Sfoglia la rivista

Cultura > Serie Tv

L’amica geniale, una lettura complessiva

di Edoardo Zaccagnini

Il racconto sullo schermo del bestseller di Elena Ferrante. La vita complessa di due donne, Elena “Lenù” Greco e Raffaella “Lila” Cerullo, dentro i cambiamenti profondi del nostro Paese

Amica geniale. Foto Rai

Cos’è L’amica Geniale, terminata ieri sera su Rai1, dopo quattro potenti stagioni? È il desiderio, tentativo, non sempre capacità, di una donna, Lenù, di entrare nella vita di un’altra donna, Lila. Nei suoi sentimenti, nella sua ricca complessità, nella sua fatica, nella sua intelligenza, nella sua cattiveria e generosità.

È la tendenza indomita, appassionata, di accedere a ciò che di Lila le sfugge, e in parte la ossessiona. Lenù la osserva, da sempre. La studia, le vuole bene, l’ammira, ma è lucida nel descrivere il potere di quell’amica geniale nei suoi confronti. Lo fa mentre Lila osserva lei, la libera e la manipola, o la libera manipolandola. Lenù lo fa mentre porta avanti la sua vita sospesa tra il presente e i richiami continui, indebolenti, ma per certi versi nutrienti, almeno artisticamente, di un passato ingombrante, aspro, pronto a vincere sul resto.

Tanto chiuso in un angolo fermo di mondo, il rione stretto in poche vie, quanto rimbombante dentro di lei. Non conta l’oggettivo avercelo fatta: un libro scritto con successo, i viaggi lontano, le frequentazioni intellettuali, un altro libro – sempre apprezzato – verso la fine di questo lungo viaggio prima letterario e poi televisivo. Il tempo vissuto e quello da vivere non si distaccano mai, in L’amica geniale.

L’esercizio, a volte battaglia, è continuo, obbligatoriamente e faticosamente rinnovato, rinnovabile. Come nella vita, del resto, perché il romanzo alla base di questa ormai portante serie italiana, quello di Elena Ferrante, rende le immagini televisive che dal 2018 ci accompagnano, qualcosa di vistosamente vivo e altro rispetto alle onde continue della fiction popolare. Non che l’amica geniale popolare non lo sia, anzi, lo è tanto per i suoi numeri, per la sua eco, ma lo è diversamente. Lo è autorialmente. È isola lontana dalle altre fiction Rai. Per colori, fotografia, registro, dialoghi, personaggi, sequenze, per il verbale in dialetto napoletano non ripulito, ma radicale e anche violento. È una serie che non teme di entrare nella sofferenza del vivere, nel femminile in particolare, mentre sullo sfondo cammina l’Italia.

Nella quarta stagione, torniamo a Moro, alla stazione di Bologna, al terremoto dell’Irpinia, all’arrivo tragico dell’eroina nelle vene dei giovani, oltre a ritrovare l’Italia in cammino sul piccolo schermo facilmente acceso, o nelle strade del quartiere percorse senza sosta dai diversi modelli di automobili. Costume, ma anche cupezza di fondo, ansiogeno quotidiano che fu, racconto di un contesto estremamente popolare, appunto, remoto dello spazio italiano, angolo di mondo per nulla abbellito, rabbonito, anzi. Perché al di la dello sfondo, entra nelle sfumature nauseanti dell’umano, l’Amica geniale, nelle mediocrità della gente. Nel Sud italiano fragile. Del difficile ieri che rimane ancora oggi.

Unitamente alla sensibilità profonda, coraggiosa, sincera, sofferente dell’io narrante: Lenù, Elena Greco, scrittrice rimasta coi piedi per terra, in una terra polverosa e spesso misera. Vi cammina senza timore di mettere in prosa diaristica i suoi errori, le sue paure, le sue nebbie, i suoi subbi, ma anche i suoi pensieri luminosi, i sollievi, le ripetute ingiustizie subite, piccole e grandi, intime e pubbliche. La sua spontanea e pure inconsapevole forza. Ma lo fa sempre, la serie L’amica geniale, con taglio cinematografico. Del resto dà lì arrivano le sue penne per immagini: i registi Saverio Costanzo, Alice Rohrwacher, Daniele Luchetti, Laura Bispuri. E i tanti attori. Tutti bravi. Davvero. Dal cinema intimo che però, come accade nel finale di questa quarta, intensa, finale e più dolorosa che solare stagione, sa farsi politico, con la denuncia di un sistema locale, ma anche universale, che non produce bene pubblico, ma triste privilegio privato.

Una denuncia che non produce una rivoluzione, ma rimane sospesa tra il mondo fuori e il cuore di queste due donne tenaci, Lenù e Lila, di fatti inseparabili, capaci di rispondere ai colpi subiti rimanendo in piedi, con gli occhi aperti, pieni di emozioni, in faccia a una realtà mai facile per loro. E per altre donne, e altre persone, come loro.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

 

Riproduzione riservata ©

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876