Daniele Mencarelli, vincitore del premio Strega giovani 2020, ci porta dentro i TSO

Durante la presentazione del suo nuovo romanzo biografico «Tutto chiede salvezza», l'autore esterna al pubblico la genesi del libro e i suoi nuclei narrativi, anticipando futuri progetti e condividendo traguardi raggiunti
Presentazione del libro "Tutto chiede salvezza" di Daniele Mencarelli

Daniele Mencarelli con il suo nuovo romanzo “Tutto chiede salvezza”, preceduto da “La casa degli sguardi”, è rientrato nella cinquina finale del Premio Strega 2020, aggiudicandosi il primo posto nella categoria giovani. Durante la presentazione del noto romanzo, avvenuta domenica 13 settembre nel Parco Sforza Cesarini di Genzano di Roma, ha affrontato il tema delicato della follia, della ricerca della salvezza per le persone che si amano e di trattamenti sanitari obbligatori (TSO).

Il suo romanzo, spiega durante la conferenza, tratta di un ragazzo, Daniele, che a seguito di una grave crisi di rabbia viene ricoverato in TSO. Il racconto si suddivide nei sette giorni di internamento ospedaliero, descrivendo il percorso del ventenne e i suoi disagi a trovarsi in un ambiente pericoloso, circondato da persone estranee e instabili. Proprio loro, nel particolare cinque uomini che condivideranno la stessa stanza con il protagonista, diventeranno invece suoi amici e lo faranno riflettere sulla vita e sulla loro condizione. La malattia di Daniele è un sentire profondo, più degli altri, ogni avvenimento positivo e negativo che vive o di cui viene a conoscenza. Porta sulle spalle il peso di un’intera umanità sofferente e si pone domande esistenziali per le quali non riesce a trovare risposta. Daniele cerca dunque la salvezza, ma non per qualcuno in particolare. L’autore definisce il suo personaggio “onnivoro”: la desidera nel suo significato più ampio.

Viene affrontato il concetto di umanità, indossato dai medici e poi dai pazzi. C’è una paura condivisa che chiede di essere oltrepassata, da entrambe le parti. L’umanità per l’autore è attenzione, curiosità verso l’esterno. Altra importante tematica affrontata è quella dell’origine, che può essere “divoratrice”, come la madre del ragazzo transessuale Gianluca, o sana, che si rende sostegno e stampella per i figli, come la famiglia di Daniele. L’autore tuttavia afferma che non basta, serve di più, e quel supporto maggiore al proprio spirito racconta di averlo trovato nella poesia e nella letteratura. Non nella sua, ma in quella di altri grandi autori, che gli hanno fatto comprendere di non essere il solo a provare certe sensazioni profonde, che era qualcosa di normale e legittimo porsi domande di senso, sebbene la società in cui sia cresciuto le considerava qualcosa di anomalo. Ambientata nel 1994, la storia si rende portatrice di un grande messaggio: l’importanza del dialogo. Lo fa attraverso un racconto dai toni cupi e realistici. Parole dure, frasi concise, nulla è lasciato al caso.

Alla domanda se oggi il TSO è un trattamento solo traumatico o anche risolutivo, Daniele Mencarelli risponde che può essere importante, come accadde nel suo caso, sebbene affermi che il merito non sia stato del tutto attribuibile ai medici; le conoscenze e il confronto con gli altri pazienti furono decisivi. Tuttavia ci tiene a fare un excursus temporale e nomina così Franco Basaglia, un medico fautore della riforma psichiatrica in Italia. Dal 13 maggio 1978 la Legge Basaglia portò la chiusura di tutti i manicomi e alla nascita del TSO, attribuendo alle strutture ospedaliere la gestione dell’assistenza psichiatrica, sebbene nella visione basagliana il trattamento sanitario obbligatorio era necessario ma prevedeva comunque delle strutture che non sono state mai create. Franco Basaglia poco prima di morire disse con grande dolore: «Noi abbiamo chiuso i manicomi, ne abbiamo fatti aprire mille di più». L’autore afferma che è impossibile stabilire se il TSO sia giusto o meno come istituto, poiché ogni situazione ha sfumature diverse. Tuttavia c’è il rischio che si trasformi in un ‘girone infernale’, soprattutto per chi ci vive stabilmente, quale personale medico e paramedico.

In conclusione, Daniele Mencarelli si mostra fiero dei suoi due libri, e ne annuncia uno nuovo in via di scrittura, sempre biografico. Una trilogia che percorre la vita dello stesso protagonista a ritroso. L’ultimo romanzo è previsto per il 2022.

Ultimo regalo dell’autore per il pubblico è un’affermazione: «Sono stato salvato dalla poesia, ma quella che non ho scritto io: quella che altri mi hanno offerto. La letteratura, ma tutta l’arte, come quasi tutto quello che di bello esiste tra gli esseri umani, è una forma di relazione». Un grande poeta contemporaneo milanese che adesso è molto anziano, Franco Loi, dice: «La poesia è una richiesta di ascolto, quindi io mi sono salvato con l’ascolto che ho dato, mentre non salva il gesto iniziale, l’offerta che facciamo. Quella semmai salverà altri. Questa è la cosa più bella».

 

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