La Francia ha tanti problemi, l’ultimo dei quali è quello del dumping fiscale di cui accusa l’Italia. Tutto nasce dalle affermazioni del primo ministro francese, Francois Bayrou, che in un’intervista nella quale gli è stato chiesto dell’ipotesi di chiedere un contributo dai percettori di reddito più alti, egli ha esposto il timore di un esodo fiscale di massa dalla Francia, secondo lui già in atto verso Paesi con regimi fiscali più vantaggiosi: «Le persone se ne vanno perché ormai c’è una sorta di nomadismo fiscale», per cui «ognuno si trasferisce dove è più conveniente». Egli, come esempio, ha citato il nostro Paese, affermando che «l’Italia sta attualmente perseguendo una politica di dumping fiscale».
La risposta dell’Italia non si è fatta attendere, con Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei ministri, che ha evidenziato che «l’Italia è piuttosto, da molti anni, penalizzata dai cosiddetti paradisi fiscali europei, che sottraggono alle nostre casse pubbliche ingenti risorse». Infatti, sono molte le persone e le aziende che, nel corso degli anni hanno fissato la propria residenza o domicilio fiscale in altri Paesi per trarne benefici fiscali. Per questo, Meloni ha detto di confidare che, «dopo queste affermazioni del suo primo ministro, la Francia voglia finalmente unirsi all’Italia per intervenire in sede di Unione europea contro quegli Stati membri che applicano da sempre un sistematico dumping fiscale, con la compiacenza di alcuni Stati europei».
Nella sua nota, Meloni, ha evidenziato che l’economia italiana è «attrattiva e va meglio di altre grazie alla stabilità e credibilità della nostra Nazione», osservando che «l’Italia non applica politiche di immotivato favore fiscale per attrarre aziende europee e, con questo Governo, ha addirittura raddoppiato l’onere fiscale forfettario in vigore dal 2016 a carico delle persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia».
In realtà, entrambi hanno in parte ragione. Indubbiamente, dal 2017, l’Italia ha varato una flat tax, nota come «norma CR7», chiamata così perché permise a Cristiano Ronaldo di trasferirsi alla Juventus pagando, per l’appunto, una tassa piatta di 100.000 euro su tutti i redditi provenienti dall’estero. Nello specifico, la norma garantisce a coloro che non sono stati residenti fiscalmente in Italia per almeno 9 degli ultimi dieci anni un regime fiscale riservato, a patto di trasferire la propria residenza in Italia, l’applicazione per 15 anni di una tassa piatta annuale che ora si attesta a 200.000 euro su tutti i redditi prodotti, regime estensibile anche ai familiari con una tassa di 25.000 euro a testa.
Tale regime fiscale riguarda ormai numerosi milionari, nello specifico alcune migliaia di cittadini stranieri e oltre 100.000 cittadini italiani che hanno beneficiato di un regime per chi arriva dall’estero che prevede una riduzione del 50% sul reddito imponibile italiano.
Vero è, come sottolineato da Meloni, che, di fatto, anche l’Italia ha subito dumping fiscale da parte di altri Paesi. Giustamente, la questione andrebbe risolta a livello europeo, armonizzando le politiche fiscali di tutti gli Stati membri dell’Unione europea e contrastando le pratiche dei paradisi fiscali.
D’altronde, Bayrou si prepara ad affrontare un voto di fiducia in Parlamento il prossimo 8 settembre, su una legge di bilancio che prevede tagli di circa 44 miliardi di euro volto a ridurre l’enorme deficit pubblico, un voto di fiducia che nessuno pensa il governo francese supererà. D’altronde, la Francia è lacerata da una crisi sistemica profonda, che investe sia il sistema politico che quello istituzionale, dove la frattura tra le istituzioni e l’opinione pubblica sembra insanabile. Basti pensare che il tasso di popolarità del presidente francese, Emmanuel Macron, e di Bayrou, il terzo premier nominato dopo le elezioni del 2024, si attesta tra il 18 e il 19%.
È disastroso anche il debito pubblico francese, in continua crescita, oltre il 113% in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil), sicuramente meglio del livello del debito pubblico italiano, ma comunque quasi il doppio del livello contemplato dall’Ue, che è fissato al 60%. I tagli alla spesa pubblica proposti dal governo francese intaccherebbero soprattutto lo stato sociale francese, divenuto insostenibile, ma del quale i francesi non vogliono fare a meno. A questo si accompagnerebbe una riduzione del numero di dipendenti pubblici, tra le 200.000 e le 300.000 unità, proponendo di non sostituire un funzionario su tre che vanno in pensione.
Disastrato è il sistema politico-istituzionale francese, con una presidenza della repubblica isolata, un governo senza una maggioranza parlamentare, un sistema partitico in crisi, dove i tradizionali gollisti e socialisti sono ormai marginali e il centrismo di Macron si è dimostrato fallimentare nelle sue proposte e nella gestione del Paese. Tale sistema politico-istituzionale è ormai avversato dall’opinione pubblica, attanagliata da un senso di sfiducia incommensurabile.
Ecco che il riferimento di Bayrou all’Italia sul dumping fiscale pare estemporaneo o comunque rivolto soprattutto all’opinione pubblica interna, ma potrebbe essere l’occasione per discutere del tema a livello europeo, per risolverlo, una volta per tutte.