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Le carmelitane di Compiègne, storia di una santità comunitaria

di Vittoria Terenzi

- Fonte: Città Nuova

Il martirio delle carmelitane scalze di Compiègne: un esempio di santità comunitaria e speranza cristiana. P. François-Marie Léthel ci spiega come il loro sacrificio ci ricordi che l’amore vince sempre sull’odio.

Foto pexels-mart-production

All’inizio dell’Anno Giubilare 2025, la testimonianza di vita dei Santi e dei Beati traccia un percorso luminoso che invita ad alzare lo sguardo verso il Cielo. Su questa strada risplende l’esempio delle carmelitane scalze di Compiègne, che papa Francesco ha di recente iscritto nel registro dei santi. Per conoscerle un po’ più da vicino, abbiamo intervistato P. François-Marie Léthel, ocd, professore emerito della pontificia facoltà teologica Teresianum in Roma e Consultore del Dicastero per le Cause dei Santi.

Il Papa ha deciso di iscrivere nel registro dei santi le carmelitane scalze di Compiègne. Padre Léthel, può spiegare in cosa consiste questa particolare procedura?

È una procedura particolare che si chiama canonizzazione «equipollente», per autorità del Papa. Non è richiesto il riconoscimento di un miracolo (come per altre canonizzazioni), e non c’è una cerimonia di canonizzazione, ma questa semplice inscrizione nel registro dei santi.

Queste 16 carmelitane di Compiègne, ghigliottinate a Parigi il 17 luglio 1794 in odio della fede cristiana, erano state beatificate come martiri da san Pio X nel 1906. In vista di questa canonizzazione, abbiamo preparato una Positio, cioè un documento di sintesi per dimostrare l’importanza e l’attualità di queste figure di santità, mai dimenticate ma molto presenti nella cultura mondiale, e non solo in Francia. Pensiamo per esempio all’opera teatrale di Georges Bernanos: Il dialogo delle carmelitane. Questa Positio è stata poi esaminata dai Cardinali e Vescovi membri del Dicastero per le Cause dei Santi, che hanno espresso all’unanimità un voto positivo prima dell’approvazione del Papa.

Ci può raccontare qualcosa di questa comunità?

È una buona comunità «normale» di carmelitane, che vivono con semplicità e fedeltà la loro vocazione contemplativa nella clausura, secondo lo stile di vita creato da santa Teresa d’Avila, la Riformatrice del Carmelo nel XVI° secolo, al servizio della Missione della Chiesa nel mondo.

È una comunità che riunisce nell’amore fraterno delle persone provenienti dalle diverse classi della società: nobiltà, borghesia, classe popolare. La priora, Madre Teresa di sant’Agostino (al secolo Marie-Madeleine Claudine Lidoine), viene dalla piccola borghesia abbastanza povera. Così la sua dote è stata pagata grazie all’intervento della Venerabile Madre Teresa di Sant’Agostino, Madame Louise de France, figlia del Re Luigi XV, priora del Carmelo di Saint-Denis. Così, ha voluto riprendere lo stesso nome della sua benefattrice. Ci sono delle anziane e delle giovani. C’è una novizia: Suor Costanza.

Cosa dice la loro vita a noi oggi?

È un messaggio stupendo di santità comunitaria, incoronata dal martirio. Papa Francesco ha molto insistito su questa dimensione comunitaria della santità, nella sua Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate (n. 140-146) e nel suo discorso del 17 novembre 2023 al Dicastero per le Cause dei Santi. La santità cristiana è, infatti, inseparabilmente personale e comunitaria. Gesù è presente nel «castello interiore” della persona che lo ama (cf. Gv 14,23), e nel «castello esteriore» della comunità, «in mezzo» alle persone riunite nel suo nome (cf. Mt 18,20).

Questa tematica è stata molto sviluppata e approfondita dalla Serva di Dio Chiara Lubich. La storia della santità ci mostra come durante le persecuzioni, le comunità vivono l’amore fraterno con una nuova e fortissima intensità. Questo si può vedere in esempi più recenti, come i religiosi e religiose martiri in Algeria, negli anni 1994-1996, ma anche nelle famiglie di martiri come i beati Giuseppe e Vittoria Ulma e i loro 7 figli martiri (il settimo era ancora nel grembo della mamma), uccisi dai nazisti.

In che modo la loro vita donata fino alla fine può essere segno di speranza per noi all’inizio dell’anno giubilare?

Erano vite totalmente donate a Gesù e al prossimo nella semplicità del quotidiano. Poi questo dono ha preso una forma nuova e radicale come accettazione personale e comunitaria del futuro martirio. Possiamo seguire attraverso i documenti le tappe della loro via crucis, come hanno cercato di mantenere la vita fraterna, la preghiera comunitaria, fino al carcere della Conciergerie a Parigi. Due giorni prima del supplizio, hanno cantato insieme un cantico che avevano composto con la musica dell’inno rivoluzionario la Marseillaise, ma con nuove parole: «Il giorno di gloria è arrivato»! Sarà il loro martirio.

Ai piedi della ghigliottina, hanno rinnovato i voti nelle mani della priora, baciando una piccola statua della Madonna, poi, cantando il Veni Creator, sono salite l’una dopo l’altra sul patibolo, cominciando dalla novizia suor Costanza, e terminando con la Priora, una vera Madre che ha sostenuto le sue figlie fino alla fine. Avevano perdonato ai loro uccisori e offrivano le loro vite per la pace e la riconciliazione. Per noi oggi, sono un bellissimo segno di speranza, di come l’Amore vince sempre l’odio. Fanno risplendere, insieme a tutti gli atri martiri, la vittoria di Gesù attraverso la sua Passione e la sua Risurrezione.           

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