Vesak, per la dignità della donna

La grande festa dei seguaci di Siddharta, che vuole portare felicità ai meno fortunati, è stata sottolineata anche da un messaggio in favore del mondo femminile da parte del Vaticano
Foto di George Ritinsky

 

Durante il fine settimana appena concluso si è celebrato il Vesak, importante festa buddhista, che ricorda la nascita, l’illuminazione e la morte del Buddha storico. Non si tratta di una festa antica. Solo dal 1950 ha assunto una importanza centrale nel mondo del buddhismo theravada, quello del cosiddetto “Piccolo Veicolo”, professato e praticato in Sri Lanka, nel Sud-Est Asiatico e in alcune zone del Vietnam e a Singapore e, negli ultimi decenni, negli ormai numerosissimi centri buddhisti presenti in molte parti del mondo.

La celebrazione di questa festività è frutto di una decisione presa dalla prima riunione della World Felloship of Buddhists, una sorta di Consiglio mondiale del buddhismo. La conferenza si tenne in Sri Lanka, che in quegli anni aveva promosso in modo attivo un impegno generale dei Paesi a maggioranza buddhista per una maggiore presa di coscienza della cultura e della religione nata da Siddhartha, il principe nepalese che divenne, dopo l’illuminazione, il Buddha.

Oggi Vesak – il nome in lingua pali esprime il mese di aprile maggio quando normalmente cade questa festa a seconda del plenilunio – è una celebrazione centrale nei Paesi sopra nominati durante la quale si esprime la cultura e la religiosità del popolo con gesti diversi che si concentrano attorno ai templi e monasteri, portando doni a monaci e monache e onorando le statue del Buddha. Al contempo si cerca di portare un po’ di felicità ai meno fortunati, in particolare i poveri, i diseredati e tutti coloro che sono portatori di una qualche disabilità. Ovviamente, come è tipico delle diverse varietà del buddhismo, anche nel filone theravada la festa è celebrata con stili diversi a secondo della cultura e della tradizione dei diversi Paesi dell’aerea asiatica.

 

Anche quest’anno, come è ormai tradizione da molti decenni, il papa si è fatto presente a tutti i seguaci del Buddha con un messaggio inviato dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Mons. Miguel Ángel Ayuso Guixot, Segretario dell’organo della Santa Sede, che segue e cura i rapporti con i fedeli di diverse religioni, ha assicurato i seguaci del Buddha delle preghiere e del ricordo dei fratelli e sorelle cattolici. Il messaggio, poi, prendendo spunto dal recente Documento per la fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dall’imam al-Tayyeb, nel febbraio scorso, dedica una particolare attenzione alla donna e al suo ruolo nella società e nelle varie religioni.

Il testo ricorda che sia «Gesù che del Buddha promuovono la dignità della donna e che sia il buddhismo, sia il cristianesimo, insegnano che donne e uomini posseggono uguale dignità e hanno svolto un ruolo importante nella promozione della donna». Si sottolinea, poi, che «le donne buddhiste e cristiane hanno apportato contributi significativi alle nostre tradizioni religiose e alla società nel suo insieme», ma che, tuttavia, «troppo spesso sono oggetto di discriminazione e maltrattamenti». E non di rado alcune narrative religiose tendono ad essere usate per giustificare atteggiamenti di superiorità dell’uomo verso la donna.

Il documento continua, poi, attirando l’attenzione sul fatto che «la violenza contro le donne e le ragazze è un problema globale, che colpisce un terzo della popolazione femminile mondiale», soprattutto in zone ed in tempo di conflitti e migrazione. La Santa Sede raccomanda, quindi, che alle donne sia garantito l’accesso ai programmi educativi che possono permettere il raggiungimento di una vera dignità ed emancipazione. Il richiamo è particolarmente indirizzato ai leader religiosi.

Nel concludere il messaggio annuale in occasione del Vesak, Mons. Ayuso rivolge calorosi auguri ai «cari amici buddhisti», invitando i membri delle due tradizioni religiose (buddhista e cristiana) ad adoperarsi affinché si compia «ogni sforzo per far crescere nelle nostre famiglie, comunità e istituzioni una rinnovata stima del ruolo centrale delle donne nel nostro mondo», adoperandosi insieme «per il definitivo rifiuto di ogni forma d’ingiusta discriminazione contro la persona umana».

 

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