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Dieci anni di muro contro i migranti a Ventimiglia

di Gaia Bonafiglia

La risposta, per ora, la danno i gesti. Mense che non chiudono. Mani che curano. Voci che ricordano. Un nuovo luogo aperto in città per una presenza più concreta e continuativa accanto ai migranti.

Pietre in ricordo dei migranti a Ventimiglia (foto Silvia Dotta)

L’11 giugno 2015 il confine tra Italia e Francia si è chiuso. Nel cuore dell’Europa unita, a Ventimiglia, la libera circolazione prevista da Schengen è stata sospesa. La decisione del governo francese, in risposta all’arrivo crescente di migranti in transito verso il Nord Europa, ha trasformato un tratto di costa in una barriera. All’improvviso, la frontiera è diventata un ostacolo: sorveglianza, presidi, attraversamenti in segreto da parte di chi sognava una dignità oltre il confine.

Dieci anni dopo, quel confine è ancora lì. E con esso, le sue ferite. 49 sono le persone che hanno perso la vita a Ventimiglia dal 2015 nel tentativo di attraversare il confine con la Francia. Lo ha ricordato la manifestazione del 6 febbraio 2025, a dieci anni dalla prima grande crisi migratoria esplosa sulla riviera.

Per questo, l’11 giugno 2025, giorno del decennale, è stato scelto come gesto di memoria condivisa un momento di preghiera interreligiosa: cristiani, musulmani, ortodossi ed evangelici si sono ritrovati insieme per ricordare le vittime, fare memoria e dare spazio alle vite negate. Un gesto semplice, ma necessario.

Giugno è stato vissuto come mese del ricordo. Tra manifestazioni, veglie, riflessioni e presenze silenziose, la città ha ricordato ciò che troppo spesso viene rimosso: dietro ogni numero c’è una persona. E la frontiera continua a essere un luogo di prova, ma anche di possibilità.

Nonostante la riapertura formale del confine da parte della Francia, il passaggio per i migranti resta difficile, incerto, a tratti impossibile. Sotto il ponte del fiume Roja vivono oggi alcune decine di migranti, sostenuti ogni giorno da una rete diffusa e costante di associazioni italiane e francesi. La preparazione dei pasti, l’assistenza medica, i kit igienici, il supporto umano: tutto continua grazie alla solidarietà dal basso.

A Ventimiglia operano realtà come Caritas Intemelia, Scuola di Pace, Popoli in Arte, Chiesa Valdese, e diverse associazioni giovanili francesi, molte delle quali di ispirazione laica. Ognuna contribuisce con ciò che ha: competenze legali, supporto sanitario, laboratori artistici, educazione informale. A mancare, spesso, è proprio la presenza istituzionale.

In questo tessuto vivo si è inserita, con discrezione e continuità, la presenza dei Focolari, che a settembre 2024 hanno aperto una sede (il focolare) a Ventimiglia, come già a Lampedusa. Due luoghi di frontiera agli estremi del Paese, dove si sceglie di esserci. Silvia, focolarina attiva nel territorio, racconta: «Quello che un tempo è stato lo straordinario, l’emergenza, il rischio, ora continua nell’ordinario, nella quotidianità».

Nel concreto, spiega che il focolare condivide tanti aspetti della vita quotidiana di migranti e volontari: accompagna, ascolta, offre spazi di prossimità. Nessun intervento salvifico, solo una presenza che resta. Insieme alle altre realtà, testimonia una solidarietà possibile e concreta.

Ventimiglia non è più solo un nodo di passaggi irregolari. È diventata, suo malgrado, una frontiera morale. Una soglia che chiede: cosa significa accogliere? Dove finisce il confine tra giustizia e abbandono?

La risposta, per ora, la danno i gesti. Le mense che non chiudono. Le mani che curano. Le voci che ricordano. E quella scelta semplice e radicale di chi decide di abitare il confine, non per alzare muri, ma per restare accanto.

Anche iniziative come il Progetto Mosaico di Frontiera che vede in pista la Caritas Intemelia, il Comune di Ventimiglia, la Diaconia Valdese, Janua Forum, Popoli in Arte e WeWorld, con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, sono segni forti di speranza e di voglia di continuare insieme.

Da confine a comunità è poi il titolo di una mostra fotografica inaugurata il 16 luglio al Forte dell’Annunziata, a cura del progetto Mosaico di frontiera.

Il Movimento dei Focolari fa parte di questa trama silenziosa. Condivide le domande, i limiti, la fatica. Ma anche le sorprese.

E lascia intravedere che, forse, proprio dai margini può partire una storia diversa.

Una storia che, per chi vuole ascoltarla, è appena cominciata.

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