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Lavoro, una difficile sfida referendaria

di Carlo Cefaloni

Carlo Cefaloni

Respinto dalla Corte costituzionale il quesito referendario  sull’autonomia differenziata, restano in piedi quelli sulla cittadinanza agli stranieri e contro il Jobs act. Quesiti che spaccano anche il centro sinistra e mettono in forse il raggiungimento del quorum al voto previsto entro il 15 giugno

 

Delegazione della CGIL onsegna in Cassazione 4 milioni di firme per il referendum sul lavoro ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Soddisfazione evidente del governo Meloni e dei partiti della maggioranza per la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge Calderoli sull’autonomia differenziata.

È stata eccezionale la mobilitazione del cosiddetto “campo largo”, che va dai renziani alla sinistra e 5Stelle, per raccogliere oltre un milione e 300 mila firme per presentare la proposta referendaria che tuttavia, secondo i giudici costituzionali, «verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale».

La mobilitazione per un referendum è molto impegnativa perché non è facile convincere il 50% +1 degli elettori a recarsi alle urne per decidere su una materia complessa che ha bisogno di essere semplificata con slogan in grado di andare alla sostanza delle cose, tipo l’allarme lanciato da tempo, ad esempio, dall’economista Gianfranco Viesti sulla  “secessione dei ricchi”, cioè sulla spaccatura definitiva di un Paese che fin dalla sua unità politica sconta un grave squilibrio tra il Nord e il Mezzogiorno.

La Lega di Salvini canta vittoria ma la precedente sentenza n.192/2024 della Consulta, a partire dai  ricorsi avanzati dai presidenti regionali di Toscana, Campania, Puglia e Sardegna, ha già evidenziato 7 profili di incostituzionalità da sanare della cosiddetta legge Calderoli nel segno di un regionalismo solidale e cooperativo.

La battaglia politica sulla questione dell’autonomia differenziata resta dunque nel Parlamento ed eventualmente nelle piazze, invece nelle cabine referendarie che saranno, invece, aperte in una giornata da definire dal 15 aprile al 15 giugno 2025 relativamente ai quesiti sui diritti sociali promossi dalla Cgil e su quello proposto da +Europa e alcune associazioni per dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana.

Su questi temi non esiste affatto una linea condivisa nel centrosinistra allargato che si dividerà in maniera sempre più evidente all’avvicinarsi del voto. A fare la differenza sarà quindi la consistenza reale della società civile organizzata che non coincide affatto con le formazioni politiche presenti in Parlamento. L’obiettivo del quorum dei votanti è difficilmente raggiungibile dalle reti civiche che, pur attive e diffuse, coinvolgono pur sempre un numero limitato di cittadini.

L’unico esempio di forte mobilitazione capace di vincere un referendum senza avere grandi partiti dietro le spalle è stata quella del 2011 sulla gestione pubblica dell’acqua e sull’abrogazione delle norme che prevedevano «la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare».

Una vittoria raggiunta grazie anche al disastro nucleare di Fukushima in Giappone che, come quello del 1986 nella centrale ucraina di Chernobyl, spinse molti elettori a rifiutare le ricorrenti teorie sulla convenienza e sicurezza del nucleare civile come fonte di energia.

La sfida della Cgil, che ha raccolto oltre 4 milioni di firme a sostegno di 4 quesiti referendari, è diretta contro l’insieme delle normative sul lavoro, che vanno sotto la sigla di Jobs act, introdotte in Italia dal governo di centrosinistra guidato dall’allora segretario del Pd, Matteo Renzi.

Inviteranno a non andare a votare non solo i piccoli partiti fondati dallo stesso Renzi e da Carlo Calenda, ma una parte importante dell’area dem come ad esempio la corrente di base riformista e associazioni culturali liberali come Libertà Eguale che si è riunita ad Orvieto il 18 e 19 gennaio 2025. Anche all’interno di Comunità democratica, che si è radunata a Milano il 18 gennaio esprimendo la tradizione popolare dentro il Pd, ci saranno posizioni diverse di fronte ad una questione che appare discriminante sull’identità della sinistra in Italia.

Secondo Rosi Bindi, che è stata presidente del Pd e non ha partecipato all’incontro milanese, non si può usare la radice cattolica per chiedere una svolta “moderata” dentro il partito, anzi quella cultura rimanda ad un movimento radicale nelle scelte sociali.

Il primo quesito proposto dalla Cgil chiede «l’abolizione delle norme che impediscono il rientro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi, con il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori».

Il secondo quesito «l’abrogazione delle norme che facilitano i tagli di posti di lavoro nelle aziende con meno di 16 dipendenti».

La terza proposta punta ad abrogare «le norme che hanno liberalizzato l’utilizzo dei contratti a tempo da parte delle aziende».

Colpisce, infine il sistema degli appalti e subappalti, la richiesta di «abrogazione delle norme che escludono la responsabilità delle aziende committenti, in caso di infortunio e malattia professionale».

Sono questioni comprensibili da tutti, che afferiscono alla vita di ogni giorno di milioni di cittadini, ma che non incontrano il favore di gran parte dei media e del consolidarsi di una cultura diffusa che appare lontana da certe istanze perché ritenute impossibili da attuare nel sistema economico vigente.

Su questi temi del lavoro, tuttavia, è probabile che si andrà a definire la fase costituente del nuovo Pd e quindi della coalizione di centro sinistra, segnando il distacco dalle tesi del congresso del Lingotto di Torino del 2007 che ha condotto progressivamente al Jobs act.

Ovviamente appare controcorrente anche il quesito sull’estensione del diritto di cittadinanza agli stranieri in uno scenario che vede a livello globale un freno all’immigrazione come dimostra la nuova leadership occidentale rappresentata da Trump.

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