Weekend di mostre fotografiche

Una carrellata di interessanti esposizioni in giro per l'Italia
mostre fotografiche

Steve McCurry. Texture.  Considerato, da oltre 30 anni, una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea, Steve McCurry nei suoi lavori racconta di conflitti, di culture in via di sparizione, di tradizioni antiche e di tendenze contemporanee, mantenendo sempre centrale l’elemento umano, come dimostra la sua foto più famosa: la ragazza afgana. All’interno del percorso espositivo della mostra “Texture”, le storie racchiuse negli scatti di McCurry trovano un originale spunto di riflessione, che svela il rapporto intrinseco tra l’essere umano e il modo di vestire, acconciarsi e apparire. Il nome della mostra, infatti, riprende il senso etimologico della parola texture, derivante dal latino textus, che significa “narrazione” ma anche “tessuto”. Le foto si accompagnano a vetrine che racchiudono preziose memorie della collezione Antonio Ratti, imprenditore e mecenate visionario: carte tecniche relative alla produzione tessile, antichi velluti e damaschi cinesi, pannelli ricamati della cultura kuba del Congo, matrici di stampa a riserva giapponesi, velluti turchi, tessuti ikat dell’Asia centrale, coloratissimi indumenti provenienti dal centro America ed una sezione significativa di sete settecentesche europee. Le molteplici suggestioni trovano un punto di incontro con la storia della peculiare location, il Filatoio di Caraglio, uno dei più antichi setifici d’Europa, che offre uno spazio magico, con la sua storica architettura di memoria industriale e le riproduzioni dei macchinari da tessitura. Steve McCurry. Texture”.  A Caraglio, Cuneo, Filatoio di Caraglio, fino al 29 gennaio 2023.

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William Klein e Plinio De Martiis Il progetto che presenta un inedito accostamento tra William Klein, acclamato fotografo di fama mondiale recentemente scomparso, e Plinio De Martiis, leggendario gallerista romano e fotografo, indaga alcuni aspetti della Roma degli anni Cinquanta, in particolare la vita nelle sue periferie, attraverso lo sguardo dei due autori, entrambi sensibili, seppure in maniera diversa, alla condizione umana. Le foto di William Klein (New York 1926-Parigi 2022), artista, pittore, fotografo, regista, tra le personalità più innovative della fotografia internazionale, sono gli scatti più rappresentativi del celebre libro Rome + Klein pubblicato nel 1959 con i testi di Pier Paolo Pasolini (edito da Contrasto in una nuova edizione). Le immagini nascono da un suo intenso soggiorno romano del 1956 quando, giovane artista alle prime armi, si muoveva per la città al seguito di Federico Fellini, di Pasolini e dei loro amici. Klein vede gli antichi monumenti, trascorre le domeniche a Ostia, capisce la crisi degli alloggi e la periferia che avanza. Nelle sue immagini avvertiamo la meraviglia di un ragazzo americano che scoprendo una città bellissima e complessa, scopre anche il suo talento e la capacità di diventare un grande fotografo. Plinio De Martiis, giovane, ma già navigato intellettuale, segue la strada indicata da Gramsci, deciso a dare al suo lavoro una funzione politica. Tra il 1951 e il 1953 la Roma che sceglie di fotografare è quella dei mestieri più umili, delle case povere e fatiscenti del centro storico, delle baracche disseminate nelle periferie. È il primo che si spinge fin là a documentare come vive la gente. La meraviglia delle sue immagini è nella totale assenza di retorica e di veli ideologici. “William Klein ROMA Plinio De Martiis”, a Roma, Mattatoio, fino al 26 febbraio 2023

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Picasso e Guernica Un omaggio al celebre quadro “Guernica” di Pablo Picasso, un’opera testimone della sua epoca, ma portatrice di un messaggio universale, ancora oggi tragicamente attuale. Un inno contro l’orrore di tutte le guerre. A settant’anni dalla storica esposizione al Palazzo Reale di Milano del 1953, il museo nuorese celebra il passaggio italiano di Guernica, simbolicamente e artisticamente fondamentale per una generazione di artisti, di critici d’arte e di cittadini italiani. L’omaggio nuorese si suddivide in due sezioni principali: l’eco di Guernica nella produzione artistica di Picasso e il racconto della genesi dell’opera attraverso la narrazione visiva di Dora Maar, fotografa e all’epoca compagna dell’artista spagnolo. La prima sezione trova il suo fulcro principale nel dittico di incisioni intitolato Sueño y mentira de Franco, vero e proprio contraltare grafico del grande dipinto. Non si tratta di una versione in formato ridotto del quadro, ma di un’invenzione originale, a sé stante, che prende le mosse dallo stesso pensiero e dallo stesso impeto creativo. Attorno a Sueño y mentira de Franco una piccola ma significativa serie di incisioni, che afferiscono direttamente alla gestazione di Guernica o che, per essere stati realizzate nello stesso periodo, richiamano da vicino stile e temi del celebre dipinto. La seconda sezione della mostra ruota attorno alla straordinaria testimonianza di Dora Maar, che documentò giorno per giorno, con le proprie fotografie, il lavoro di Picasso. Si tratta di una serie di scatti al contempo commoventi e fondamentali per la ricostruzione filologica della creazione di Guernica. “PICASSO E GUERNICA. Genesi di un capolavoro. Contro tutte le guerre”. A Nuoro, Museo MAN, fino al 19 febbraio 2023.

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L’opera di Robert Capa La mostra consta di ben 366 fotografie selezionate dagli archivi dell’agenzia Magnum Photos e ripercorre le tappe principali della sua carriera, con alcune delle opere più iconiche che hanno incarnato la storia della fotografia del Novecento. «Per me, Capa – ebbe a scrivere di lui Henry Cartier-Bresson – indossava l’abito di luce di un grande torero, ma non uccideva; da bravo giocatore, combatteva generosamente per se stesso e per gli altri in un turbine. La sorte ha voluto che fosse colpito all’apice della sua gloria”. L’esposizione non si limita alle rappresentazioni della guerra che hanno forgiato la leggenda di Capa. Nei reportage del fotografo, come in tutta la sua opera, esistono quelli che Raymond Depardon chiama “tempi deboli”, contrapposti ai tempi forti che caratterizzano le azioni; i tempi deboli ci riportano all’uomo André Friedmann, alla sua sensibilità verso le vittime e i diseredati, a quello che in fin dei conti è stato il suo percorso personale dall’Ungheria in poi. Immagini che lasciano trapelare la complicità e l’empatia dell’artista rispetto ai soggetti ritratti, soldati, ma anche civili, sui terreni di scontro, in cui ha maggiormente operato e si è distinto. Così, sulla scia delle sue vicende umane, ricorre a più riprese il tema delle migrazioni delle popolazioni (in Spagna e in Cina, in particolare). E tra un’immagine e l’altra, si profila anche l’identità di Capa. “Robert Capa. L’Opera 1932-1954”. A Rovigo, Palazzo Roverella, fino al 29 gennaio 2023.

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