Wonder, un film che fa bene a tutti

Nelle sale dal 21 dicembre, continua il successo di questo film diretto da Stephen Chbosky, che vede protagonista un bambino nato con una grave anomalia fisica, che affronta per la prima volta la scuola, col sostegno della sua famiglia speciale.

«Dietro la bellezza c’è tanto lavoro», dice a un certo punto il piccolo Auggie Pullman, il bambino protagonista del toccante Wonder di Stephen Chbosky:  uno dei quei film per ragazzi che fanno benissimo anche ai grandi e finiscono per commuoverli.

È vero, c’è un lavoro di gruppo dietro la commovente bellezza di Auggie, dietro l’equilibrio tra la forza e la tenerezza di questo ragazzino segnato dalle difficoltà e dalla sofferenza. Ci sono relazioni umane sane dietro i suoi dieci anni di resilienza alimentata con la fantasia e il pensiero magico. C’è un grande amore di partenza dietro la maturata saggezza di questo bimbo, nato con una grave anomalia cranico facciale.

Ci sono una madre che ha messo da parte – a tempo indeterminato – i suoi progetti professionali per stare accanto al figlio, un padre attento e presente col sorriso e con l’ascolto, una sorella che ha accettato – non senza quotidiana fatica – di concedere precedenza affettiva al fratellino così esposto alla fatica, e anche al dolore.

Auggie non è andato a scuola, fino ad oggi, per le tante operazioni subite e per la paura dei genitori di gettarlo dentro la superficialità e l’egoismo del mondo. Mamma Isabel (che brava Julia Roberts nel film…) gli ha fatto da maestra a domicilio, ma ora, all’alba dell’adolescenza, è arrivato per Auggie il tempo di lasciare il porto, per evitare il naufragio più terribile: quello di rimanerci chiuso a vita.

Via l’amato casco da astronauta: prezioso nascondiglio, ma anche potenziale pericolosa prigione. La luce e il buio delle relazioni umane sono lì ad attendere il ragazzo, spaurito, forse non quanto suo papà e sua mamma. Davanti a lui la scuola: microcosmo popolato da comportamenti ed emozioni da ripudiare oppure da imitare, da fuggire oppure da abbracciare felicemente. Impossibili da schivare, in ogni caso, e infatti Auggie assaggia la violenza di chi adopera la diversità per sfogare il proprio disagio – leggasi bullismo –  ed esulta per la dolcezza di chi accoglie la differenza e la fragilità dell’altro, per esaltare la propria sensibilità e incontrare una gran pace.

Grazie al lavoro di un girotondo vivo e pulsante – la scuola di Wonder funziona eccome – egli riesce prima a scoprire e poi ad esprimere la sua bellezza, o forse prima a vivere e quindi a prendere coscienza dei suoi grandi doni, finendo per irradiare fiducia, e appunto bellezza, in chiunque incontri. «La grandezza non risiede nell’essere forti, ma nel buon uso della forza», spiega un preside eccezionale descrivendo Auggie, il cui viso a prima vista rapisce tutti, come dice lui stesso: «gli altri mi fissano senza dire nulla»; ma quando fiorisce una relazione, quel viso irregolare e segnato da lunghe cicatrici quasi scompare, diventa dettaglio tra le tante facce interiori di Auggie.

Emergono i lineamenti morbidi della sua anima: intelligenza, simpatia, passione per la scienza, voglia di vivere e socializzare, di giocare normalmente. Un cuore speciale, il suo, e insieme cosi uguale a quello di chi voglia cogliere la più profonda gioia dello stare al mondo: amare e essere amati. Tra le parole chiave di Wonder – tratto dal  romanzo omonimo di R. J. Palacio – spunta il termine gentilezza. «Se potete scegliere tra l’essere giusti e l’essere gentili – spiega l’insegnante a tutta la classe – siate gentili».

Forse perché giustizia è una parola importantissima, ma anche fredda, che non danza con il vocabolo umanità, mentre gentilezza è una parola calda, di relazione, di attenzione all’altro, di offerta e gratuità. Da quella lezione, una bambina indecisa su che strada prendere, la piccola Summer, sorride e prende la rincorsa verso un nuovo amico: quell’Auggie facilmente falciato dalle parole sbagliate che anche ai giusti possono scappare – per la superficialità di cui tutti cadiamo vittime -, ma capace di rialzarsi e meravigliarsi ogni volta nuovamente, contagiando il prossimo fino ad allargare le sue mappe mentali, ampliando il suo orizzonte. Wonder, appunto, in sala dal 21 dicembre, ma ancora in grado di farsi acchiappare, e di acchiappare a sua volta il nostro cuore, allargandolo.

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