Verso un altro mare

Procida, giugno 1966. All’uscita da un cinema, in compagnia di alcuni amici, Enzo si ferma a chiacchierare con due giovani venuti da Napoli, che vede per la prima volta. Hanno qualcosa di diverso dagli altri, e la loro conversazione cattura subito la sua attenzione: Attraverso episodi concreti che dimostravano la verità di quanto dicevano ricorda , raccontavano con grande naturalezza come cercavano di mettere in atto il vangelo. Ma quello che più mi attirava in loro era un qualcosa di armonioso, di forte che essi non dicevano. Alla fine mi rimase in fondo al cuore come un ritornello: amare, amare, amare…. Nei giorni seguenti Enzo ripenserà spesso a quell’insolito incontro. E un desiderio gli nascerà in cuore: poter incontrare di nuovo quei giovani, di cui peraltro si è annotato l’indirizzo. Ma di lì a poco, lui che come lavoro fa il fuochista, dovrà imbarcarsi. Decide allora di scrivere a quelli che già considera suoi grandi amici, per avvertirli. Una mattina (ero in attesa di salpare da Pozzuoli), venne a salutarmi Angelo per consegnarmi una loro lettera: un gesto che mi toccò fin nel profondo, riempiendomi di gioia. Angelo mi lasciò anche una rivista che non conoscevo, Città nuova: mi avrebbe aiutato, diceva, a non sentirmi solo durante il periodo di navigazione. Nei momenti liberi dal lavoro, cominciai a sfogliarla incuriosito: parlava di gente la cui vita era stata trasformata da una scoperta: Dio Amore… ma questo era difficile da capire, per uno come me che aveva vissuto l’esperienza dolorosa dell’orfanezza, a sei anni privo dell’appoggio di un padre. Sempre su quella rivista lessi alcune testimonianze di gente che si sforzava di amare, riconoscendo in ogni prossimo Gesù… Ed io? Il mio era un mondo molto difficile per poter azzardare una tale esperienza. Scoprii anche che nel Nord Italia, attorno ad un gruppo di ragazze che avevano fatto di quel Dio amore il proprio ideale, era nata una comunità in cui i poveri erano prediletti. Ma io da che parte potevo cominciare, a bordo di una nave? E come trovare risposta ai tanti dubbi esistenziali?. Nel giovane procidano, alle incombenze della navigazione si accompagna un intenso lavorio interiore. È innegabile il fascino che esercita in lui la realtà di cui quel periodico è espressione. Quando attraccammo nel porto di Molfetta continua Enzo , appena sceso a terra mi trovai davanti un povero. Soldi non ne avevo; memore però delle esperienze lette e volendo fare qualcosa per lui, mi tolsi la catenina d’oro e gliela posi in mano. Fui invaso da una gioia particolare. Avevo amato Gesù in quel prossimo. Dopo Molfetta, Crotone. All’ora di pranzo, salì a bordo un ragazzo che aveva fame. Senza pensarci su presi il mio piatto e glielo diedi. Qualcuno alle mie spalle rise, ma un altro lo mise a tacere. Sarà un caso, ma le complicazioni di Enzo cominciano a sciogliersi. E intanto (siamo già nel nuovo anno) arriva il mese di marzo. Avevamo raggiunto la punta più a sud della Grecia, era una giornata serena, il mare azzurro, la nave costeggiava un’alta montagna a picco sulla cui sommità sorgeva un eremo; con il binocolo si vedeva una capretta legata fuori dall’abitazione; com’era tradizione, salutammo gli eremiti con i tre fischi cui anche loro risposero in vario modo… Ricordo che sullo sfondo di questo paesaggio aspro, da cui emanava un certa sacralità, la lettura sempre su Città nuova del commento ad una Parola di vita assumeva un sapore particolare. Non capivo tutto, abituato ad un modo tradizionale di concepire la religione; ciò nonostante pian piano m’invase una grande pace. Ebbi la certezza che nell’amore c’era la sintesi del Vangelo e che potevo viverlo anch’io, come potevo. Ero felice. Trascorrono mesi durante i quali a poco a poco Enzo familiarizza con la Parola, traendone stimolo per mettersi al servizio del prossimo, anche se questo gli costa a volte. Un giorno (il suo mercantile s’è spinto fino a Novorossijsk, importante porto del Mar Nero), un giovane marinaio che si è infortunato lo prega di cercare un telefono a terra per tranquillizzare i familiari sul suo stato di salute. Si trattava di saltare il riposo pomeridiano, importante per chi come me svolgeva il turno di lavoro di notte; di superare i rigorosi controlli delle guardie (vigeva il ferreo regime comunista e il mare era considerato una possibile via per far passare materiale illecito) e inoltre di affrontare il gran caldo di quella giornata autunnale… Ma volli ugualmente rendere quel favore al collega. Tornato a bordo tutto sudato e già pregustando una rinfrescante doccia, avvertivo sì la soddisfazione per il gesto compiuto, ma anche un indefinibile turbamento. Avrei potuto approfittare dello sbarco per telefonare anche agli amici napoletani e informarmi della nuova Parola di vita, quel legame spirituale che annullava le distanze fra noi, e invece… Me lo sentii proprio come un rimprovero da parte di Gesù; al punto che, incurante dei problemi che potevano sorgere ai posti di controllo, ridiscesi a terra. Grande gioia da entrambe le parti e febbrile scambio di notizie. Quando nel viaggio di ritorno fa scalo a Pozzuoli, Enzo trova il modo per fare una puntata a Napoli, dove riceve l’accoglienza festosa di cinque o sei giovani. A pranzo uno di loro mi esortò: Forza, se hai vissuto il Vangelo, raccontaci qualche esperienza fatta. Colto di sorpresa, non riuscii a mandar giù il boccone: tutti scoppiarono a ridere per poi mettersi in attento ascolto quando cominciai a raccontare del povero di Molfetta, del ragazzo di Crotone e via dicendo…. Al termine del pranzo, davanti ad una pila di piatti sporchi, Enzo esita: lavarli o lasciar perdere? Non l’ha mai fatto, gli sembra una cosa da donne… per un attimo, da marinaio qual è, ha la sensazione di essere sballottato in un mare in tempesta… Finalmente mi decisi: mi rimboccai le maniche e fu più semplice del previsto, un piccolo atto d’amore che mi lasciò contento. Al successivo imbarco, Enzo si sente più pronto ad affrontare la pesantezza di un lavoro molto scomodo, le solite difficoltà a bordo, i lunghi mesi di lontananza dalle persone care: nuove energie gli vengono da quell’arte di amare in cui si va esercitando. Tra i miei nuovi compagni c’era Nicola, un ragazzo la cui adolescenza era stata piuttosto tormentata (aveva conosciuto la povertà e il carcere). Pur avendo il diploma di elettricista, aveva trovato imbarco come mozzo, per cui era pagato poco. Cominciò a venirmi a trovare sia in sala macchina che in cabina. Lo ascoltavo per ore, ma concretamente non sapevo come aiutarlo… All’improvviso un’idea: Fai la prima cosa che ti sembra utile per lui. Siccome mi ero accorto che da tempo usava sempre le stesse lenzuola, mi offrii di lavargliele insieme alle mie. E lui, stupito: Tu faresti questo per me?. Certo, confermai con semplicità. In seguito gli consigliai di cambiare nave per far valere la sua qualifica, ma Nicola non se la sentiva; gli proposi allora di imparare il mio lavoro, pur sapendo che correvo dei rischi. Lui accettò e nei momenti liberi veniva in sala macchine dove gli insegnai le varie operazioni, dalle più semplici alle più delicate. Quando mi resi conto che era affidabile, trovando qualche scusa cominciai a chiedergli di sostituirmi per qualche minuto: in tal modo l’ufficiale l’avrebbe visto all’opera e valutato. Non mancarono per me i rimproveri, ma via via l’ufficiale si convinse delle sue capacità e quando andò via il fuochista e bisognò cercarne un altro, accettò la mia proposta di sostituirlo con Nicola. Così il mio amico fu promosso nella carriera ed ebbe uno stipendio adeguato. Enzo s’imbarcherà ancora, trascorrerà lunghi mesi lontano dalla sua isola raggiungendo porti remoti, ma non per molto. Queste prime semplici esperienze vissute sentendosi parte di una più vasta famiglia mondiale gli hanno aperto orizzonti impensati. E presto si avventurerà verso un altro mare.

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