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Il governo pakistano valorizza la tradizione a favore della giustizia

di Daniela Bignone

- Fonte: Città Nuova

Daniela Bignone, autore di Città Nuova

In Pakistan, le aree tribali al confine con l’Afghanistan sono da molti anni territori difficili da amministrare e controllare. Recentemente, il governo pakistano ha avanzato una proposta ardita per quelle aree: invece della polizia, rilanciare le jirgas, i consigli tribali, per favorire un sistema di amministrazione della giustizia radicato nella cultura locale.

Al centro Ali Amin Gandapur . EPA/A. HUSSAIN

Vivevo in Pakistan ormai da 15 anni e mi sentivo parte di quella terra e di quel popolo. Un carissimo amico musulmano, discendente della famiglia reale afghana, ci aveva invitato al matrimonio della figlia. Invitati d’onore in una festa fra notabili locali, nel cuore delle campagne pakistane al confine con l’Afghanistan. Le autorità federali, però, ci hanno caldamente sconsigliato il viaggio. La location era proprio nel cuore della zona tribale, dove – ci è stato detto – “se succedesse qualcosa, la polizia non potrebbe intervenire e tanto meno il vostro consolato”.

Nel nord-est, lungo il confine montagnoso fra Pakistan e Afghanistan, esistono infatti zone sottoposte ad un sistema di governo locale, guidato dalle cosiddette jirgas (consigli tribali, assemblee di anziani), che si muovono in autonomia rispetto all’autorità statale. Sono loro a risolvere controversie, amministrare la giustizia, trattare i casi penali.

Questa sorta di autogestione ha fatto sì che dal 2001, dopo l’intervento della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti in risposta agli attentati dell’11 settembre, la zona sia diventata un rifugio per gruppi di militanti, incluse fazioni di Talebani e di Al Qaeda. Nel corso degli anni, l’esercito del Pakistan vi si è impegnato con una strategia complessa: operazioni militari contro questi gruppi e contemporaneamente negoziazioni con alcuni leader, indicati come “buoni talebani”, per favorire un cessate il fuoco duraturo.

Nel 2018 questa regione, denominata Fata (Federally Administrated Tribal Area), è confluita nella Provincia della Frontiera del nord-ovest, diventando la provincia del Khyber Pakhtunkhwa (Kp). L’atto di unificazione poneva fine allo status di entità separata dell’Area tribale (Fata), ma lasciava aperte molte questioni di governo e amministrative. Punti di domanda sull’autonomia tribale e sulle persistenti sfide poste dalle attività dei militanti.

Solo alcuni mesi or sono, ad esempio, il primo ministro del Kp, Ali Amin Gandapur, aveva sostenuto la proposta di inviare un’assemblea di leader tribali in Afghanistan per colloqui diretti con i capi del regime talebano. Anche se il portavoce del governo provinciale, Barrister Saif, aveva garantito che il processo sarebbe stato “allineato con la sicurezza e la politica estera” pakistana, e Islamabad informata di ogni progresso con il governo talebano, l’iniziativa era stata duramente criticata dal premier Shehbaz Sharif come “un attacco diretto” al Governo centrale.

Recentemente sono aumentati gli attentati terroristici da parte dei talebani pakistani (Tehreek-e-Taliban Pakistan, Ttp), con attacchi e vittime fra i militari. Secondo un rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tra luglio e dicembre dello scorso anno i talebani pakistani avrebbero effettuato 600 attacchi, godendo spesso del sostegno della popolazione e di finanziamenti da parte di Kabul.

In questo intricato gioco di dinamiche locali, nazionali e internazionali in una regione strategicamente importante, il Governo pakistano ha avanzato una proposta ardita: creare un sistema alternativo di amministrazione della giustizia, radicato nella cultura locale, rilanciando il sistema delle jirgas.

In un primo appuntamento del comitato di 18 membri creato dal primo ministro Shehbaz Sharif su richiesta degli anziani delle tribù, il ministro degli Stati e delle Regioni di Frontiera, Amir Muqam, ha sottolineato che la jirga sarà integrata nel sistema legale statale in modo da inserirla dentro i confini della legge: cioè con una sua autonomia, ma allineata nel quadro costituzionale e giuridico nazionale. Il ministro dello Sviluppo, Ahsan Iqbal, ha ricordato come l’obiettivo finale sia quello di ridurre l’impegno delle forze di polizia, aggiungendo che “il governo del Kp è un attore fondamentale in questo processo e siamo determinati a procedere insieme”.

In un tempo come l’attuale, di grandi dibattiti sul diritto internazionale, sul valore e l’applicabilità di trattati e meccanismi di controllo, il Governo pakistano ha fatto una scelta molto interessante: quella di puntare sulla tradizione e di rafforzare la giustizia e sicurezza di quei territori rendendo protagonisti gli anziani delle tribù, affinché le decisioni riflettano le reali esigenze delle comunità locali.

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