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Cultura > Teatro e danza

Un monumento vivente tra passato, presente e futuro

di Giuseppe Distefano

- Fonte: Città Nuova

Al Festival Oriente Occidente di Rovereto, dopo un tour mondiale, “Monument 0.10: The Living Monument” di Eszter Salamon, un universo di immagini e figure inanimate costantemente intrecciate tra storia, memorie e coreografia

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L’inizio dello spettacolo potrebbe indurre a pensare che sarà difficile resistere all’intera durata – oltre due ore – della performance, immersa com’è in un lungo, lentissimo, persistente semibuio. Ma superato quell’inizio, si è travolti dalla bellezza. Monument 0.10: The Living Monument di Eszter Salamon, creato con la compagnia norvegese Carte Blanche, in prima nazionale al Festival Oriente Occidente, è un monumento di bellezza per l’architettura visiva che crea; per la dilatazione spazio-tempo che attraversa; per il vasto immaginario onirico, tra mitologia e fantascienza, che suscita; per l’apertura a connessioni tra passato, presente e futuro, a geografie e luoghi mentali, a pratiche artistiche e culturali depositatesi nella memoria.

Con la fantasia intravediamo, tra le molte suggestioni pittoriche e scultoree, i manichini metafisici di De Chirico; le azioni installative di Romeo Castellucci; certe opere figurative del regista David Lynch; il Triadisches Ballett di Oskar Schlemmer; le algide e meditative performance di Bob Wilson. Una dichiarazione di quest’ultimo che ebbe a dire «La lentezza è una forma di intensità», riferita alla personale pratica artistica che lo ha contraddistinto, è quanto di più appropriato, anche se parziale, si possa applicare allo spettacolo.

ESZTER-SALAMON_MONUMENT-0.10

Creato nel 2022, ultimo della serie Monument iniziata nel 2014 dalla coreografa e artista multidisciplinare di origine ungherese, attiva tra Berlino, Parigi e Budapest, Monument 0.10: The Living Monument è un ammaliante, ipnotico, riverberante viaggio figurativo e immaginifico di corpi in continua trasformazione, dei quali scorgiamo appena il fisico (solo in alcune sequenze, come quella dai costumi dorati, ne vediamo le fattezze), coperti come sono di stravaganti maschere, copricapi, costumi, stoffe, protesi, costantemente (ri)organizzati nello spazio, con una lentezza magnetica di impercettibile gestualità, movimenti e posture. Sono forme animate e inanimate capaci di creare paesaggi mentali, ambienti fisici, bestiari metamorfici. Sono stratificazioni antropomorfe, immagini indefinite catturate dalla Storia (primigenia, barocca, medievale, futuristica…), apparizioni sempre diverse che emergono da zone oscure, da penombre e improvvise atmosfere cromatiche, plasmate dal determinante disegno luci di Silje Grimstad, immerse nel pulsante suono elettronico di Carmen Villain che ingloba, a tratti, canti della tradizione del Nord Europa da cui provengono i 14 magnifici performer. Di loro immaginiamo la non facile energia trattenuta, dosata, sprigionata tra rarefazione e staticità, col corpo nascosto e impegnato a plasmare in dissolvenza continue trasfigurazioni dentro i molti involucri (quasi seicento i costumi utilizzati, di materiale riciclato e riciclabile!).

Eszter Salamon – Monument 010 (c) Øystein Haara_6

Solo nel finale, dismesse le maschere, vedremo i loro volti mentre i corpi si svestono in parte, tirano a sé, coprendosi, lunghe stoffe da terra, per assumere infine l’ultima posa scultorea. Monument 0.10: The Living Monument è un capolavoro, che ipnotizza, seduce lo sguardo e la mente, lasciando a ciascuno di noi la libertà di un personale viaggio sensoriale nella propria, ma anche collettiva, stratificata, memoria culturale, dove non può mancare il sentimento dello stupore.

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