello stato di diritto che in Europa ancora tengono.
Dunque, nessuna costernazione per gli assenti (i banchi vuoti all’Europarlamento), per i contestatori, per i polemici, per coloro che prendono le distanze, per coloro che sognano l’uomo forte, per coloro che anelano alla dissoluzione dell’Europa, per coloro che la vorrebbero priva di strumenti di difesa, eccetera. Tutti costoro sono i benvenuti, perché rivelano la libertà che si gode all’interno dell’Unione europea in un mondo afflitto da propositi autoritari, di ogni colore e tendenza.
Il gruppo Ut omnes – una libera convergenza di studenti di diversi corsi di laurea della Lumsa Università di Roma – ha condotto, assieme al prof. Alberto Lo Presti, una serie di iniziative che lo ha visto protagonista al Villaggio della Terra (12 aprile), al Campidoglio a Roma (con Insieme per l’Europa, 9 maggio) e al Parlamento di Bruxelles (15 maggio, con Together for Europe).
Si chiama Ut omnes, perché crede che tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, sono candidati all’unità. Significa operare per la pace e per il dialogo e contribuire all’edificazione di un mondo che percepisca di essere legato da un unico destino. Una parte dei giovani di Ut omnes, il più assiduo agli incontri, si riconosce come un gruppo giovanile del Movimento Politico per l’Unità.

Angele Mulibinge Kaj
Come giovani del Movimento Politico per l’Unità eravamo lì, in Lumsa, assieme ad Argia Albanese, Raffaele Scamardi e Anna Maria Magrelli ad ascoltare in diretta von der Leyen, immaginando l’Europa che vogliamo, soffrendo per le situazioni di crisi in corso, cercando di capire come dare una mano, in questo momento particolare. L’Ucraina, Gaza, i dazi, le spinte centrifughe, gli egoismi nazionalistici, le politiche di incentivazione della competitività, le politiche energetiche, la ricerca scientifica, le politiche abitative, questi e altri temi toccati dalla von der Leyen sono sfide perduranti, che non s’esauriranno nel breve periodo e con soluzioni di facile applicazione.
Di qui, la prima esigenza: studiare, approfondire. Insieme al prof. Vincenzo Buonomo, esperto di relazioni internazionali, al termine del discorso di von der Leyen abbiamo ripercorso le cause storiche del declino del multilateralismo odierno. Con il generale Vincenzo Camporini, già capo di stato maggiore dell’aeronautica, abbiamo perlustrato gli scenari della pace e della guerra, della deterrenza e della sicurezza, con uno speciale focus sul coordinamento europeo di una forza armata che possa evitare l’estensione del teatro di guerra ad est dell’Europa (appena il giorno prima s’era verificato l’attacco dei droni russi in territorio polacco).
«La libertà dell’Ucraina è la libertà dell’Europa», ha esclamato a un certo punto la presidente von der Leyen. Come non aderire? Eppure, a noi giovani del Mppu non basta. Ovunque la libertà è negata, là vogliamo esserci. Ovunque i diritti umani sono negati, lì ci saremo: a Gaza, in Sudan, in Etiopia, in Congo, in Myanmar, nello Yemen… ma anche nelle nostre società complesse, dove le ferite alla dignità delle persone sono purtroppo nella cronaca quotidiana.
Sulla stessa lunghezza d’onda, la soluzione dei “due popoli, due Stati”, per il conflitto israelo-palestinese, è nella prospettiva giusta, nella precisazione per cui “non ci sarà mai posto per Hamas”. È una questione che chiama in causa la dignità dei popoli, altrettanto determinante quanto la dignità delle persone per creare le condizioni dell’unità come destino del cosmo. Va proiettata sul piano globale e, in ciò, forse, l’Unione europea, può indicare una strada, quella della plurale composizione degli interessi diversi in una comunità politica vivace come ogni buona democrazia deve essere.