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India, le leggi anti conversione

di Ravindra Chheda

Lo stato del Maharashtra – la cui capitale è la megalopoli di Mumbai, principale città finanziaria, commerciale e industriale dell’India – entro la fine del 2025 diventerà, con ogni probabilità, l’undicesimo stato dell’immenso Paese ad adottare una legge anti-conversione.

Una veduta di Mumbai (foto By V952010 – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=138581856)

La proposta, già ventilata in passato, è stata ora reiterata da un autorevole ministro di un importante stato dell’India centrale, il Maharashtra. La richiesta è quella di una legge severa sia contro le conversioni che contro i cripto-cattolici, quei convertiti, cioè, che nascondono di aver cambiato religione al fine di mantenere i privilegi previsti per i fuori casta e per i gruppi (tribali e castali) registrati presso il governo centrale come destinatari di certi benefici riservati a gruppi disagiati.

La questione è stata annunciata presso l’Assemblea Legislativa dello stato di Mumbai in risposta all’interpellanza presentata da un deputato della maggioranza fondamentalista indù, che ha evidenziato la proliferazione di costruzioni ecclesiastiche (chiese ovviamente di diverse denominazioni, e le loro strutture di assistenza) in alcuni distretti dello stato del Maharashtra. Secondo i politici promotori della proposta, si tratterebbe di centri dove si favorirebbero conversioni forzate dietro promessa di compensi pecuniari o di altri benefici. Oltre a promettere un’adeguata indagine sulle costruzioni di realtà cristiane, il ministro ha promesso che, se verrà appurato che esistono irregolarità o casi di abusivismo, le costruzioni saranno demolite.

Il timore del governo dell’Unione, presieduto dal premier Modi, e di molti politici locali dello stesso orientamento politico di carattere fondamentalista indù, è che si incoraggino conversioni attraverso la cosiddetta love-jihad, la guerra santa dell’amore, che indurrebbe, soprattutto le ragazze indù, a cambiare religione per sposare – per amore e non con matrimoni combinati dalle famiglie come prevede la tradizione locale – partners musulmani, soprattutto, ma anche cristiani. Nel corso del dibattito, altri deputati hanno evidenziato come la questione delle conversioni sia molto diffusa, soprattutto nelle aree interne del Paese, in particolare quelle popolate da gruppi tribali Bhil e Pohra, che se dovessero diventare cristiani non potrebbero più ottenere i fondi previsti dallo stato indiano.

A tutto questo, fra l’altro, si è aggiunta la proposta, da parte di parlamentari appartenenti a gruppi di fondamentalisti indù, di offrire cospicue ricompense pecuniarie al fine di perpetrare atti di violenza fisica nei confronti di sacerdoti cattolici o ministri di altre chiese cristiane, qualora la popolazione locale venisse a conoscenza di casi di conversione coatta da parte di questi preti.

Questa nuova richiesta per una legge anticonversione in uno stato dell’importanza del Maharashtra ha suscitato un timore rinnovato e diffuso nelle comunità cristiane. Per questo, venerdì 18 luglio circa quindicimila cristiani si sono riuniti presso l’Azad Maidan (Piazza della Libertà), nel centro storico di Mumbai, e hanno dimostrato contro queste iniziative autoritarie e discriminatorie nei confronti di religioni diverse dall’induismo. L’arcidiocesi cattolica di Mumbai ha pubblicato lo stesso giorno un comunicato stampa perentorio. In esso si afferma: «Pur rispettando il dovere del governo di preservare l’ordine pubblico, crediamo fermamente che qualsiasi legge che limiti la libertà religiosa debba essere attentamente valutata alla luce del quadro costituzionale indiano. La scelta della religione è un diritto fondamentale garantito dall’articolo 25 della Costituzione indiana, che tutela la libertà di coscienza, professione, pratica e propagazione della fede di ogni cittadino. Qualsiasi legge anti-conversione che criminalizzi le scelte spirituali volontarie viola questa sacra promessa costituzionale. La Chiesa cattolica rifiuta inequivocabilmente le conversioni forzate e opera rigorosamente entro i limiti della legge, servendo le comunità attraverso l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale, soprattutto nelle regioni emarginate. La nostra missione è radicata nella compassione, non nella coercizione. Esortiamo il governo del Maharashtra a riconsiderare questa proposta, che rischia di fomentare divisioni e di colpire le comunità vulnerabili».

Altro punto che da decenni crea crescenti attriti fra il governo centrale e quelli locali con le comunità di altre religioni sono i fondi provenienti dall’estero, che sono severamente monitorati dal governo. Da decenni, infatti, da parte del fondamentalismo indù si sostiene che le associazioni cristiane (comprese le diocesi) attingono a capitali provenienti dall’estero per costruire e mantenere dispensari, orfanatrofi, lebbrosari e altre istituzioni, educative e assistenziali, al fine di favorire il cambio di religione. Nel corso del dibattito in corso è stato fatto notare che, nel solo stato di Mumbai, il Maharashtra, 1.515 organizzazioni hanno ricevuto fondi dall’estero nell’ultimo anno e alcuni di questi sarebbero stati utilizzati per la costruzione di chiese. Inoltre, si insiste spesso sul fatto la popolazione indù in India è diminuita dall’84,1% del 1947 al 79,8% di oggi, una tendenza che si riflette anche nel Maharashtra, dove i cristiani arrivano a stento al 2% della popolazione. Nel dibattito è stata sollevata anche la questione dei “cripto-cristiani”, convertiti dall’induismo che mantengono tuttavia segreta la loro nuova appartenenza religiosa. Secondo una deputata locale non sono pochi i casi di donne indotte al matrimonio con l’inganno. In tale senso ha citato un presunto caso di una donna indù di 28 anni che si sarebbe suicidata dopo aver sposato un “cripto-cristiano” ed essere stata forzata dalla famiglia del marito a praticare anche lei il cristianesimo. La questione è assai complessa e delicata perché coinvolge questioni storiche – gruppi cristiani e islamici hanno praticato per secoli conversioni forzate – ma anche interessi economici ed attuali equilibri sociali e politici.

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