Secondo i dati dell’Agenzia meteorologica statale spagnola (Aemet), durante il mese di marzo 2025 in Spagna si sono accumulati con le precipitazioni 148 litri d’acqua per metro quadrato, cioè quasi 3,5 volte di più del normale per questo periodo. Sarebbe il terzo marzo più piovoso della serie storica (dal 1962), dietro al 2013 (160 litri) e al 2018 (165 litri). Tanta acqua, però, rimanda al vecchio proverbio spagnolo “nunca llueve a gusto de todos” (non piove mai secondo i gusti di tutti), nel senso di “i gusti sono gusti”, combinata con “è impossibile accontentare tutti”. L’abbondanza d’acqua è da una parte una benedizione perché aumenta le riserve idriche, d’altra parte però causa grossi danni nell’agricoltura; poi la distribuzione geografica delle piogge è sempre diseguale e l’utilizzo dell’acqua accumulata risveglia vecchi conflitti mai risolti tra territori vicini. Così, le tensioni sociali e politiche riemergono provocando sui giornali titoli come questo: «Dopo le piogge inizia la battaglia tra le comunità: il Tajo è pieno e il bacino del Segura reclama già la sua acqua».
Le «comunità» a cui si riferisce il titolo sono due regioni spagnole amministrativamente autonome (Castilla-La Mancha e Murcia), ciascuna con competenze proprie e ben definite, che da anni litigano per l’acqua che dal fiume Tajo viene trasferita al fiume Segura per soddisfare il fabbisogno d’acqua di Murcia. L’Acquedotto Tajo-Segura è una conduttura lunga 292 km, inaugurata il 1979, che consente una portata massima di 33 m³/sec. Così come stanno le cose, con le dighe del Tajo al massimo, la legge consente un trasferimento automatico di 60 hm³ (60 milioni di ettolitri) d’acqua verso il sud-est, verso Murcia. Ma Castilla-La Mancha (parte della regione è considerata demograficamente spopolata) difende la necessità di conservare le proprie risorse per il suo sviluppo.
Non è questo il solo conflitto idrico. Anche le acque del fiume Ebro sono contese all’interno della Catalogna, tra la zona della foce e la grande zona urbana di Barcellona (180 Km a nordest). Dal 1985, quando furono inaugurati i collegamenti idrici all’interno di entambe le zone, la sensazione è che si stia trascurando l’equilibrio ecologico dei fiumi per favorire l’uso e l’abuso di acqua a fini turistici.
Questo, però, è comunque un aspetto secondario del problema generale dell’acqua. In un’intervista su xataca.com di Javier Jiménez* a Robert Glennon, professore presso l’Università dell’Arizona e uno dei massimi esperti di diritto ambientale, l’esperto statunitense afferma che il punto da cui dobbiamo iniziare a parlare di scarsità d’acqua è proprio lì dove non viene notata, e lo sarà nei prossimi anni. Un esempio: «Una lampadina a incandescenza da 60 watt accesa 12 ore al giorno consuma 2.380 litri di acqua all’anno». Secondo Glennon, circa un miliardo di persone non hanno a disposizione acqua sicura da consumare; due miliardi e ottocento milioni non dispongono di sistemi di acqua potabile e, di conseguenza, circa due milioni di persone muoiono ogni anno a causa di malattie intestinali come il colera. D’altra parte, i movimenti demografici e il cambiamento climatico stanno trasformando molte aree del mondo in «città in mezzo al deserto», luoghi in cui le risorse idriche non possono sostenere la popolazione.
In un futuro non molto lontano, non saranno facili le soluzioni per rimediare alla scarsità d’acqua di numerosi territori. Bisogna conoscere meglio i dati globali e migliorare i sistemi di gestione per poter prendere decisioni migliori. E non solo grandi decisioni politiche, ma «decisioni semplici come imparare a spegnere la luce», dice Glennon.
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