Vivere da separati in nuove unioni

Il dolore, l'emarginazione, il senso di colpa. E il sentirsi abbandonati dalla Chiesa. Come riannodare il legame?
Famiglie

«Per anni mi sono sentita un’abusiva, una clandestina, una fuori del gruppo, una che piangeva a testa bassa per il desiderio di avvicinarsi all’Eucarestia, una che aveva girato tutte le parrocchie per sentirsi parte di esse e mai aveva trovato la giusta accoglienza una volta dichiarato il suo stato… Invece tutti in quella sala condividevano le mie stesse pene ed emozioni. Tutti cercavano un posto dove conta solo amare, senza stato civile.

«Durante una testimonianza, una donna è scoppiata a piangere per l’impossibilità di fare la Comunione. Io ho sussultato: era il mio pianto accorato di mille volte e tutta questa condivisione mi sconvolgeva! In tutti loro c’ero io. Ognuno di noi si ritrovava, stupendosi, nella storia dell’altro.

«Approfitto del momento di preghiera per ringraziare. Ringraziare Dio con tutta l’intensità di quando sei veramente grato per una cosa persa, ritrovata, spiegata; per un posto che pensavi di non avere, per tante cose capite, ma soprattutto per una certezza interiore: Dio mi ama immensamente».

 

È la testimonianza di una persona separata, come ce ne sono sempre di più in Italia: in dieci anni, dal 1997 al 2007, sono state registrate 824 mila separazioni. In un solo anno, nel 2007, i figli coinvolti sono stati 66.406. Qualunque maestro o professore se li trova in classe e sa riconoscere in molti i segni del loro disagio: rendimento e/o mancanza di serenità. Nelle parrocchie di Milano, al momento del battesimo ci si accorge che cinque bambini su dieci provengono da “coppie irregolari”.

Molte famiglie di separati e divorziati in nuove unioni nascondono drammi e la loro vita è spesso complicata da inestricabili problemi finanziari, giudiziari e familiari.  

Una sofferenza particolare è riservata ai cattolici, nella loro vita personale di fede. Se non pochi separati riescono a rimanere fedeli alla promessa delle prime nozze, altrettanti, per i più vari motivi, si uniscono invece in nuove unioni. A questi la Chiesa chiede di astenersi dal ricevere la Comunione durante la messa. È difficile, per chi non si trova in questa situazione o non ha una fede religiosa, comprendere quanto sia duro rimanere seduti, soli e a testa bassa, mentre gli altri si mettono in fila per ricevere l’Eucarestia.

 

Anche nell’ultimo convegno per separati unitisi in nuove nozze, organizzato da Famiglie nuove, la sofferenza e l’emarginazione che vivono quanti si trovano in una situazione “irregolare” sono venute a galla più volte. Tanto che durante la messa, al momento della Comunione il celebrante ha invitato quelli che “per qualsiasi motivo” non potevano prendere l’Eucarestia, ad alzarsi comunque dai banchi e mettersi in fila con gli altri per ricevere dal sacerdote una benedizione.

«Dopo due giorni di convegno – racconta proprio quel celebrante –, si era stabilito tra noi un rapporto di conoscenza, scambio, amicizia, c’era Gesù tra noi frutto dell’amore reciproco e li ho invitati ad alzarsi. Da parte loro è stato anche un gesto di obbedienza a quello che la Chiesa dice». Prima si è alzato uno, poi due, poi cento. Un momento commovente. «Venivano con le lacrime agli occhi, avevo parlato con loro, conoscevo la loro situazione personale, mi è venuto spontaneo fare un gesto di condivisione, incoraggiamento, un gesto fisico di vicinanza e  amore concreto. Un gesto che spero si diffonda nelle celebrazioni eucaristiche di tutto il mondo».

Queste separazioni così numerose e dolorose, queste situazioni di irregolarità di tanti fedeli, hanno interpellato in questi anni l’attenzione della Chiesa, stretta tra il desiderio di farli sentire amati da Dio e la fedeltà al dettato evangelico.

«Partecipare a questi incontri di separati risposati è stato per me un arricchimento – continua il sacerdote –. Anche senza Comunione, queste persone trovano comunque Dio nell’amore reciproco, nella lettura del Vangelo, nell’amore al dolore, nell’avere Gesù in mezzo a loro. Sono fonti di Dio spesso trascurate da noi che ci avviciniamo all’Eucarestia». Alla fine del convegno, un separato ha raccontato il dolore di non poter ricevere la Comunione, concludendo: «Ricordatevi quando fate la Comunione eucaristica: la fate anche per noi».

 

 

Anatomia di un’emergenza

Nell’anno 2007 ci sono state 81.359 separazioni, di cui 70.231 consensuali e 11.128 giudiziali. Il 21 per cento dei matrimoni si è interrotto tra 5 e 9 anni, il 19,2 tra 10 e 14. Dei 66.406 figli coinvolti, 17.000 sono stati affidati solo alla madre, 1.062 solo al padre e 47.879 a entrambi. Ma recentemente la Cassazione ha stabilito che, nelle cause di separazione, i giudici devono sentire il parere dei ragazzi, prima di decidere a chi affidarli. (dati Istat)

 

 

Adulterio?

«Sono separata da cinque anni e ho due figli. Ho conosciuto mio marito a 16 anni e a 18 mia suocera ci ha invitato a cercarci una casa. Io tenevo tanto alla famiglia e ai figli, mentre lui era meno convinto; ma dopo sette anni di convivenza ho insistito finché non ci siamo sposati. Quando però sono arrivati i figli, lui ha cominciato a sentire il peso della famiglia, perché lo mettevo di fronte alle responsabilità, alle decisioni da prendere per la scuola e l’asilo; alla fine sono diventata per lui madre e suocera, più che moglie. Sono seguiti anni terribili e faticosi, lui ha iniziato a bere, a cercare di evadere, a volere la sua libertà. Gli ho proposto di andare da uno psicologo o da un sacerdote, ma non ha voluto partecipare neanche ad un gruppo di famiglie. Finché, con i nervi a pezzi, gli ho detto: “Se vuoi stare con me bene, altrimenti fai le tue scelte, non ti voglio ingabbiare, ma non posso più farti da mamma”. Quando il secondo figlio aveva sei anni c’è stata la separazione, lui se ne è andato da casa e ha trovato una nuova compagna.

«In questo periodo ho attraversato una grande crisi. Quando mi ha detto che voleva divorziare, mi ricordo ho passato tutto il giorno a piangere. Era una cosa impensabile per me. Sono seguiti mesi di depressione e panico durante la notte: mi crollava tutto quello su cui avevo investito, cioè la famiglia. Ero impotente e non riuscivo neanche a stare dietro ai figli. Mi sono affidata al Signore dicendogli: “Con la tua forza ce la farò”.

«Quando ho conosciuto P., anche lui separato con tre figlie, mi sono sentita subito capita. I nostri figli sono diventati amici, abbiamo cominciato a frequentarci senza avere niente in mente, solo stavamo bene insieme. In quel momento di fortissima tristezza era l’unico scorcio di mondo in cui entrambi vedevamo qualcosa di bello. Quando poi mi sono accorta di essermi innamorata, da una parte lo vedevo come un regalo dal cielo, perché mi erano passate ansie e malesseri, dall’altra ero spaventata perché stavo commettendo un “adulterio”. Il mio parroco, che teneva tanto a me, era preoccupato, sapeva che non mi sarei accontentata di vivere alla giornata. È stato duro con me all’inizio, ma poi mi ha accompagnata, accogliendomi e non giudicandomi. Comunque per un anno non sono andata in chiesa, non volevo più avere conflitti dentro. Mi dicevo: “Ma perché, dopo tanti anni di sofferenza e solitudine, non posso vivere come tutti e gustarmi un po’ di felicità?”. Ma dentro non ero serena. Dopo un anno con P. abbiamo cominciato a frequentare insieme gli incontri di coppia. Siamo maturati molto, scegliendo addirittura la continenza e ora stiamo valutando se ci sono i presupposti per una dichiarazione di nullità del matrimonio di entrambi. 

«Con P. sperimentiamo la reciprocità: non ho bisogno di lui per completarmi o viceversa, ma siamo dono l’uno per l’altro e dove non arrivo io arriva lui e viceversa».

 

 

La Chiesa e i divorziati risposati

Don Carlo Rocchetta, teologo, è il fondatore del Centro familiare Casa della Tenerezza, presso Perugia.

 

Perché i divorziati risposati non possono fare la Comunione?

«Il matrimonio è un patto indissolubile, per cui ognuno dei coniugi rimane legato tutta la vita. La Chiesa non può ammettere alla Comunione una persona che si trova in una situazione “irregolare”. Questo non significa che ci sia un giudizio sulla persona, o che sia scomunicata, vuol solo dire che oggettivamente la situazione è irregolare e la Chiesa non ha l’autorità per modificare un dettato che appartiene a Cristo stesso. Però la Chiesa ama queste persone, il battesimo nessuno può cancellarlo; non a caso queste persone sono chiamate “fedeli” come le altre».

 

Spesso hanno “subito” la separazione e si sposano per ricostruirsi una vita o per i figli…

«La situazione oggettiva è che c’è un legame matrimoniale che non permette né la coabitazione, né un nuovo legame, né un nuovo matrimonio. E comunque è discutibile che la nuova unione possa essere migliore per i figli, ci sono mille altri problemi che si creano. I genitori separati devono in ogni caso rimanere vicini ai figli, anche se ognuno per conto proprio; il bambino ha bisogno di sentire che il papà e la mamma gli vogliono bene. Se i genitori sono persone civili che non fanno mancare questo affetto, questo è già un grande dono per il bambino».

 

Cosa consiglia loro la Chiesa?

«Di continuare a vivere la fede, la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio. Non c’è solo la Comunione, c’è tutto il resto della vita ecclesiale da vivere, accettando la propria condizione irregolare con umiltà e sofferenza. E comunque solo Dio vede il cuore. Non a caso il Direttorio per la pastorale familiare invita noi operatori ad allargare i nostri orizzonti sulla misura del cuore di Cristo, un cuore che non giudica».

 

La chiesa ortodossa permette un secondo matrimonio…

«Alcune parti dell’ortodossia si basano sulla frase di Gesù che dice: “Eccetto in caso di …”, per cui in caso di adulterio o altro ammettono la possibilità di risposarsi. La Chiesa cattolica invece ha sempre interpretato il termine greco originale come matrimonio illegittimo, non valido fin dall’inizio».

 

Lei suggerisce alle coppie divorziate risposate di verificare la possibilità di dichiarazione di nullità da parte della Sacra Rota?

«Certo, quando ci sono motivi validi, anteriori alla celebrazione del matrimonio. È chiaro che non devono essere motivi inventati. Purtroppo ci sono più matrimoni nulli di quello che pensiamo; per esempio se lei era incinta, se è stata minacciata, o condizioni contro l’indissolubilità, ecc. Sono motivi per inoltrare la domanda, anche se non è detto che sarà accolta. La Chiesa infatti non può annullare, ma solo riconoscere se il matrimonio era già nullo».

 

C’è chi dice che la Chiesa è troppo dura, chi troppo tenera, chi che favorisce i ricchi…

«Non è così, c’è una valutazione che dura anche anni per vagliare bene le testimonianze. Certo, ci sarà chi inganna la Chiesa, ma inganna anche Dio. E per quanto riguarda chi non può pagare le spese, c’è il patrocinio gratuito».

 

Cosa consiglia ad una coppia che arriva da lei?

«Ho scritto un libro sulla tenerezza di Dio (Vite riconciliate, Dehoniane); in esso sostengo che questa tenerezza va oltre le norme e tutto il resto. Questo non vuol dire che non si devono rispettare le norme, si tratta di avere una visione grande di Dio, non piccola. Il suo infinito cuore ci accoglie tutti, per cui nessuno deve permettersi di giudicare un fratello o una sorella. Nessuno può giudicare un divorziato, può solo amarlo. Dobbiamo piuttosto giudicare noi stessi e le nostre comunità ecclesiali: siamo causa di gran parte di queste separazioni, perché non abbiamo attrezzato le nostre comunità onde aiutare queste giovani coppie a superare le crisi. Dobbiamo far loro sentire il nostro amore, naturalmente nel rispetto dei principi, la carità nella verità. Quando arrivano qui, dico sempre a queste persone: non è in mio potere ammettervi al sacramento, però sappiate che vi voglio bene, che la Chiesa vi vuol bene e che Dio vi ama, al di là di tutto quello che gli altri pensano. Quindi mettetevi nel cuore di Dio, con fiducia».

 

LA PAROLA AI LETTORI

Separati e non: come vivere la fede?

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