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La comunità: una famiglia che si costruisce con pazienza e rispetto

di Annamaria Carobella

Una riflessione di un gruppo di lettori a partire da un articolo del filosofo Tommaso Bertolasi

Qualche settimana fa, prima di andare in ferie, alcune coppie si sono ritrovate per vivere un momento conviviale preceduto da una riflessione sull’articolo di Tommaso Bertolasi “La Comunità non si fa” apparso su Città Nuova di giugno. È stato il punto di partenza per comprendere tanti aspetti della propria vita, che ne sono stati illuminati.

Giugno si sa, è il mese delle cene all’aperto, quelle che segnano la fine della scuola o di un percorso di lavoro, come un pensionamento oppure di studio. Nascono semplicemente dal bisogno di ritrovarsi per ringraziarsi a vicenda, per ricordare avvenimenti lieti o tristi, avventure o disavventure da cui insieme vengono tratti degli insegnamenti preziosi. Prima di partire per i posti di vacanza e disperdersi da una parte e dall’altra, si avverte come il bisogno di guardarsi negli occhi per riscoprirsi comunità di persone che, camminando insieme, si ritrovano fratelli, anche se tanto diversi gli uni dagli altri.

Hanno vissuto questa esperienza alcune coppie di fidanzati, di conviventi, di sposati che per tutto l’anno si sono date una mano a vivere meglio come singoli e come coppia. Sappiamo tutti che la vita in famiglia non è né semplice né facile: occorre che tanti ingredienti diversi si mescolino tra loro perché ci sia concordia ed armonia.

Recitava un vecchio adagio: “La famiglia è una casa che si costruisce con mattoni di pazienza”. Io aggiungerei anche con mattoni di rispetto, un collante indispensabile! La parola rispetto, venuta in rilievo perché scelta dal 40,3% dei maturandi per svolgere la prima prova della maturità 2025, sembra quasi un termine caduto in disuso.

Tommaso Bertolasi, filosofo quarantenne, autore di alcuni libri importanti, è anche relatore amato ed apprezzato da tanti giovani, che lo invitano a parlare ai loro congressi, in cui risponde alle loro domande. Le parole di Bertolasi: “La comunità non si fa, è un dono da curare, custodire, vivere”, sono state apprezzate ed analizzate da tutti i presenti. Ed è stato chiaro a ciascuno  che per vivere questi tre verbi occorre prima di tutto avere rispetto. Dove esso non è presente manca l’aria per respirare, manca l’ascolto per accogliere l’altro, manca la stima reciproca e quindi subentrano la violenza, le parole grosse, il giudizio, che è la paralisi dell’amore.

C’è una frase particolarmente significativa di Bertolasi: “Quando mi trovo con te, devo constatare che io non sono te e che tu non sei me. Di fronte a te io scopro di essere finito, limitato”. Due fidanzati, due sposi sono due individui che si scoprono esposti, limitati. Cade il concetto falso dell’anima gemella.

È chiaro quindi, che anche la comunità formata da due sole persone non si basa sulla perfezione, ma sulla limitatezza. Allora ciò che ci salva è la domanda conclusiva dell’articolo di Bertolasi: “Come posso prendermi cura di te, della comunità?”.

Si è sperimentata una grande libertà, espressa molto bene da una ragazza, fidanzata da tre anni: “Questo articolo mi libera da un peso e mi riconcilia con il mondo. Se siamo tutti limitati e fragili, il nostro compito è quello di aiutarci a vicenda, di scoprire ciò che ci unisce non per “fare” ma per vivere”.

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