Verso un fuso orario unico

Quando il conto alla rovescia per l’anno nuovo inizia a Roma, a Sidney stanno già dormendo, mentre alle Hawaii lo spumante è stato appena messo in frigo. Molteplici ragioni hanno portato alla definizione dei fusi orari sulla Terra, mentre si fa strada l’idea di un tempo disconnesso dal sole

Il nostro pianeta è diviso in 24 fusi orari, delimitati con linee longitudinali non perfette che spesso seguono i confini degli Stati, che ricalcano i cosiddetti meridiani. Ma non è sempre stato così. Nei secoli passati, ogni paese aveva un proprio tempo, fondato sul moto apparente del sole, che era misurato con il quadrante solare o la meridiana: quando il sole passava per il meridiano locale era mezzogiorno e, dunque, ogni paese aveva un tempo diverso. Fu solo alla metà del XVII secolo che fu introdotto un sole fittizio, in modo da definire un giorno medio, costante tutto l’anno, e un tempo medio, diverso dal tempo reale. Nel 1780, la città di Ginevra adottò il tempo medio e, con il tocco della grossa campana del Duomo, si annunciava il mezzogiorno. La città di Londra introdusse il tempo medio nel 1792, la città di Berlino nel 1810 e la città di Parigi nel 1816. In Italia il tempo medio fu adottato nella città di Torino nel 1852, nella città di Bologna nel 1858 e nella città di Milano nel 1860. Invece, nella città di Roma il tempo medio fu introdotto informalmente nel 1855, come conseguenza dello sviluppo delle ferrovie e del telegrafo, dato che i conducenti delle vetture postali regolavano ogni mattino il loro orologio alla stazione di partenza, comunicavano poi l’ora al sagrestano e ai postini che la distribuivano alle case.

 

Questo sistema non presentava problematiche particolari a livello locale ma, nel XIX secolo, sorsero le prime difficoltà quando le persone iniziarono a spostarsi tra città e province diverse non più a piedi o a cavallo, dove quindi pochi minuti di differenza non erano un problema, ma quando i viaggi divennero più facili e veloci con lo sviluppo delle ferrovie, così come le comunicazioni grazie al telegrafo. Dunque accadeva che l’orario di partenza di un treno da una stazione era sganciato dall’orario di arrivo dello stesso in un’altra stazione e, con l’infittirsi delle reti ferroviarie, divenne sempre più complicato gestire il transito dei convogli. Allora, rifacendosi ad un’idea formulata nel 1828 dall’astronomo John Herschel, fu proposta l’unificazione regionale o nazionale delle diverse ore ferroviarie, cosa che avvenne per la prima volta in Gran Bretagna, nel 1948, dove si adottò l’ora di Greenwich per l’Inghilterra e la Scozia, e l’ora di Dublino per l’Irlanda; poi, tale ora venne estesa anche alla vita pubblica. In Italia, nel  1866, fu deciso di unificare le sei ore ferroviarie in vigore (Torino, Verona, Firenze, Roma, Napoli, Palermo), adottando il tempo medio di Roma. Negli anni seguenti, le principali città italiane stabilirono la concordanza dell’ora ferroviaria con quella cittadina e si estese l’ora di Roma alla vita pubblica e privata, diventando dunque quella l’ora nazionale. Altrove, la Svezia adottò l’ora nazionale nel 1879, ma non adottò l’ora di Stoccolma bensì quella del meridiano di Greenwich. La Francia introdusse l’ora nazionale solo dal 14 marzo 1891, usando il tempo medio di Parigi.

 

Se l’unificazione oraria di una nazione portò benefici immensi, i problemi restavano nei viaggi oltre frontiera, dove permanevano tempi diversi fra i vari Stati. Allora, nel 1872 si iniziò a pensare di adottare un’ora universale assoluta, secondo una proposta di Theodor von Oppolzer, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Vienna, che mirava ad estendere semplicemente a tutto il pianeta e per tutti gli usi l’ora di Greenwich o quella di un altro meridiano di riferimento. Mentre Quirico Filopanti, professore e politico bolognese, già nel 1859 aveva proposto di dividere la Terra per mezzo dei meridiani in 24 zone longitudinali, o fusi, che avrebbero differito l’uno dall’altro di un’ora, coincidendo però nei minuti e nei secondi. Il primo fuso sarebbe stato centrato sul meridiano di Roma ed avrebbe compreso l’Italia, la Germania, la Svezia e parte dell’Africa. Negli Stati Uniti, paese enorme dove i progressi delle ferrovie erano stati notevoli, già nel 1883 vi erano quattro fusi orari, divenuti successivamente cinque. Ebbene, nel 1884, i rappresentanti di 25 Stati si riunirono a Whasington nella Conferenza Internazionale dei Meridiani, per discutere della scelta di un meridiano iniziale (longitudine zero) e della creazione di un’ora internazionale per regolare l’amministrazione delle ferrovie, dei telegrafi e delle poste. Fu quindi deciso di adottare il meridiano che attraversa l’Osservatorio di Greenwich come meridiano iniziale per calcolare la longitudine, sul quale si basano 24 fusi orari di 15° ciascuno, che si irradiano ad Est e ad Ovest fino ad incontrarsi alla linea internazionale del cambio di data, rappresentata dal 180° meridiano, nell’Oceano Pacifico.

 

Infine, nel 1897 tutti i paesi dell’Europa avevano oramai adottato il sistema dei fusi orari con la sola eccezione della Francia che, solamente con una legge del 1911, adottò il tempo di Greenwich, dichiarando però che si trattava del tempo di Parigi ritardato di 9 minuti e 21 secondi. Ci sono poi casi particolari. In Cina, per esempio, seppure il paese si estenda su cinque fusi orari, il Governo ha deciso di adottare un fuso orario unico. Diversa la situazione in Russia, dove sono presenti undici fusi orari. Oppure la Corea del Nord, dove il 15 agosto 2015 è stato adottato un fuso orario di +8:30, quello che era in vigore prima dell’occupazione giapponese del 1910. Il Nepal, invece, è l’unico paese al mondo ad avere un fuso orario fissato 45 minuti dopo l’inizio dell’ora.

 

Gli esperti stanno però pensando ad un nuovo modo di misurare il tempo. Quindi, come accaduto alla fine del IX secolo, quando le ferrovie accelerarono la fine del tempo solare locale, così oggi Internet, la globalizzazione e le comunicazioni internazionali stanno comprimendo sempre di più lo spazio ed il tempo. Infatti, Steve Hanke, professore di economia, e Dick Henry, professore di fisica e astronomia, della Johns Hopkins University, ritengono che dovremmo adottare un fuso orario mondiale unico, rendendolo indipendente dal sole. In tal modo, esisterebbe un orario unico per tutto il pianeta che semplificherebbe il commercio, le comunicazioni, i trasporti, ecc. Però, ad uno stesso orario corrisponderebbero momenti della giornata diversi nelle varie parti della Terra e bisognerebbe, quindi, cambiare le nostre abitudini culturali ed interpretare in modo diverso il tempo. Infatti, in qualche parte del mondo alle 7:00 qualcuno si sveglierebbe, mentre qualcun altro starebbe pranzando e qualcun altro ancora starebbe andando a dormire. Allora, il tempo non avrebbe più nessuna relazione con le azioni che compiamo quotidianamente, non avrebbe più nessun legame con la posizione del sole e gli stessi concetti di notte e giorno perderebbero il loro significato. Immaginiamo un’unica mezzanotte, un unico cambio di data ed un unico inizio del nuovo anno: qualcuno nel mondo starebbe brindando e festeggiando con fuochi d’artificio nel buio, altri starebbero stappando una bottiglia all’alba, mentre altri ancora starebbero nel bel mezzo della pennichella. Un orario unico potrebbe rendere il mondo più efficiente ma, sicuramente, molto meno affascinante.

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