Viola di mare

viola di mare

Era davvero necessario trasportare sullo schermo una vicenda di amore lesbico in un’isola siciliana del XIX secolo, narrandone le implicazioni familiari e sociali, le fasi della passione amorosa e la dolorosa conclusione? Evidentemente sì, per i produttori, la regista Donatella Maiorca e il ministero dei Beni culturali… Purtroppo, a tale ambizioso progetto non sembra corrispondere un risultato soddisfacente. Il film, in verità più fiction che film, appare infatti retorico, presenta la consueta Sicilia ancestrale col violento padre-padrone, le donne sottomesse e frustrate, la massa popolare di “cavatori di pietra” primitivi; e le due amiche d’infanzia, Sara (Isabella Ragonese), più femminile, e Angela (Valeria Solarino), più “mascolina”, che vivono una intensa storia d’amore che porta la seconda, in omaggio alle consuetudini dell’epoca, a travestirsi da uomo, sposarsi e ottenere anche, da un giovane dell’isola, un figlio per entrambe.

Nulla è risparmiato dei dettagli intimi della passione, come delle violenze paterne, della morte del padre “cattivo”, dei dettagli della baronessa corrotta… secondo un copione melodrammatico che gonfia il racconto all’eccesso, costringendo il cast (non tutto eccelso) ad una recitazione sopra le righe. Volendo dire tutto, si dice troppo e il ritmo si fa pesante, con personaggi che appaiono per un momento e poi scompaiono senza una ragione… In verità, nasce il sospetto che il film nasconda una astuta operazione ideologica in favore dei diritti omosessuali, celata sotto una vicenda antica. Ma forse non è questo il modo di fare un buon servizio alla causa e alla stessa Sicilia, la cui commissione ha sponsorizzato in parte il film. Come si fa poi a lamentarsi che quando si parla della bellissima Trinacria si trovano sempre i soliti cliché se sono poi gli artisti siciliani stessi a riproporli spesso, come ha fatto l’ultimo Tornatore?

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