Venezia operazione nostalgia

Un festival ricco di proposte, firmate tra gli altri da Mikhael Hers, i fratelli Coen, Jacques Audiard, Olivier Assayas, Luca Guadagnino

 

 

 

Piove, tuona e torna il sole al Lido, affollato di star e starlette. Ma quel che più importa è la qualità molto buona di molti film, in un festival così ricco da faticare a scegliere. Un tono che finora sembra attraversare i vari generi è quello delle nostalgia: di tenerezza, di casa, di rapporti veri. Di pace, si direbbe, insieme a una analisi per nulla rassicurante sul presente.

Prendiamo un piccolo-grande film nella sezione Orizzonti, Amanda di Mikhael Hers. Un giovane di 24 anni, David, che fa mille lavori e vive con la sorella ragazza madre della bambina, si trova a dover decidere se esserne il tutore, dopo che la sorella rimane vittima di un attentato. Disorientato, fragile, bisognoso lui stesso di affetto, abbandonato dalla madre da piccolo, impara da Amanda, chiusa nel dolore dell’orfanezza che la fa maturare in fretta, a diventare uomo. E a perdonare. La bellezza del film sta nella delicatezza di mezzi con cui ciò si ottiene, nei dialoghi leggeri, nella luce limpida, nel tornare bambini che fa scoprire altre possibilità di vita.

Oppure riandiamo al western dei fratelli Coen The Ballas of Buster Scruggs, ricco di omaggi al filone, di citazioni splendide (come quella da Ombre rosse). Un polittico di sei storie di frontiera più o meno stravaganti. Ma proprio nel dialogo citazione-fantasia-rievocazione sta l’operazione nostalgia di un modo di fare cinema e di un tempo “ideale” irrimediabilmente perduto, ma del cui ricordo non si può fare a meno.

Questo sentimento è ancor più visibile in un lavoro perfetto come tempi, dialoghi, fotografia e interpretazione di un cast di alto livello. Forse in odore di Leone d’oro. Si tratta di The Sisters Brothers di Jacques Audiard. Due fratelli, uno Charles violento (Joaquin Phoenix), l’altro, Elie, più sensibile, vivono in modo selvaggio, cercando di catturare un uomo e ucciderlo per il loro padrone. Raggiungeranno quest’uomo, un idealista che cerca l’oro per costruire una società di pace, ma la loro vita cambierà. Il viaggio nell’Oregon, anno 1851, tra una natura incontaminata, tra violenze e timori, è un percorso iniziatico di reciproca conoscenza e maturazione sino alla voglia di tornare a casa. Il film pur ambientato nell’800 appare una parabola dell’uomo attuale, che sogna nuove frontiere del benessere, ma si scontra con la violenza, l’oltraggio, la paura in una società dell’uomo contro l’altro uomo. Non può che cedere alla legge del più forte o tornare alla vita semplice del contatto con la natura.

Il timore che la rivoluzione tecnologica attuale elimini o frustri il senso della parola, cioè il rapporto tra le persone, nel caso il testo scritto e il lettore è ben chiaro nel lavoro Doubles vies di Olivier Assayas. Una di quelle commedie francesi preziose e corrosive, garbate e acute tipiche di questo cinema. Uno scrittore di romanzi e il suo editore, con le rispettive compagne, si incontrano, si scontrano, parlano del rapporto tra la lingua del digitale e quella tradizionale. Quale avrà il sopravvento e quale fa vendere di più? Le riflessioni si svolgono entro le vicende personali delle due coppie, in apparenza unite in realtà sfilacciate da reciproci tradimenti. Lentamente si fa strada la voglia di chiarezza, di autenticità, ma è faticoso e forse impossibile. Ma la nascita imprevista di un bambino può aprire nuove possibilità alla vita? Non c’è risposta.

Nessuna riposta anche nel finto–horror Suspiria di Luca Guadagnino, esteticamente molto bello. Non si tratta di un remake di quello di Dario Argento, ma di una libera creazione. In una accademia di danza si muove una presenza oscura. Essa man mano investe la direttrice, le responsabili e una ambiziosa ballerina oltre a un anziano psichiatra dal passato segnato dalla guerra. Ambientato nel 1977 nell’epoca della rivoluzione femminista, il film di sole donne esplora il subconscio, l’onirico umano. Domina più che la paura, la vergogna e il senso della colpa, che sembrano incancellabili. Anche l’icona del Sacro Cuore di Maria diventa un cuore cupo e senza luce. Non c’è speranza di pace.

Eppure, questa nostalgia percorre tutti questi lavori.

 

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