Sinodo, la missione nell’ambiente digitale

Intervista alla camerunense Marcelle Momha, analista di politica tecnologica
Foto Pexels

Sono molte le proposte emerse dall’ultimo Sinodo sulla sinodalità. Papa Francesco vuole esaminarne in particolare 10: tra queste, “La missione nell’ambiente digitale”. Marcelle Momha, una giovane camerunense che vive negli Stati Uniti, è analista di politica tecnologica e di ricerca specializzata in Intelligenza Artificiale (IA), tecnologie emergenti e sicurezza informatica.

Marcelle Momha – foto L. Mugombozi

Il Sinodo considera l’ambito digitale come una “dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea”. Che cosa significa per lei?

Comprendere la cultura digitale come parte dell’evangelizzazione e coinvolgere le giovani generazioni della Chiesa nello svolgimento di questa missione è fondamentale. In relazione alla mia ricerca e al mio lavoro personale, nel mio piccolo, capisco chiaramente che nella prospettiva della “Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, l’Artificial Intelligence Literacy (alfabetizzazione sull’Intelligenza Artificiale) è oggi una componente essenziale della più ampia alfabetizzazione digitale. In un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici, l’IA è emersa come uno degli strumenti più potenti potenzialmente in grado di trasformare le società. I vantaggi e i benefici di questo strumento sono immensi. Tuttavia, le sue implicazioni etiche rimangono oggetto di un intenso dibattito. Di recente sono entrata a far parte di una vivace comunità di leader aziendali, scienziati dei dati, costruttori tecnici e ricercatori all’avanguardia che si dedicano a sfruttare il potere di trasformazione dell’IA a beneficio dell’umanità, riducendo al minimo il suo potenziale impatto negativo. Contribuisco allo sviluppo di un Responsible IA Toolkit, una guida pratica per incorporare sei pilastri fondamentali nel tessuto dei progetti e delle operazioni di IA: trasparenza, equità, responsabilità, privacy, sostenibilità, sicurezza e protezione. Come cristiana, questo sforzo è parte integrante del mio impegno per riconciliare e incorporare i valori nella tecnologia. Mi sento in sintonia con la relazione di sintesi sinodale e sono profondamente grata allo Spirito Santo per la guida della Chiesa in tutte le epoche storiche. Come giovane donna, coinvolta in queste tematiche, questo accorato appello non potrebbe essere più tempestivo: oggi lo spazio digitale è parte integrante della vita della nostra missione.

Il Sinodo propone un discernimento su come essere coinvolti nel contribuire a rendere il mondo online “sicuro”, evidenziando i pericoli di intimidazione, disinformazione, esclusione e sfruttamento.

Come ho accennato prima, le applicazioni dell’IA (che vanno ben oltre l’IA generativa più nota al pubblico: quella in grado di creare nuovi contenuti e idee, tra cui conversazioni, storie, immagini, video e musica) hanno permesso notevoli evoluzioni in diversi ambiti umani e scientifici, a partire dalla nostra vita quotidiana. Ma c’è senza dubbio anche l’altra faccia della medaglia. Parliamo ad esempio delle disuguaglianze. Come ha sottolineato il vicesegretario generale delle Nazioni Unite nel 2021, il divario digitale sta diventando il “nuovo volto della disuguaglianza” e l’IA potrebbe esacerbare questa tendenza. Le nazioni impoverite e le comunità emarginate dispongono di risorse limitate (in relazione a infrastrutture per i dati, accesso alla banda larga, tecnologie adeguate, efficienza energetica, ecc.). Questo li rende svantaggiati nella corsa globale e suscettibili di sfruttamento. I pregiudizi diffusi nei dati di addestramento dell’IA aumentano la loro vulnerabilità, riflettendo modelli discriminatori.

Quindi, le comunità che non dispongono di risorse adeguate non possono partecipare, non possono portare al tavolo il loro know-how, i loro doni. Come possono sentirsi inviate in missione?

È essenziale che l’IA, come qualsiasi altra tecnologia, diventi più inclusiva, esprima accuratamente e abbracci la diversità di persone, culture e opinioni in tutto il mondo. Si discute molto anche delle potenziali minacce che l’IA pone alla pace globale e allo sviluppo umano. Papa Francesco ne ha parlato nel suo ultimo messaggio per la Giornata mondiale della pace, il 1° gennaio 2024. Sono fermamente convinta che si debba adottare un duplice approccio, dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, per affrontare queste preoccupazioni. Oltre all’adozione di strategie di governance nazionali e internazionali, all’impegno delle aziende, IA quadri normativi, alle norme e agli standard, si dovrebbe investire in modo significativo in alfabetizzazione ed educazione sull’IA (IA Literacy and Education).

Come può la Chiesa rendere l’ambito digitale e l’IA in particolare “spiritualmente vivificante”?

Sicuramente incoraggiando l’alfabetizzazione sull’IA e l’accesso alla tecnologia! L’IA Literacy and Education mette gli individui in grado di comprendere e valutare gli impatti dell’IA, consentendo scelte informate. Coltiva le capacità di pensiero critico per discernere le informazioni affidabili sull’IA dalla disinformazione o dIA deep fakes, false impostazioni, migliorando il discorso pubblico e le decisioni politiche. Le iniziative che affrontano i pregiudizi e la discriminazione algoritmica attraverso l’educazione sono essenziali per promuovere una cittadinanza responsabile e ridurre i divari digitali.

Se i cristiani di tutto il mondo vengono istruiti a usare correttamente l’IA, è probabile che la utilizzeranno per il bene comune.

Per questo motivo sostengo lo sviluppo di programmi e formazioni completi che siano in linea con la rivoluzione tecnologica, perché oggi si parla solo di IA ma c’è molto di più: realtà aumentata e virtuale immersiva, Metaverso, gemelli digitali, iper-automazione, ecc. Possiamo e dobbiamo aiutare le persone a prepararsi e ad accogliere responsabilmente questi cambiamenti. E, come dice spesso Papa Francesco, ricordiamoci che tutti questi ambiti possono essere spazi “ricchi di umanità”, dove possiamo testimoniare la nostra fede e dove possiamo ricevere doni dagli altri; spazi dove possiamo davvero imparare a camminare insieme, come Chiesa sinodale.

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