L’ultimo decesso è quello di un vero maestro del rischio, colui che aveva avuto l’ardire di gettarsi in picchiata da un’altezza di 39 mila metri. Felix Baumgartner è morto molto più prosaicamente per un malore che ha fatto precipitare il suo deltaplano in una piscina di Fermo, ferendo tra l’altro una ragazza. Ma ogni settimana si allunga la lista di coloro che, sfidando i limiti umani e tecnologici per raggiungere primati da mostrare all’universo mondo, ci lasciano le penne.
Ma non ci sono solo coloro che tentano primati strabilianti da inserire nel Guinness dei primati, quindi con una dimensione a loro modo sportiva, nel senso che tali performance hanno un qualche legame con le diverse discipline del corpo che eroga risorse insospettabili e della tecnologia che offre supporti prima inaccessibili. Ci sono, infatti, migliaia e migliaia di giovani e meno giovani che sfidano il rischio con lo scopo non solo di provare a sé stessi qualcosa, ma anche di mostrarlo anche alla platea potenzialmente infinita di utilizzatori dei social. Come il giovane motard che in Romania voleva filmare orsi da vicino, e gli è andata bene fino a che…
Il figlio dodicenne di un vicino è un appassionato di tali performance. Qualche pomeriggio fa, mi ha voluto mostrare sul suo telefonino una serie di filmati postati su Instagram e Telegram che mostrano le più varie prestazioni di giovani e giovanissimi nel cercare di dimostrare qualcosa che li faccia assurgere a piccoli eroi della platea digitale. Sono rimasto esterrefatto dal contenuto di tali filmetti: un giovane che si getta da una scogliera alta più di venti metri che termina in un laghetto che dall’alto pare una pozzanghera; una ragazza che, in un parkour estremo – lo “sport” che consiste nel superare le barriere urbane e architettoniche con salti, giravolte e fiondate umane –, si getta nel vuoto ad abbracciare un palo della luce lungo il quale scivola fino a terra, per poi fare un salto carpiato verso una aiuola sottostante. Da rabbrividire, non solo per coloro che compiono quei gesti, ma anche per chi li vede su uno schermo.
Così, quella sera mi sono immerso per un paio d’ore nell’immensa libreria di filmati che sono i social, cercando proprio quelli postati dagli amanti del rischio (e dello spettacolo). Debbo dire che ho visionato qualche decina di filmati da far paura sul serio, che mostravano performance sempre più ardite, sfide impossibili e impensabili che solo corpi allenati e giovani possono affrontare, anche se i record maggiori vengono di solito raggiunti da persone più mature che sanno calcolare i rischi.
Mutatis mutandis, anche chi viaggia in giro per il mondo, in particolare nelle zone di guerra, fa sempre i suoi calcoli, ed evita con l’esperienza accumulata quei rischi che potrebbero rivelarsi eccessivi: recarsi in Siria in queste settimane non è la cosa più sana da fare, ma conoscendo il Paese e le abitudini del popolo e degli eserciti locali si può attraversare l’intero Paese senza soverchi problemi. Il rischio fa parte della nostra umanità; anzi, superare il limite pregresso è esercizio che, da Ulisse in poi, è parte integrante della nostra essenza di umani.
Ma ci sono due novità, nella ricerca umana, umanissima, del superamento del rischio: da una parte il lato spettacolare, che porta a postare filmati di altissima qualità – uso massiccio di droni, telecamere fissate sulla testa, trucchi nel montaggio ormai a portata di chiunque –; dall’altro, l’aspetto del divertissement. Se su Instagram e simili si vedono filmati di performance andate a buon fine, c’è anche un’immensa biblioteca di filmati che testimoniano prestazioni finite male. Ci sono collezioni di decine e decine di cadute rovinose, di tuffi finiti con panciate pazzesche, di esercizi ginnici abortiti con cadute da brivido, ciclisti che si trovano spiaccicati contro un albero, incidenti stradali spettacolari… Il fatto è che tanti di queste performance andate male hanno provocato e provocano ora ferite serie, ora disabilità perenni, ora la morte. Ma ci si diverte a guardare filmati del genere ridendo per giunta di gusto.
Il rischio è il sale dell’eros umano, il limite esiste per essere superato. D’accordo, ma c’è sempre un limite a ogni performance. Il limite della morte.