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Italia > Integrazione

Venti anni di Rete Scuole Senza Permesso

di Carlo Cognetti

- Fonte: Città Nuova

A Milano, una rete di scuole gratuite di italiano accompagna migliaia di migranti verso autonomia, diritti e cittadinanza. Un’esperienza premiata in occasione dell’Ambrogino d’Oro

Domenica 7 dicembre, Rete Scuole Senza Permesso ha ricevuto, dalle mani del sindaco Sala, l’Attestato di Civica Benemerenza, durante la cerimonia degli Ambrogini d’Oro al Teatro Dal Verme.

Milano è opulenta, dinamica, aperta al cambiamento. Come negli anni delle grandi migrazioni interne del dopoguerra, anche oggi la città richiama persone, ma questa volta da ogni angolo del mondo. Secondo le più stime recenti conta 300 mila residenti stranieri regolari, 80 mila naturalizzati e circa 30 mila senza permesso: il 29% degli abitanti, contro una media nazionale del 13%. Hanno profili molto diversi: professionisti, giovani in formazione, famiglie in cerca di una vita migliore, uomini e donne in fuga da contesti fragili. Arrivati da noi, partono dai gradini più bassi della scala sociale. Come ha osservato il sociologo Maurizio Ambrosini, l’alta concentrazione di ricchezza genera inevitabilmente una pari concentrazione di servizi a basso costo: nella logistica, nella cura alla persona, nell’hospitality. Mansioni indispensabili per il funzionamento della metropoli globale, svolte anche da chi possiede titoli di studio medio-alti ma che, nel passaggio migratorio, è costretto ad adattarsi a posizioni inferiori. E che comunque ha bisogno di strumenti concreti di integrazione.

Il primo di questi strumenti è la lingua. Senza l’italiano non si accede al lavoro, alla casa, alla salute, non si sa cosa si firma. Il sistema pubblico e privato offre molte opportunità per imparare la lingua, ma non sempre sono adatte ai migranti adulti: molti hanno turni di lavoro discontinui, altri sono privi di documenti, altri ancora arrivano ad anno scolastico iniziato, non pochi sono analfabeti. È qui che si apre una zona grigia, spesso trascurata, che rischia di trasformarsi in un ostacolo all’inclusione e in un rischio per la collettività. A partire dagli anni ’80, in questo cono d’ombra si è innestata una delle risposte più intelligenti e solidali della città: le scuole gratuite di italiano per stranieri, nate dal basso, in parrocchie, circoli operai, collettivi femministi, sindacati, associazioni cattoliche e laiche. Tra Milano e hinterland oggi sono oltre cento, un patrimonio civile straordinario che continua a crescere.

È un terreno fertile sul quale, nel 2005, è nata Rete Scuole Senza Permesso, quando 5 scuole decisero di coordinarsi, dando vita a un modello condiviso e ad un principio ancora oggi centrale: l’accesso ai corsi è consentito anche a chi è senza permesso di soggiorno. Come si è detto, molti sono in queste condizioni: lavorano nei servizi alle famiglie, nell’edilizia, nella ristorazione e in qualche anno diventeranno regolari grazie a sanatorie o decreti-flussi. Dare loro la lingua significa aumentare sicurezza e qualità del lavoro, ridurre pericoli e incomprensioni. Anticipare il processo di inclusione.

Oggi la Rete comprende 38 scuole, 700 volontari, 7 mila studenti. Ma il cuore dell’esperienza non è nei numeri. È nei piccoli passi che ogni studente compie: la cittadinanza prende forma nei gesti quotidiani, in progressi minimi ma fondamentali. Il radicamento nei quartieri è una delle caratteristiche più forti della Rete, che copre tutto il territorio cittadino e dialoga col Welcome Center recentemente istituito dall’amministrazione pubblica, punto di approdo per chi arriva, nel quale si costruiscono cammini di fiducia per rendere la città meno estranea e più abitabile. Spesso la prima porta che si apre è proprio quella di un’aula di italiano.

Accanto ai bisogni generali emergono quelli delle persone più fragili. Alcune scuole offrono corsi riservati alle donne, con servizio di baby-sitting. È una scelta nata dall’osservazione delle difficoltà specifiche delle donne migranti: carico familiare elevato, cura dei bambini e della casa, scarse relazioni sociali. Tutti fattori che impediscono loro di apprendere l’italiano. Offrire spazi protetti e dedicati significa poter studiare, costruire autonomia e partecipazione, con un impatto diretto anche sui figli, spesso nati in Italia: il loro percorso verso la piena cittadinanza dipende in buona parte dal grado di inclusione dei genitori, in particolare delle loro madri.

Tra i protagonisti delle scuole ci sono poi i Minori stranieri non accompagnati (Msna), uno dei gruppi più fragili e più esposti della migrazione contemporanea. La Rete collabora con le comunità di accoglienza offrendo corsi integrativi di italiano, attività culturali e ludiche, momenti di stabilità relazionale. Il rischio è reale: se i Msna non vengono seguiti con continuità, possono scivolare in percorsi di devianza o microcriminalità. Molti arrivano con viaggi drammatici attraverso il Mediterraneo, portano traumi, vivono senza figure adulte stabili. La relazione coi volontari delle scuole è un argine alla marginalità, l’occasione per ricostruire sicurezza e fiducia. Per questo una lezione non è solo un atto didattico, ma un presidio educativo.

Il 7 dicembre scorso, festa di Sant’Ambrogio – patrono di Milano e, significativamente, anche lui immigrato – la città ha assegnato alla Rete il suo massimo riconoscimento nell’ambito delle celebrazioni dell’Ambrogino d’Oro: il Certificato di Benemerenza Civica. Tra applausi scroscianti, a ritirarlo dalle mani del sindaco Giuseppe Sala sono stati un volontario e 4 studenti provenienti da 4 continenti, a significare l’ampio orizzonte della Rete e della stessa comunità milanese.

In un periodo storico segnato da tensioni sulla mobilità umana e dalla difficoltà di discutere serenamente di immigrazione, questo premio assume un valore politico e civile: ricorda che la città si costruisce abbattendo muri, non alzandoli. E che Milano può indicare una strada a tutto il Paese.

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