Sarà giunto il momento di gravare con una tassa i patrimoni dei super ricchi? In America Latina sempre più economisti ne sono convinti.
La pandemia sta rivelando l’incremento di un mostruoso divario sociale tra ricchi e poveri nella regione, che non è la più povera del mondo quanto la più disuguale. È così sproporzionata la distribuzione del reddito – l’1% più ricco controlla tra il 20 e il 40% del totale – da mostrare con chiarezza che si è ricchi sulle spalle dei poveri. Una delle maggiori evidenze in merito la sottolinea la Cepal (Commissione economica per l’America Latina delle Nazioni Unite) quando segnala che i ricchi pagano pochissime tasse sul loro patrimonio, tra il 4% ed il 6% in media, ma con punte avanzate di appena l’1% in certi Paesi, come il Guatemala.
Nel caso del Cile, il Sii (Sistema di imposte interne) stima che 21 miliardi di dollari l’anno sono evasi o elusi dal sistema tributario grazie a complessi meccanismi finanziari. I grandi gruppi acquistano “scatole vuote”, aziende inattive o già chiuse, sulle quali fanno convergere i loro capitali per poi includerli tra le “perdite” di gestione dell’azienda e così evitare di pagare le tasse. Il tutto condotto seguendo alla lettera le norme di legge. Se si considera che il bilancio dello stato cileno è di circa 70 miliardi di dollari l’anno, l’entità di queste manovre evasive ed elusive equivale al 30% delle entrate pubbliche.
La ong Oxfam fa sapere che dall’inizio della pandemia 73 miliardari latinoamericani hanno visto crescere la loro fortuna per oltre 48 miliardi di dollari. Di quasi la metà di questo incremento hanno beneficiato 42 miliardari del Brasile. Anche la rivista Forbes conferma che ai super ricchi le cose vanno proprio bene. La fortuna di Carlos Slim, l’uomo più ricco del Messico, è lievitata del 48%. La cilena Iris Fontbona ha più che raddoppiato il suo patrimonio, che da circa 10 miliardi di dollari è aumentato fino a 22 miliardi. Il suo connazionale Julio Ponce Lerou, del gruppo Sqm, ha triplicato la sua richezza, da 1,7 a 4,7 miliardi. In confronto il presidente cileno Sebastián Piñera quasi sfigura: il suo patrimonio è cresciuto di “appena” 300 milioni di dollari.
È esattamente il contrario di ciò che è accaduto a 22 milioni di latinoamericani che, stando alla Cepal, hanno ingrossato le file dei poveri, avendo perduto il lavoro o ritrovandosi precarizzati per l’impossibilità di uscire di casa per le frequenti chiusure decretate dai governi a causa del Covid. La metà dei lavoratori della regione svolge attività informali e campa alla giornata. Nella periferia di Lima, in Perù, crescono le baraccopoli in cui si stanno trasferendo i nuovi poveri, persone che non sono più in condizione di pagare l’affitto di casa.
Se non si mette mano a come è ripartito il peso del prelievo fiscale tali sperequazioni potranno solo aumentare. In America Latina metà delle entrate statali dipende da imposte come l’Iva, che si abbattono su ricchi e poveri senza distinzione. E se nei paesi dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo) le tasse sui grandi patrimoni rappresentano l’8,3% del Pil, in America Latina pesano solo per l’1,8%.
È dunque urgente intervenire nei meccanismi di ridistribuzione del reddito. Ma questo suppone sempre una logica ed uno spirito, non solo misure tecniche. Si è detto e ripetuto che da questa crisi sanitaria, economica e sociale ne usciamo insieme, non da soli. Questo significa che insieme non solo ci tocca ricostruire il tessuto sociale sul quale si fonda la convivenza sociale, ma anche farci carico delle spese di questo dramma, quale primo gesto di solidarietà e di contributo al bene comune. U
na volta superata l’emergenza, lo spirito adeguato sarà quello di contribuire in modo proporzionale allo sviluppo di tutte le persone e di tutta la persona. Per una volta, persino il Fondo monetario internazionale conferma che la soluzione non è l’austerità, ma nuove risorse prelevate da coloro che sono più abbienti. Anche in Cile, uno dei “campioni” della disuguaglianza, il Congresso è al lavoro per imporre una tassa ai grandi patrimoni, una tantum.
Ma perché l’effetto di nuovi e più giusti prelievi fiscali sia completo, c’è bisogno che lo Stato li traduca in servizi più efficienti ed accessibili. Primo tra tutti, un sistema sanitario decente ed universale che non si basi sull’idea del lucro.