Ha vinto l’America di Biden

Il 46° presidente Usa è stato eletto non da un partito ma da un Paese che chiede riconciliazione

Lacrime sul volto di Mary Grace e Yasmeen. Lacrime trattenute a stento negli occhi di Thomas e Chris. Sollievo sul volto di Anne. La notizia dell’elezione di Joe Biden ci coglie in un momento di lavoro, attorno al tavolo, pianificando un evento. L’effetto sorpresa e la gioia sono moltiplicate dalle immagini degli schermi e dai suoni che arrivano dalla strada. Dopo 5 giorni di lunga attesa, gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente: il 46°, il secondo cattolico a 60 anni da John Kennedy, il più anziano, l’uomo che dovrà riconciliare il Paese.

Su Joe Biden sono puntati non solo gli occhi del mondo, dopo 4 anni di politica talvolta bizzarra, spesso imprevedibile, quasi sempre provocatoria ed estrema con alleati e nemici esteri. Su Joe Biden punta anzitutto l’America e gli oltre 75 milioni di americani che, anche in lacrime, chiedono al nuovo presidente che la parola “Uniti” non sia solo l’aggettivo dei loro stati, ma una reale e quotidiana linea di azione e di convivenza che dovrà spegnere la retorica incendiaria e divisiva della precedente presidenza.

I numeri della vittoria non raccontano di un’onda democratica travolgente che ha spazzato il passato, dicono piuttosto che nei territori, nelle contee il rosso repubblicano e il blu democratico sono quanto mai mescolati e la prova sono i risultati per il Congresso. I democratici avranno meno seggi nella nuova Camera dei Rappresentanti pur conservando la maggioranza, mentre resta incerto l’esito al Senato dove al momento la gara è ferma sul pari.

L’America che ha votato Biden, lo ha fatto segnando su quella scheda elettorale, prima che un partito, un mandato: ricucire il tessuto sociale della nazione, fasciare le ferite e tornare ad essere sul serio “Stati Uniti”. Il primo mandato del 46° presidente non è quello di legiferare su tasse e regolamenti, come teme Wall Street; non sarà neppure quello di ampliare il numero dei giudici della Corte Suprema, come ventilato dagli avversari, e neppure implementare un’agenda estrema sull’aborto come hanno tuonato per mesi i gruppi evangelici. Biden è stato votato per salvare il Paese e non per sostenere un partito: è questa la scelta che sta dietro anche al voto di tanti repubblicani e indipendenti che sulle schede elettorali hanno marcato il blu democratico e Biden dovrà governare questo Paese trasversale.

Ieri sera nel suo primo discorso alla nazioneo, il presidente eletto ha assicurato che non vedrà «Stati rossi e Stati blu, ma vedo solo gli Stati Uniti e mi impegno a lavorare tanto per quelli che non hanno votato per me quanto per quelli che lo hanno fatto», ha ribadito con a fianco Kamala Harris, la prima vicepresidente donna nella storia Usa, la prima di colore, «ma non l’ultima», ha detto lei stessa nel suo discorso ricordando che «ogni bambina che stasera guarderà a questo palco, saprà che questo è il Paese delle opportunità».

Mentre l’ebrezza della festa non cessa, un messaggio arriva da Michelle. «Bisogna scoprire la verità», scrive. Anche lei come il presidente Trump attende gli esiti delle dispute legali sul conteggio dei voti negli Stati dove la vittoria di Biden è stata sull’ordine di decine di migliaia di voti e non di milioni. Anche lei ci ricorda che questa America, che si sente umiliata dalla sconfitta, derubata dalla vittoria, tradita nelle sue prospettive politiche ci vive accanto e più che essere derisa, vuole essere incontrata. Trump, con la sua istrionica personalità, ha acceso un faro sull’America degli ultimi, quella che si è sentita esclusa dal governo, quella che non ha lauree e legge con fatica, ma è quella che ha diritto ai suoi sogni e alla sua dignità ed è quello su cui Biden dovrà lavorare. Ieri sera ricordando il figlio morto per un tumore, ha citato un inno religioso a cui entrambi erano affezionati ed è con quelle parole che il 46° presidente, in un certo senso ha siglato il suo mandato: «Insieme, sulle ali dell’aquila, ci imbarchiamo nell’opera che Dio e la storia ci hanno chiamato a fare, con il cuore pieno e le mani ferme, con fede nell’America e gli uni negli altri».

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