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90 anni del Dalai Lama, tensioni con Pechino

di Ravindra Chheda

- Fonte: Città Nuova

Il Dalai Lama ha festeggiato il suo novantesimo compleanno a Dharamsala, nello stato dell’Himachal Pradesh in India, dove vive da quando, alla fine degli anni ‘50, è stato costretto, insieme a decine di migliaia di altri tibetani – monaci, famiglie, bambini – a lasciare il tetto del mondo, il Tibet

90 anni del Dalai Lama EPA/HARISH TYAGI

Il 6 luglio, giorno in cui secondo il calendario occidentale cade il compleanno di Sua Santità il Dalai Lama, è stata anche l’occasione per il lancio di quello che è stato definito l’Anno della Compassione.

Interessante dettaglio: lo sfondo del palco costruito per l’occasione riportava i ritratti del Mahatma Gandhi, di Madre Teresa e di Nelson Mandela, tutti testimoni, in modi diversi, di questo valore assoluto del buddhismo.

L’augurio comune da parte di molti gruppi di cantanti, danzatori e musicisti che si sono esibiti suonando strumenti tibetani era: “Che Sua Santità possa vivere a lungo e continuare a insegnare dal suo trono saldamente stabilito”. La festa ha da subito avuto una colorazione politica. Erano presenti, infatti, anche autorità del governo indiano e le due bandiere – quella del Tibet e quella dell’India – sono state issate al suono degli inni nazionali.

Ospite d’onore è stato l’on. Rajiv Ranjan Singh, Ministro della Pesca, dell’Allevamento e dell’Agricoltura del Governo centrale di Nuova Delhi. Il Primo Ministro Modi ha inviato un messaggio con il quale ha rivolto all’anziano leader buddhista “i più calorosi auguri a nome del miliardo e mezzo di indiani”.

Modi ha definito il Dalai Lama come “simbolo immutabile di amore, compassione, pazienza e disciplina morale, il cui messaggio ha ispirato rispetto e ammirazione in tutte le fedi”. In conclusione ha assicurato preghiere per la salute e per una lunga vita del Dalai Lama.

Inoltre, la tonalità politica dell’evento è venuta in evidenza con i saluti registrati da parte di tre ex-presidenti americani: Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama si sono rivolti tutti con parole amichevoli e di confidenza all’anziano leader, ringraziandolo di aver mostrato alle generazioni cosa significhi praticare la compassione, parlando a favore della libertà e della dignità.

Soprattutto, come accennato, i saluti hanno segnato anche l’apertura dell’Anno della Compassione: “Santità, Lei guida tutti sulla via della pace e per questo Le rendiamo omaggio con il corpo, la parola e la mente. Lei ha insegnato in particolare i suoi quattro impegni: promuovere i valori umani, l’armonia religiosa, l’antica saggezza indiana e la preservazione della cultura tibetana. Di conseguenza, dedichiamo i dodici mesi a partire da oggi come Anno della Compassione e invitiamo i nostri amici e sostenitori a unirsi a noi nell’osservarlo”.

Ha quindi preso la parola l’anziano Dalai Lama, che ha ringraziato i presenti, che ha chiamato “miei cari amici riuniti qui con la gioia nel cuore. Sono un essere umano e per gli esseri umani è naturale essere affettuosi e aiutarsi a vicenda. Quelli di noi che provengono da Paesi buddhisti hanno un forte senso di fratellanza e sorellanza”.

Ha poi riflettuto sulla sua vita da quando ha preso i voti monastici, ancora a Lhasa, capitale e città santa del buddhismo tibetano. “Oggi ho 90 anni – ha continuato – e […] sento di non aver sprecato la mia vita e, sebbene abbia il titolo di Dalai Lama, non sono orgoglioso di me stesso. Come seguace del Buddha, bhikshu o monaco, servire gli altri e servire l’insegnamento sono le mie pratiche principali. […] Sono spinto a servire gli altri e più lo faccio, maggiore è la risposta di gioia che sento dagli altri”. Il leader buddhista ha infine riconosciuto che “molte persone si sono riunite oggi, non per un senso di obbligo, ma per gioia e rispetto”. Un invito, quindi a vivere una vita di compassione aperta a tutti gli esseri, non solo quelli umani.

Fra gli ospiti, anche persone importanti e protagonisti del nostro tempo. L’attore americano Richard Gere, che da anni segue la filosofia e spiritualità del buddhismo del gioiello, come è definito il buddhismo nato in Tibet, ha esordito rivolgendo queste parole: “Che giorno glorioso per celebrare la vita di Sua Santità […] Questi importanti ospiti si sono riuniti per rendere omaggio a una delle persone più straordinarie che abbiano mai camminato su questo pianeta. A lui non interessano molto i compleanni, ma a noi sì, soprattutto questo. Per lui ogni giorno è un compleanno, ogni respiro è un compleanno. Io vivo una vita tipicamente occidentale, ma Sua Santità incarna l’altruismo, l’amore e la compassione. Sua Santità non appartiene solo al Tibet, ma al mondo intero“.

Infine, l’aspetto più delicato. In vista del suo 90° compleanno, il Dalai Lama aveva rilasciato una serie di dichiarazioni sul tema della successione sfidando apertamente le pretese della Cina sul controllo del Tibet. “L’istituzione del Dalai Lama continuerà anche dopo la mia morte”, ha affermato, mettendo fine alle speculazioni secondo cui sarebbe l’ultimo a ricoprire questo ruolo.

Ha, poi, sottolineato che solo il Gaden Phodrang Trust (un ente no-profit fondato nel 2015 per gestire gli affari spirituali e istituzionali del Dalai Lama) avrà l’autorità di riconoscere la prossima reincarnazione, secondo le antiche tradizioni religiose tibetane: “Nessun altro ha alcuna autorità per interferire in questa materia”, ha dichiarato. Aveva già ribadito in precedenza nel suo ultimo libro, pubblicato a marzo, che il suo successore nascerà nel “mondo libero”. Una perifrasi per escludere i territori sotto il controllo cinese.

La risposta della Cina non si è fatta attendere: la portavoce del Ministero degli Esteri, Mao Ning, ha ribadito che “la reincarnazione del Dalai Lama deve essere approvata dal governo centrale”. Ha poi citato una pratica introdotta in epoca Qing, nel XVIII secolo, che prevede l’estrazione del nome da un’urna dorata. Pechino afferma di garantire la libertà religiosa, ma mantiene strette regolamentazioni sugli affari religiosi e sulle modalità di reincarnazione dei Buddha viventi.

Di fatto, sembra probabile che ad un certo punto si avranno due Dalai Lama: uno scelto da Pechino e l’altro dal Gaden Phodrang Trust.

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