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Geopolitica di un funerale, l’ultimo saluto a papa Francesco

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Più di mezzo mondo ha partecipato alle esequie di papa Francesco, più un simbolo di pace possibile che un summit di capi di Stato, sotto lo spirito aleggiante di uno di loro assolutamente unico nel suo genere

Qualche incontro c’è pur stato, in margine al funerale di papa Francesco, il sovrano più insolito del mondo, incontri informali, che hanno permesso di proseguire nella strada diplomatica, per evitare il peggio. Non ci sono immagini significative, nessun video, una o due foto: non ci saranno su Instagram, su X o su Telegram quell’infinita serie di parodie digitali a cui ci stiamo abituando da qualche tempo. Non ci sono state conferenze stampa, né dichiarazioni rubate dai giornalisti all’entrata o all’uscita della basilica vaticana.

La cerimonia del funerale verrà comunque ricordata anche per la foto del testa a testa fra Trump e Zelensky seduti su sedie dozzinali in un angolo della basilica vaticana, senza gli ori dello studio ovale, solo coi marmi policromi della cattolicità di San Pietro, sapendo tra l’altro che l’uno è protestante e l’altro ebreo. Si sono ascoltati, i due, e chissà che non ne venga fuori una buona notizia per la pace.

La bara di papa Francesco
ai funerali in piazza San Pietro a Roma, foto Ansa

Ma la grande ritualità del funerale papale – che il defunto pontefice aveva accuratamente preparato, uomo di comunicazione naturale com’era, riprendendo forse involontariamente la sobrietà della bara voluta da Paolo VI, la “trovata” del libro del Vangelo sulla bara scompaginato dal vento, ricordo di Giovanni Paolo II, o ancora la brevità dell’omelia del celebrante, come per Benedetto XVI – ha impedito alla politica di alzare anche solo un dito per dire “io ci sono”.

Ecco, nel funerale vaticano la fragilità è diventata nota di alta diplomazia. Le esequie di qualcuno sono sempre una dimostrazione di quanto la vita sia fragile, tanto più quelle di un papa che non ha esitato a mostrare la propria fragilità fino a poche ore prima di morire, scendendo in Piazza San Pietro per augurare Buona Pasqua ai fedeli. E tanto più tale esposizione di fragilità è significativa dinanzi a un parterre tanto cospicuo di grandi e di grandissimi di questo mondo. La potenza, la forza, la superbia del potere: «Tutto ciò è nulla», dice anche da morto papa Francesco.

I cardinali ai funerali di papa Francesco in Vaticano, foto Ansa

E poi l’uso del colore rosso, indubbiamente il colore che ha dominato i funerali di papa Bergoglio. Un colore da lui tanto amato, non solo per motivi estetici, sportivi o sentimentali, ma soprattutto per motivi di fede. Il rosso, infatti, è il colore dei martiri, del sangue, del sacrificio. Ma è anche il colore del tramonto del sole, “rosso di sera bel tempo si spera”.

Anche il rosso, oltre al verde, è il colore della speranza, della gioia, delle emozioni forti. Rosso, come la cravatta d’ordinanza quotidiana di the Donald, ma non oggi; come le guide dell’Eliseo, tanto amate e calpestate da Macron; come il cuore politico di Ignazio Lula, vecchio socialista che dice che Bergoglio è stato l’ultimo comunista. Ma il rosso di Bergoglio era forse politicamente quello della “Terza guerra mondiale a pezzi”, fortunatissima formula bergogliana, ripresa dai politici di tutto il mondo.

La bara del papa arriva a Santa Maria Maggiore, foto Ansa

L’amore del papa defunto per i poveri e la giustizia, virtù politica per eccellenza, forse in piazza non è venuta abbastanza in luce, anche se il decano, il cardinal Re, lo ha ricordato; anche se nella folla erano non pochi i piccoli di questo mondo; anche se le Scritture parlavano della giustizia divina e dell’amore di Dio. Ma il cuore di Bergoglio si è scoperto nella tumulazione a Santa Maria Maggiore: Maria e i poveri, rappresentati da quei 40 bisognosi che lo hanno accolto nella scalinata d’accesso. Solo loro, niente potenti, niente intellettuali, niente politici, solo loro, i poveri, attorno alla loro regina, la Salus populi romani, che pure è stata presente nel sagrato della basilica di San Pietro.

Da segnalare anche che ai due lati dell’altare, da una parte spiccava il rosso delle porpore cardinalizie, dall’altra il nero della politica. Ma sotto quei “costumi”, gli zoom della comunicazione vaticana – impeccabili, come impeccabile è stato il servizio di sicurezza e assistenza – evidenziavano volti dal mondo intero: il papa morto è riuscito a riunire a San Pietro l’intero pianeta, con le sue culture, le sue ricchezze, le sue guerre, le sue aspirazioni e le sue sconfitte. Almeno per qualche ora questo nostro pianeta si è trovato in pace, in uno Stato, almeno formalmente, senza il rumore delle armi. Che sia un viatico per il tempo che verrà, anche per il sacrificio del pontifex, il facitore di ponti?

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