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Aviano e le bombe nucleari in Italia

di Paolo Iannaccone

- Fonte: Città Nuova

Il senso dell’iniziativa Memoria e Verità promossa il 9 agosto, a 80 anni dal lancio dell’atomica su Nagasaki, dal Tavolo pace di Pordenone per riflettere sulla presenza degli ordigni nucleari in Italia

Caccia bombardieri Base Nato guerra in Kosovo : ARCHIVIO / ANSA / LI

Ottant’anni fa, sul finire della Seconda Guerra mondiale, si consumarono in Giappone due tra gli episodi bellici più evocativi di distruzione a memoria d’uomo. Il mattino del 6 agosto 1945 alle 8.15, gli Stati Uniti lanciarono la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, alla quale, tre giorni dopo, il 9 agosto, alle ore 11.02, fecero seguire il lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki.

Commemorazione a Hiroshima EPA/KIMIMASA MAYAMA

Il numero di vittime, quasi esclusivamente civili, si aggirò attorno alle duecentodiecimila, considerando quelle rimaste senza vita a causa diretta dell’esplosione e delle radiazioni nei mesi e negli anni successivi.

Dovremo attendere venticinque anni, il 1970, perché sia promosso ed entri in vigore il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), sottoscritto da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica, trattato al quale aderirono nel tempo 191 Paesi (l’Italia lo ratificò nel 1975). Tre i principi che fin dall’inizio lo vollero regolare: disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare da parte degli Stati riconosciuti ufficialmente come nucleari in quanto prima del 1967 avevano sviluppato tale armamento (USA, Russia, Regno Unito, Francia e Cina).

Questo non bastò. Dovremo arrivare al 2017, anno in cui, dopo un decennale impegno sul fronte, a ICAN, coalizione di organizzazioni non governative promotrici dell’adesione e dell’attuazione del Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari, venne assegnato il Nobel per la pace, riconoscimento che fece da volano acciocché 93 Stati – non tra questi l’Italia – abbiano già aderito al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), storico accordo che diventò riferimento normativo internazionale nel gennaio 2021, una volta raggiunto i 50 Stati firmatari richiesti per la sua entrata in vigore.

Prima della sua adozione le armi nucleari erano le uniche armi di distruzione di massa non soggette ad un bando categorico nonostante le loro catastrofiche, persistenti, diffuse conseguenze umanitarie. Cosa comportò da quel momento per gli Stati aderenti? Principalmente la proibizione di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio. È forse proprio quest’ultimo punto ad aver messo in difficoltà il nostro Paese? Da quel giorno, promossa da “Rete Italiana Pace e Disarmo” e da “Senzatomica”, nacque la campagna “Italia, ripensaci!” rivolta al Governo italiano affinché trovi le modalità per aderire a questo percorso.

Per questo motivo, a fianco di iniziative in memoria di Hiroshima e Nagasaki che si terranno in molti luoghi, particolarmente significativa sarà quella che si svolgerà in Friuli: il “Tavolo per la pace di Pordenone”, rete di una ventina di associazioni e realtà regionali e nazionali accomunate dal desiderio di costruire percorsi di pace e convivenza tra i popoli, a quasi trent’anni dalla prima edizione, sabato 9 agosto, alle ore 10, ha invitato a una manifestazione pacifica per rilanciare il disarmo nucleare e l’obiezione di coscienza per la fine di tutte le guerre. 

Sono cinque i Paesi Nato ad avere sul proprio territorio un centinaio di ordigni nucleari americani, tra questi l’Italia che è l’unica ad avere ben due basi nucleari: Ghedi, nel bresciano, e Aviano, nel pordenonese. Ed è proprio davanti a quest’ultima realtà che si svolgerà la prossima edizione intitolata “Memoria e Verità”: proporrà il messaggio che la corsa al riarmo non traghetta alla tanto propagandata sicurezza, ma condanna ad una vita sempre più precaria, esponendo al rischio di una guerra catastrofica e, nell’immediato, comportando la distrazione delle finanze pubbliche da quelle che sono drammatiche priorità, come l’emergenza climatica e il fragile sistema del welfare.

Mostra permanente effetti bombe sulla popolazione di Hiroshima e Nagasaki 1945 EPA/DAI KUROKAWA *** Local Caption *** 56261664

Il messaggio vuol essere anche connotato dalla speranza, a partire da quella testimoniata e donata dagli Hibakusha, i sopravvissuti delle esplosioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki, che inizialmente vennero rifiutati come quelli che ricordavano la sconfitta o come portatori di contagio, ma oggi, nell’80° anniversario del loro instancabile impegno per la messa al bando di tutte le armi nucleari, insigniti del Nobel per la Pace: un forte invito a non fermarsi di fronte alla debolezza e a far sì che il filo della resistenza trovi realizzazione sempre più forte dentro ciascuno.

Gli Hibakusha hanno pensato di dedicare il Nobel alla memoria dei trentottomila bambini uccisi ottant’anni fa dalle due atomiche. Così quella mattina il pensiero scorrerà alle decine di migliaia di bambini uccisi a Gaza e negli altri conflitti in atto sul pianeta, con l’auspicio che si arrivi quanto prima a un deciso “Mai più!”, già pronunciato nel secolo scorso, ma oggi forse da reimparare a balbettare.

E per farlo abbiamo bisogno anche di segni forti: nel corso dell’incontro si renderà pubblica una lettera a papa Leone, invitandolo a recarsi personalmente in quei luoghi “per testimoniare l’urgenza, la determinazione e la fiducia nel riconoscimento della sofferenza, ma anche l’attesa radicata nel cuore di tutte le persone colpite”.

Un’ultima provocazione viene dalla comunicazione dello scorso mese di marzo da parte del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che Pordenone è stata nominata Capitale italiana della Cultura 2027. Superando una decina di altre località titolate, il capoluogo friulano, con il dossier di candidatura intitolato “Pordenone 2027. Città che sorprende”, ha convinto la giuria per l’impegno a rendere la cultura un motore di sviluppo sostenibile e capace di coinvolgere tutta la comunità locale.

La speranza è che Pordenone sorprenda per la sua capacità di essere ambasciatrice di una cultura di pace. Perché la vera risposta per aprirsi al domani sta ancora nella profetica affermazione di Ernesto Balducci: “gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno”. La pace, dunque, come condizione necessaria e indispensabile per la sopravvivenza dell’intera umanità.

Aviano, Manifestazione per la pace contro la presenza di bombe nucleari. foto Centro Balducci

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