Lutti complicati

La perdita di un familiare o la separazione innescano vissuti analoghi ed emotivamente complessi che possiamo imparare ad affrontare
lutti
(foto Pixabay)

L’esperienza della perdita di un familiare come un partner, un genitore o una persona intima è un evento critico che fa parte della vita e allo stesso tempo alle volte possono diventare lutti complicati”. Simbolicamente anche la separazione da un partner, la chiusura di una relazione, può essere un lutto da elaborare e assume delle sfaccettature molto simili. Alcuni ricercatori affermano che il lutto complicato può svilupparsi a causa dell’incapacità di tollerare la rottura del legame, ed è qualcosa che deriva dalla storia affettiva precedentemente vissuta.

È frequente che la persona in lutto tende a rimproverarsi per essere stato incapace di prevenire la perdita della persona che amava. La morte può essere anche pensata come un’esperienza di fallimento nel prendersi cura, può portare alla sensazione di essere dei falliti, a pensieri di critica per sé stessi e a sviluppare la cosiddetta “colpa del sopravvissuto”. Quando non si è in grado di accettare questo evento critico e di tornare ad affrontare i compiti della vita quotidiana, si è di fronte a un lutto “complicato” in cui si cerca di negare, reprimere o evitare alcuni aspetti connessi alla perdita e a ciò che comporta; ci si aggrappa alla persona che è venuta a mancare, mostrandosi incapace di rinunciare a lei.

Roger Solomon, psicologo clinico esperto nel campo del lutto e dei disturbi post-traumatici, osserva che la presenza del pensiero “ormai l’ho perso per sempre” può portare a sentirsi sopraffatti; è importante ricordare che tali pensieri affondano le proprie radici nella storia di attaccamento (le relazioni d’accudimento nei primi anni di vita). Il doloroso vissuto dell’attraversamento di un lutto spesso è caratterizzato dal desiderio di ritrovare un senso di connessione con chi non c’è più, ristabilire la prossimità con la persona amata, sperimentando in questo modo un’intensa nostalgia. Il lutto evoca in larga parte le stesse reazioni che accompagnano la separazione da una figura di attaccamento durante l’infanzia. Solomon sostiene che è possibile che quest’ultima rappresenti per l’individuo una sorta di specchio in cui trovare il proprio senso di identità, di significato e sicurezza, e che dunque la perdita di legame e il vuoto che comporta vengano esperiti come sopraffacenti e impossibili da tollerare. Il modo in cui rispondiamo alla morte di una figura di attaccamento dipende dall’attivazione di parti molto profonde di noi stessi, il lutto dunque può evocare emozioni e risposte che accompagnano la separazione dal caregiver (chi si prende cura del bambino) nei primi anni di vita (come quando un genitore si allontanava).

È possibile superare e attraversare tutto questo risanando le ferite profonde, in spazi sicuri, come può essere quello della psicoterapia, ritrovando fiducia nei legami affettivi più forti che hanno costellato la nostra vita, rintracciando dentro di noi quella speranza fiduciosa che può riaffiorare. Chi ha strutturato da piccolo un legame di attaccamento “sicuro”, di fiducia verso gli altri e verso sé stesso, viene sicuramente colpito e rattristato dalla perdita di una persona amata; tuttavia, avrà probabilmente minori difficoltà nell’elaborazione. La presenza di un senso di sicurezza interno aiuta, infatti, la riorganizzazione delle rappresentazioni di sé e dell’altro e favorisce un buon adattamento alla perdita. Si può ricordare la persona amata e pensare ad essa senza esperire emozioni soverchianti, accettando il proprio dolore si può parlare della perdita in un modo sereno. Un vecchio detto dice: «il tempo guarisce tutte le ferite», aggiungerei: il tempo guarisce tutte le ferite, se in questo tempo attraversiamo il dolore e ritroviamo un nuovo senso.

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