Affrontare il tema degli incendi significa, infatti, guardare in faccia una realtà complessa le cui cause non sono mai tra loro separate, ma si intrecciano in una spirale pericolosa che è andata aggravandosi negli ultimi anni. Da un lato, la crisi climatica agisce da catalizzatore: ondate di calore prolungate, siccità e venti forti creano le condizioni ideali per la propagazione delle fiamme. Dall’altro, un fattore socio-economico di quelli che fa raramente notizia accelera la minaccia: l’abbandono delle aree rurali e montane. Decenni fa, boschi e campagne erano presidiati, curati e vissuti maggiormente. La raccolta della legna, il pascolo, la pulizia dei sentieri e dei terreni agricoli creavano una discontinuità naturale che fungeva da barriera contro il fuoco.
Oggi, l’incuria e un progressivo abbandono delle aree interne hanno trasformato molti di questi territori in un’ininterrotta distesa di combustibile. L’accumulo di foglie secche, rami caduti e sottobosco denso e non gestito rischia, infatti, di diventare una polveriera pronta ad esplodere al primo innesco che sia di origine dolosa (la maggioranza dei casi) o colposa, come un mozzicone di sigaretta o una scintilla.
Secondo i dati diffusi da ISPRA, nel 2024 gli incendi hanno percorso 514 km² di superficie nazionale di cui un quinto erano ecosistemi forestali. Sebbene questo numero segni una flessione positiva rispetto alla media del periodo 2018-2023, ciò non vuol dire che la guardia possa essere abbassata.
Come sottolinea UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), il vero pericolo risiede negli incendi di vasta estensione, favoriti proprio dalla frammentazione fondiaria, dall’abbandono delle aree rurali e dall’assenza di una gestione attiva. In questo scenario, non basta più affidarsi solo alla eroica azione di spegnimento: la vera sfida, come evidenziato da numerosi studi, è passare da una logica di emergenza ad una gestione integrata del rischio. Esempi drammatici, come il vasto incendio che a luglio 2024 ha devastato i boschi di Baia San Felice a Vieste, costringendo all’evacuazione di circa mille turisti, o quello che nel 2021 colpì la Riserva Naturale “Pineta Dannunziana” a Pescara, dimostrano che l’assenza di prevenzione può avere conseguenze catastrofiche.
C’è anche da sottolineare, però, che troppo spesso la prevenzione non fa notizia a differenza degli interventi di gestione delle emergenze che hanno grande rumore mediatico. Se prevenire è meglio che curare, diviene fondamentale dare la giusta luce agli interventi di gestione sostenibile che riducono le possibilità di incendi o ne rimarginano la gravità.
Gestione forestale sostenibile: la chiave per boschi 8 volte più sicuri
La buona notizia è infatti che una soluzione esiste ed è tanto efficace quanto logica: la Gestione Forestale Sostenibile (GFS). Non si tratta di “sfruttare” il bosco, ma di prendersene cura secondo principi scientifici che ne garantiscono la salute, la biodiversità e la resilienza. In questo contesto, la certificazione si sta affermando come uno strumento cruciale. In Italia la più diffusa è PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) che consiste in un sistema di certificazione internazionale che, attraverso standard rigorosi e audit di terze parti, garantisce che una foresta sia gestita in modo responsabile. Questo si traduce in azioni che garantiscono il rispetto dell’ecosistema e dei diritti dei lavoratori, nonché l’adozione di pratiche selvicolturali mirate.
Qual è il legame della gestione forestale con la prevenzione degli incendi?
A dare la risposta a questa domanda viene in soccorso un’analisi condotta da PEFC Italia: i boschi certificati hanno una probabilità fino a nove volte inferiore di essere percorsi dal fuoco rispetto a quelli non certificati. Durante il terribile 2017, per esempio, l’1,24% della superficie boschiva non certificata andò a fuoco, contro appena lo 0,24% di quella certificata PEFC. Il motivo è semplice: la gestione attiva, richiesta dalla certificazione, riduce il carico di combustibile. Interventi come la rimozione selettiva di alberi secchi o malati (così peraltro da favorire la crescita degli alberi più sani e forti), la pulizia del sottobosco, la creazione di viali parafuoco e il miglioramento della viabilità forestale non solo rendono il bosco più sano, ma interrompono la continuità della vegetazione, ostacolando l’avanzata delle fiamme e facilitando il monitoraggio e l’intervento dei mezzi di soccorso. Questa gestione riduce i danni di circa il 50%. C’è poi un argomento economico schiacciante: spegnere un incendio può costare fino a 8 volte di più che prevenirlo.
Gli studi in corso su gestione attiva e riduzione degli incendi
Che la gestione attiva sia un investimento che assicura risultati anche in termini di prevenzione è ciò che emerge in uno studio in corso condotto dall’Università di Firenze proprio in collaborazione con PEFC Italia. L’obiettivo è analizzare in modo rigoroso l’impatto degli incendi nelle aree forestali certificate, confrontandole con quelle adiacenti non gestite. La ricerca, sviluppata in due fasi (2012-2017 e 2018-2022), ha esaminato 17 aree certificate in 7 regioni italiane. Nella fase più recente, condotta con l’ateneo fiorentino, l’analisi si è concentrata su 8 aree in Piemonte, Toscana e Lombardia dove si erano verificati incendi. Utilizzando avanzati sistemi GIS (Geographic Information System), i ricercatori hanno confrontato parametri come la frequenza degli incendi, la superficie percorsa dal fuoco e la loro distribuzione spaziale.
I risultati preliminari, pur necessitando di ulteriori dati per una validazione scientifica completa, mostrano una tendenza chiara. Come spiegano Enrico Marchi e Silvia Calvani dell’Università di Firenze, «una prima analisi dei dati mostra una tendenza ad una minore incidenza degli incendi boschivi, in termini di densità e di superficie percorsa, nelle aree certificate rispetto alle altre». Un esempio concreto viene dalla Lombardia dove la superficie media percorsa dal fuoco è stata del 2% nelle aree certificate, contro il 3,5% di quelle non certificate. Questo conferma che le pratiche di gestione promosse dalla certificazione, come la pianificazione, il controllo della biomassa e la presenza di infrastrutture, sono efficaci nel ridurre la vulnerabilità del territorio. Forte di questi risultati, il progetto guarda verso un orizzonte europeo, con l’ambizione di coinvolgere altre nazioni mediterranee ad alto rischio come Spagna, Francia, Grecia e Portogallo, per costruire una base scientifica condivisa e politiche di prevenzione più coordinate.
Prevenire gli incendi: 5 azioni concrete per cittadini e istituzioni
Se la gestione sostenibile dei boschi si rivela un elemento fondamentale, ciò non deve far pensare che la difesa del nostro patrimonio boschivo non sia responsabilità collettiva. Non basta, infatti, delegare, ma occorre l’impegno congiunto di cittadini, amministrazioni e gestori privati.
- Oltre alla gestione attiva (che potremmo considerare la prima per importanza), concorrono a fare la differenza anche le seguenti altre 4 azioni;
- Creazione di infrastrutture di emergenza: un bosco accessibile è un bosco più sicuro. È fondamentale migliorare la viabilità forestale per consentire ai mezzi antincendio di raggiungere rapidamente le aree a rischio. Altrettanto cruciale è la creazione di punti di approvvigionamento idrico (vasche, laghetti) e di piazzole per l’atterraggio degli elicotteri;
- Formazione di squadre specializzate. La lotta agli incendi richiede grande professionalità e coraggio. È essenziale investire nella formazione continua di personale specializzato e nel supporto ai numerosi gruppi di volontari AIB (Antincendio Boschivo), che rappresentano un presidio insostituibile sul territorio;
- Pulizia del sottobosco e delle aree di interfaccia. Come ricorda un documento redatto dai vigili del fuoco, è vitale mantenere puliti il sottobosco e le aree di confine tra bosco e insediamenti urbani (le cosiddette “interfacce“). Vanno quindi rimossi i rifiuti ed eliminate le discariche abusive che, oltre ad essere di per sé un problema ambientale, possono diventare un punto di innesco per le fiamme. I comuni spesso emettono ordinanze che obbligano i proprietari a pulire i terreni incolti;
- Sensibilizzazione ed educazione dei cittadini. La stragrande maggioranza degli incendi è causata dall’azione umana. Campagne informative capillari sono necessarie per educare la cittadinanza sulle norme di comportamento da tenere nei boschi: non accendere fuochi, non gettare sigarette, non parcheggiare auto su erba secca e segnalare immediatamente al 115 qualsiasi colonna di fumo sospetta.