12 mila ettari di boschi in fiamme in Calabria, di cui 7.500 nel solo Aspromonte, il massiccio boschivo più noto della regione (insieme alla Sila). La bellezza di quei luoghi selvaggi e, in parte, ancora incontaminati, il panorama mozzafiato di Montalto, la sua vetta capace di allargare lo sguardo sui due mari, Ionio e Tirreno, sono stati artigliati dalle fiamme che si sono sviluppate ed hanno divorato i boschi più belli. Persino il santuario della Madonna di Polsi, meta di forte devozione mariana, è stato circondato dalle fiamme e, a lungo, irraggiungibile.
Dalla Calabria alla Sicilia. A fine luglio erano andati a fuoco circa 20 mila ettari di bosco nelle Madonie. Le fiamme, nei giorni successivi, non hanno risparmiato le zone interne nei pressi di Enna, ampie zone boschive sull’Etna, nei pressi di Belpasso, il parco di Calaforno, nei pressi di Giarratana, nel ragusano.
E poi la Sardegna, la prima e più grande emergenza di queste ultime settimane di caldo estivo. Nell’ultima decade di luglio, le fiamme hanno avviluppato le zone della Gallura, dell’Ogliastra, del Campidano, delle province di Nuoro e Oristano e ora anche del sud della Sardegna. Più di 20 mila ettari distrutti, insireme ad aziende ed attività produttive, uliveti e colture di vario tipo. Alcuni piccoli comuni (Santu Lussuirgiu,Cuglieri, Sennariolo, Porto Alabe) sono stati persino evacuati. Il presidente della Regione, Christian Solinas, ha chiesto che una quota dei fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sia destinata alla Sardegna per la ripresa economica e per un grande piano di riforestazione. Gli incendi sono ripresi con forza dopo ferragosto, soprattutto nella zona di Oristano.
Nel Lazio, è stato appiccato un incendio anche alla residenza estiva del presidente della Repubblica a Castelporziano. I roghi sono stati notati da alcuni cittadini che hanno avvisato i vigili del fuoco. Mattarella li ha ringraziati, condannando nuovamente chi commette tali gesti criminali.
Quali le cause di tutto questo scempio? I cambiamenti climatici che stravolgono le stagioni sono incriminati. I temporali al nNord fanno da contraltare alle alte temperature ed all’arsura delle regioni del Sud. In Sicilia, in alcune zone, non piove da quattro o cinque mesi. Ma sono sotto accusa soprattutto i piromani: vandali di ogni tipo, pastori, volontari di Protezione civile e vigili del fuoco, sono tra i possibili colpevoli. Ma in un territorio così fragile, incapace di difendersi dal fuoco e che sta pagando un prezzo altissimo, c’è da interrogarsi anche sulle modalità di gestione del territorio e di difesa dai rischi. I boschi devono essere tutelati . Necessario quindi rivedere gli assetti, i corridoi per favorire gli interventi dei vigili del fuoco, necessario rivedere il lavoro e l’impegno dei tanti, forse troppi, forestali in Sicilia e Calabria.
In Sicilia, nei giorni scorsi, sono stati arrestati due pastori che parlavano al telefono di roghi già accesi e progettavano nuovi incendi nella zona di Buccheri, nell’entroterra siracusano. L’impressione però è che l’azione dei pastori, desiderosi di strappare nuovi pascoli alle colture, sia ormai solo un fenomeno marginale. C’è altro e ci sono altri interessi dietro i roghi, c’è il desiderio di lucro della criminalità organizzata e persino i probabili interessi legati al fotovoltaico, come si ipotizza in alcune aree del catanese.
Forse non c’è una causa sola, un solo disegno criminale. Ci sono delle concause, di certo serve un unico piano per arginare le fiamme. In pochi anni sono andati in fumo i boschi più belli del Sud. Non si può più pensare che sia solo un caso, o una disgrazia. Gli incendi sono quasi un fenomeno annunciato, previsto. È necessario prevedere anche gli interventi di contenimento e di difesa.
Bisogna comprendere come prevenire in futuro altri incendi di simile portata. La priorità è salvaguardare il Paese anche per le prossime generazioni.