“Las pandillas” chiedono la parola

L'Honduras è uno dei Paesi più pericolosi al mondo, una speranza viene dalla volontà delle bande delinquenziali  di aprire una tregua e un dialogo con le autorità
Honduras

Il vescovo Romulo Emiliani lo aveva annunciato tre giorni prima: le bande delinquenziali locali hanno deciso di deporre le armi e mettere un freno alla macchina della morte che loro stessi avevano costruito. L’esempio del vicino El Salvador, dove la cosiddetta tregua ha permesso di “risparmiare” migliaia di vite umane, e forse ancor più l’esempio dello stesso monsignor Emiliani in favore dei carcerati honduregni, hanno influito sulla decisione.

La dichiarazione è stata rilasciata separatamente da due portavoce della M13 e M18, le due bande più conosciute, nel carcere di massima sicurezza di San Pedro, a 240 chilometri a nord della capitale Tegucigalpa, scenario di una violenta rivolta e di un successivo incendio che provocò la morte di 104 reclusi, nel 2004. I portavoce riconoscono che le loro azioni hanno raggiunto livelli insopportabili di morte e destabilizzazione della società, e chiedono perciò perdono alla popolazione e promettono di interrompere l’attività criminale con cui da tempo terrorizzano la gente. Chiedono altresì allo Stato di essere riconosciuti come interlocutori validi e che si dia loro opportunità di lavoro con programmi d’inserzione sociale per i membri non sottoposti a condanna.

Il presidente Lobos ha accolto con favore l’offerta delle bande e ha ringraziato il vescovo per l’efficace mediazione di cui continuerà a valersi insieme al segretario di Seguridad Multidimensional de la Organización de Estados Americanos (Oea), Adam Blackwell, che è già al lavoro nella redazione di un documento che fissi le regole e i  mezzi per rendere possibile il raggiungimento della conciliazione sociale. In un anno elettorale come questo, qualsiasi notizia che dia un po’ di speranza è benvenuta.

Il flagello delle bande (maras in Salvador, pandillas in Honduras, termine quest’ultimo usato anche in Italia  per indicare certe bande criminali formate da immigrati sudamericani) non è l’unico responsabile della violenza. Ad esse si aggiungono le organizzazioni criminali dedite al traffico della droga. Si calcola che l’80 per cento di quella che fluisce verso gli Stati Uniti passa dall’Honduras, che da anni detiene tra l’altro il record di Paese più violento al mondo con una media di venti omicidi al giorno. Gli Stati Uniti collaborano con tecnologia e apparecchiature per intercettare spostamenti e carichi sopetti. Finanziano anche parte degli sforzi del governo per frenare il traffico di droga.

L’iniziativa presa in Honduras potrebbe dare nuovo vigore alla tregua salvadoregna, che dopo 15 mesi dal suo inizio recentemente è stata minata da forti critiche sulla sua reale efficacia. La Corte costituzionale del Salvador recentemente ha dichiarato illegale  la nomina a ministro della Sicurezza interna di un ex militare, Munguia Payes, che era stato il mentore, assieme a un ex guerrigliero e un vescovo cattolico, del processo di riconciliazione e pacificazione in corso. Il nuovo ministro ha dichiarato che continuerà nell’iniziativa, sostenendola apertamente, ma senza concessioni alla delinquenza.

In Honduras è stato introdotto un nuovo elemento, quello del dialogo istituzionale accettato dallo Stato, che tuttavia è visto da alcuni settori della società e della politica come pericoloso. Anche se per i più, la medicina ha delle controindicazioni ma serve a guarire.

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