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Volontario di Dio

di Roberto Di Pietro

- Fonte: Città Nuova

Roberto Di Pietro

Giancarlo Toniato e le “prime pagine” della comunità dei Focolari di Padova negli anni ‘70

Sono gli anni 70 e, a Padova, la piccola comunità del Movimento dei Focolari obbedisce alle disposizioni dell’arcivescovo che non vuole, in diocesi, incontri di questo nuovo movimento. Ci sono dunque solo rapporti personali, tra chi si incontrava per strada, in un negozio o a messa; le notizie, gli aggiornamenti e le esperienze si scambiano per telefono. Racconta Alberto Friso: «Di quegli anni a Padova c’è soprattutto il ricordo di rapporti assai semplici, di una amicizia sempre disponibile all’aiuto reciproco, di una consapevolezza di essere un gruppo piccolo, e certamente povero, che disponeva però della forza che veniva dal vivere la Parola».

Giancarlo Toniato, con la moglie Imelda, è un punto di riferimento per tutti. È naturale trovarsi a casa loro per fare comunità. Un giorno da Trento telefonano perché il gruppo musicale Gen Rosso, di ritorno da una tournée in Germania, sarebbe passato da Trento; chiedevano se non era possibile organizzare un concerto a Padova. «La piccola e giovane comunità – continua Alberto Friso –, una ventina di persone, si mette in azione: “Se l’arcivescovo ci dice sì, ci lanciamo”». E, cosa del tutto inattesa, l’arcivescovo approva e permette che del concerto siano avvisate anche le parrocchie.

È un gran successo, con 2.400 spettatori. Il Gazzettino scrive di un evento seguito anche da «signore in pelliccia sedute per terra». Dietro le quinte era intervenuto il vicario del vescovo, entusiasta della testimonianza sia di arte che di vita di quei giovani e della incipiente comunità che eravamo noi.

Dopo un mese, andiamo dal vescovo per ringraziarlo e fargli gli auguri di Natale, e anche per una nuova richiesta da rivolgergli: permettere al rappresentante di Città Nuova di aprire un piccolo deposito di libri. Mons. Bortignon depone la sua espressione, solitamente ieratica, per aprirsi in un sorriso dicendo: «Non un deposito, ma un focolare voglio in Padova!». Bisogna dunque trovare una casa per i focolarini. La soluzione non appare né semplice né immediata.

I Toniato hanno appena comprato una casetta in via Cave e sono in procinto di trasferirsi; Giancarlo propone ad Imelda di cedere al focolare la nuova casetta chiedendo ai padroni di casa di restare ancora nella casa che già abitano. Così Imelda e Giancarlo ospitano per qualche mese il primo focolare che giunge a Padova, con l’annesso magazzino dell’editrice Città Nuova.

Ma la casa di Giancarlo e Imelda rimane sempre, nei decenni, aperta a tutti. Accolgono in casa chi ha bisogno; la loro generosità è tale che alle esequie qualcuno ricorda che le porte di casa Toniato non erano aperte ma “scardinate”.

La vita di Giancarlo Toniato è stata lunghissima e sempre, continuamente, illuminata da una carità quasi inverosimile che lasciava ammirato chiunque. Era nato nel 1933; orfano di padre, visse in orfanotrofio e fu poi padre, lui stesso, di tre figli adottivi. Chi lo conobbe fin da giovane ricorda la sua tipica serenità, la pacatezza nel parlare e la sua capacità di ascoltare senza fretta. Chi lo conobbe ricorda anche il suo ammirevole coraggio e l’amore per la montagna; partiva da Padova, in Vespa con Imelda sul sellino posteriore, ed andava fino al Pasubio o a Malosco in Val di Non (220 km circa) per fare un giro in montagna nei posti che lui amava, sempre gli stessi.

Giancarlo lavorava in una grande azienda commerciale padovana e successivamente passò alle dipendenze dell’Associazione Murialdo, un’associazione di volontariato che gestiva anche alloggi e un laboratorio protetto che venne affidato anche a lui. In pensione, Giancarlo rimase nell’associazione come volontario insieme a Paolo, suo inseparabile amico da oltre 50 anni, dai tempi di quelle “prime pagine” del Movimento a Padova.

Lavorarono soprattutto nel progetto “Avere una casa”, per i viaggi al Banco Alimentare e la distribuzione dei pacchi di provvidenza alle famiglie bisognose. Erano più che altro famiglie marocchine, albanesi, rumene e somale. Giancarlo distribuiva a piene mani il cibo in scadenza ottenuto dai supermercati; ma insieme ai pacchi di provvidenza alimentare arrivava amore concreto, pieno, totale.

Con formidabile, carismatica capacità di “farsi uno”, Giancarlo ricordava i nomi dei componenti di tutta la famiglia, spesso numerosi, si interessava della loro salute e cercava di esaudire tutte le loro richieste, ricordava a memoria, incredibilmente, perfino tutti i numeri di telefono. Era abbastanza naturale per lui essere chiamato “nonno” dai bimbi di queste famiglie straniere.

Era sempre fiducioso nella Provvidenza; era un angelo, con l’istintiva innocenza del vero bambino evangelico, e, anche dinanzi ai guai, riusciva ad essere sempre di una serenità disarmante: riusciva a darti Dio in maniera efficace e semplicissima, senza parlarne, solo testimoniandolo con la vita, nella piena, immancabile, costante carità. Giancarlo era capace di vivere in modo straordinario e continuo la carità che «non manca di rispetto non cerca il proprio interesse, non si adira, […] tutto sopporta». Come quando, scoprendo un ladro che rubava benzina dal serbatoio della sua auto, lo avvicinò con delicatezza e gli chiese, senza ironia, di lasciargli un po’ di benzina, giusto per poter tornare a casa…

Un brutto incidente d’auto, con ferite impegnative, costrinse Giancarlo e Imelda a letto per alcuni mesi. In seguito all’incidente, si sarebbero trasferiti in una casa di riposo, dove Giancarlo avrebbe anche festeggiato il suo novantesimo compleanno lo scorso 24 novembre 2023. Un mese dopo, in dicembre, un’ischemia cerebrale lo costringe in ospedale, dove termina la sua vita terrena.

Vado a trovare Imelda nella casa di riposo dove ha passato gli ultimi tempi insieme a Giancarlo; è lieta, sorridente, parliamo di Giancarlo, dei vecchi tempi, dei figli. Imelda riflette: «Dopo 70 anni di matrimonio, non ho il ricordo di una sola volta che, per un disaccordo, per una discussione, per uno screzio, Giancarlo ed io ci siamo mai detti parole forti; non ricordo, con Giancarlo, una discussione con toni sopra le righe».

Al termine dell’incontro, ci salutiamo, Imelda con un gran sorriso mi dice: «Stasera racconto tutto a Giancarlo! Eh sì, siamo stati insieme tutta la vita, ora continuiamo!».

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