Il 28 maggio, in coincidenza con il 50° anniversario della costituzione di Ecowas, Bola Ahmed Tinubu, presidente della Nigeria e presidente dell’Autorità dei capi di Stato e di governo della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ha riconosciuto che “oggi il blocco [la Comunità Ecowas] rappresenta un faro di integrazione economica, facilitando la libera circolazione e il commercio senza dazi doganali e consentendo la creazione di un mercato da 700 miliardi di dollari”. Tuttavia, ha proseguito, “mentre celebriamo questo traguardo, l’Ecowas si trova ad affrontare la sua prova più grande”.
La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale sta attualmente affrontando crescenti minacce provenienti dal terrorismo, dai cambiamenti climatici, dai colpi di Stato militari e dalla povertà, come affermato dal suo funzionario di più alto rango: “A gennaio, Mali, Niger e Burkina Faso hanno formalmente lasciato l’Ecowas dopo essere stati sospesi dal blocco a causa dei colpi di Stato militari che hanno rovesciato i loro governi democratici. La loro decisione di formare l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), piuttosto che lavorare per rientrare nell’Ecowas, è un chiaro segnale della necessità di una riforma del blocco”.
Fondata nel 1975, l’Ecowas era stata originariamente concepita come un’iniziativa economica. Sebbene i confini fossero stati definiti dalle potenze coloniali, gli abitanti dell’Africa occidentale hanno storicamente condiviso tradizioni, lingue e commerci che vanno oltre quelle divisioni arbitrarie. “I nostri padri fondatori lo hanno riconosciuto e, negli anni successivi all’indipendenza, hanno creato un trattato che riflette la realtà vissuta dal nostro popolo, eliminando progressivamente gli ostacoli alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali”, ha affermato il presidente Tinubu.
Le giunte militari dei tre Stati membri fondatori (Burkina Faso, Mali e Niger) hanno deciso di separarsi dall’organizzazione, sostenendo che non è più in linea con i loro interessi. Queste nazioni hanno creato una propria Alleanza e una Confederazione indipendente.
Nel suo discorso durante le commemorazioni per il 50°, il presidente Tinubu ha affermato con una certa tristezza che “nel corso del tempo, la promozione delle regole democratiche è diventata un pilastro fondamentale dell’Ecowas. Oggi, questo è al centro della divisione tra il blocco e l’Aes”.
L’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes) è composta dai tre paesi: Burkina Faso, Mali e Niger. L’uscita di queste nazioni, tutte sotto regime militare, da Ecowas è avvenuta il 29 gennaio 2025 segnando un cambiamento significativo nelle dinamiche regionali.
“Dopotutto, la rottura non è stata così definitiva come suggerivano i titoli dei giornali”, ha affermato il presidente Tinubu. Nonostante il ritiro, “Ecowas mantiene l’esenzione dal visto e il commercio senza dazi doganali attraverso i suoi confini con Mali, Niger e Burkina Faso, anche se l’Aes impone dazi sui beni [importati] da Ecowas. I loro cittadini non detengono il potere e non dovrebbero sostenere i costi”.
Il presidente della commissione di Ecowas, Omar Alieu Touray, ha indicato che la Comunità occidentale persisterà nei suoi sforzi di collaborazione con i tre paesi. Sottolineando le argomentazioni avanzate dal blocco, il presidente ha affermato nel suo discorso che Ecowas cercherà di comprendere e affrontare le questioni sollevate dai tre paesi. In primo luogo, i paesi dell’Aes sostengono che Ecowas non abbia sostenuto adeguatamente la lotta contro l’insurrezione jihadista nel Sahel, regione dove ci sono state più della metà delle vittime del terrorismo globale. In effetti, il crollo della sicurezza sotto i predecessori democratici dei militari golpisti, con la perdita di ampie zone di territorio a favore dei militanti jihadisti, ha fornito le premesse per i recenti colpi di stato militari.
In secondo luogo, accusano l’Ecowas di essere caduta sotto l’influenza delle ex potenze coloniali. Prima che i paesi dell’Aes si allontanassero, 8 dei 15 Stati erano francofoni e per anni la Francia ha molto influenzato gli sforzi antiterrorismo nel Sahel. Ora, i paesi dell’Aes sostengono che la loro uscita dal blocco era necessaria per difendere la sovranità nazionale.
Tuttavia, Touray sottolinea, da parte sua che: “Allontanarsi da una più ampia collaborazione regionale non proteggerà la sovranità, ma aprirà solo la porta all’influenza esterna. La regione deve invece guardare al suo interno, alla nostra promessa originaria: soluzioni africane per le sfide africane”.
Esaminando più da vicino le sfide alla sicurezza, Touray ha aggiunto che «storicamente, gli sforzi dell’Ecowas in materia di sicurezza si sono concentrati sulle guerre civili e sulle transizioni post-colpo di Stato, come quelle in Liberia, Sierra Leone e Gambia. Questo approccio ristretto deve evolversi per affrontare minacce asimmetriche, tra cui il jihadismo militante». Oggi i jihadisti si ritirano oltre confine per sfuggire alle pressioni e riorganizzarsi, rendendo essenziale una rinnovata collaborazione transfrontaliera.
L’Ecowas, che si trova in una posizione privilegiata per affrontare il terrorismo, ha già iniziato ad affrontare questa sfida, «tuttavia, la forza sarà più debole senza i tre Stati del Sahel». Questi ultimi rimangono fondamentali per qualsiasi risposta significativa. “Al di fuori del quadro dell’Ecowas, i paesi dell’Aes avranno una capacità limitata di anticipare, monitorare e rispondere agli attacchi con lo stesso livello di coordinamento. Sebbene l’Aes abbia proposto una propria alleanza di sicurezza, la minaccia non si ferma ai loro confini. Senza uno sforzo congiunto per contenerla su tutti i fronti, il flagello persisterà”. Ecowas spera in un rapido ritorno degli Stati dell’Aes: “per rafforzare la nostra posizione di sicurezza collettiva, dobbiamo anche essere pragmatici. I due gruppi dovrebbero mettere in atto per intanto un meccanismo temporaneo per consentire la condivisione di informazioni e il coordinamento operativo”.
In conclusione, Touray sostiene che “i valori fondamentali dell’Ecowas, in particolare la democrazia, devono perdurare”. La strada per tornare all’unità dell’Ecowas passa attraverso la sicurezza, ma anche attraverso le urne. “Se i leader militari rivendicano la legittimità popolare, allora dovrebbero metterla alla prova alle urne. La sicurezza è il primo dovere di qualsiasi Stato e nei paesi dell’Aes, dove l’instabilità persiste da anni, le amministrazioni che riescono a ristabilire l’ordine saranno probabilmente ricompensate quando le elezioni diventeranno praticabili. La loro migliore possibilità di garantire quella sicurezza a lungo sfuggente risiede nella cooperazione con l’Ecowas”.