Vittoria di Sánchez Cerén alle presidenziali del Salvador

Al secondo turno la sinistra vince per un pugno di voti. Elezioni pulite e legittime nonostante le accuse di brogli da parte dell’opposizione. Necessaria la concertazione per assicurare la governabilità di fronte a uno scenario di recessione economica e disgregazione sociale
Vittoria di Sánchez Cerén alle presidenziali del Salvador

Il secondo turno delle elezioni presidenziali nel Salvador ha visto la vittoria del candidato della sinistra, l’ex guerrigliero Salvador Sánchez Cerén, uno dei cinque del comando generale del fronte Fmln durante la guerra civile degli anni Ottanta. Il presidente del Tribunale supremo elettorale (Tse), Eugenio Chicas, ha comunicato il risultato dello scrutinio finale dei verbali dei 10.445 seggi elettorali nelle prime ore di venerdì scorso. È stato necessario un nuovo conteggio dovuto allo stretto margine di voti ottenuti dai due candidati allo scrutinio preliminare. Dopo un primo turno ampiamente favorevole a Sánchez Cerén, nessuno si aspettava un secondo turno così combattuto. Il partito Arena e il suo candidato, l’ex sindaco di San Salvador Norman Quijano, hanno moltiplicato gli sforzi propagandistici e in un mese hanno raccolto le adesioni che li hanno avvicinati ai voti del Fmln. Il maggior numero di votanti al secondo turno è un altro dato che conferma il desiderio di partecipazione del popolo.

Nel piazzale davanti all’hotel in cui si è sistemato il Tribunale elettorale con tutto il personale e le attrezzature, un gruppo di sostenitori del Fmln mostrava la propria euforia per il risultato, in contrasto con le facce lunghe di quelli dell’Arena, che durante la settimana hanno presentato cinque ricorsi, dei quali uno per presunte doppie votazioni in 20 mila casi.  È per questo che il Tse non può proclamare vincitore Sánchez Cerén fino alla conclusione del processo di risoluzione, nonostante gli osservatori internazionali e lo stesso Dipartimento di Stato Usa abbiano dichiarato le elezioni regolari e legittime.  Durante la settimana gruppi di arenisti e i loro dirigenti hanno manifestato pubblicamente il proprio disaccordo, accusando il Fmln di brogli e il Tse di parzialità durante il periodo della campagna elettorale, per cui hanno invocato l’intervento della Procura generale come garante dello scrutinio finale. Così è avvenuto e i risultati si sono mantenuti quasi uguali al conteggio precedente, dando alla coalizione Sánchez-Ortiz un vantaggio di 6364 voti.

Dal canto loro, Salvator Sánchez e il suo alleato Oscar Ortiz, senza essere formalmente presidente e vice, già parlano come se avessero ricevuto il mandato rivolgendosi con queste parole agli avversari: «Invitiamo l’opposizione a creare un’agenda comune per risolvere i problemi più urgenti del Paese: la violenza, la povertà e la disoccupazione. Dimentichiamo il recente passato della campagna elettorale». Il tono conciliante di Sánchez Cerén stride con l’ostinazione di Norman Quijano a non voler riconoscere la sconfitta, che fa ancora più male per l’esigua differenza di voti. Nonostante tutto, la situazione viene interpretata da molti analisti locali come un segnale di maturità dell’elettorato e di rafforzamento del sistema democratico. È evidente che le politiche pubbliche del nuovo governo dovranno nascere da un accordo ampio che includa l’opposizione. Il sistema economico e sociale si trova in una situazione critica, a causa di un deficit fiscale molto alto, un elevato debito pubblico e una situazione diffusa di  povertà e insicurezza dovuta alle azioni delinquenziali delle "maras". Queste bande mantengono la popolazione sottomessa e nella paura, grazie all’alto tasso di morti violente e alle continue minacce di estorsioni.

I buoni auspici di queste elezioni dovranno confrontarsi con tutti questi problemi che metteranno alla prova la maturità politica dei partiti e la solidità delle istituzioni della repubblica.

Traduzione di Domenico D'Amiano

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