Venezia, la ripresa dopo la crisi

La città costruita sull’acqua si distingue per la sua forte resilienza dopo i danni subiti per il Covid e il fenomeno dell’acqua alta.
Basilica di San Marco. Foto: Candela Copparoni

Universalmente nota per i canali, le gondole, gli antichi palazzi ben conservati, un patrimonio culturale immenso, Venezia è una delle mete turistiche più ambite, tra le più visitate da italiani e stranieri. Tuttavia, una serie di avvenimenti accaduti negli ultimi anni hanno messo in ginocchio l’isola e i suoi cittadini, riducendo il flusso dei turisti fino al 72%.

Nel 2018, il fenomeno dell’acqua alta, più elevata del solito, ha colpito la città allagando il 73% della superficie pedonale e danneggiando diverse paratie e le rive del Canal Grande, quello che attraversa il centro storico. La situazione è peggiorata l’anno successivo. Il 12 novembre l’acqua ha raggiunto 187 cm, il secondo livello più alto della storia e che rievoca alla mente quell’“Aqua Granda” del 1966. Nel 2019, l’acqua alta ha allagato il 12% dell’isola per ben 28 volte, causando gravi conseguenze principalmente alla Basilica di San Marco, il punto più basso della città.

Processo di restauro delle opere rovinate dall’acqua. Foto: Candela Copparoni

L’architetto Mario Piana, proto della Basilica, mi mostra i danni causati dal passaggio dell’acqua. Il principale problema è costituito dal sale in essa contenuto che ha aggredito fortemente le lastre marmoree degli altari minori, da allora in processo di desalinizzazione, le pietre e la pavimentazione medievale a mosaico. Scendiamo dentro la cripta, a 19 cm sotto il livello del mare, dove ancora si percepisce l’altezza fino alla quale è rimasta sommersa e le fessure sulle pareti, da dove è filtrata l’acqua. Nella parte alta della Basilica ci sono i laboratori.

Il fenomeno dell’acqua alta ha colpito fortemente la Basilica di San Marco e la sua pavimentazione a mosaico, mentre la pandemia ha definitivamente allontanato i turisti.

Un team di 16 restauratori si prendono cura con estrema delicatezza delle tessere di mosaico che formano il pavimento, alcune risalenti al XVI secolo, altre di nuova creazione. L’ingegnere Pierpaolo Campostrini, ex procuratore della Basilica, insieme a Piana ha ideato un piano di protezione sotterraneo che consiste nella pulizia dei cunicoli, la risistemazione dei canali di drenaggio e l’inserimento di valvole per evitare che l’acqua delle piogge entri dai condotti. Infatti, in una gran parte dei casi l’allagamento si produce non tanto per l’altezza della piazza, bensì perché l’acqua risale lungo i condotti e sgorga dalle caditoie.

Le tessere vengono restaurate una ad una e incollate a rovescio per ricostruire i mosaici. Foto: Candela Copparoni
Piazza San Marco parzialmente allagata
e la Basilica omonima. Foto: Candela Copparoni

Nel frattempo, si lavora su una difesa fisica costituita da lastre di vetro che circonderà tutta la chiesa, evitando all’acqua di entrare. «Sopra una certa quota non è possibile – spiega Campostrini – proteggere la città e bisogna bloccare il mare». Avviene attraverso il “Mose”, un sistema di dighe mobili che, una volta alzate, funzionano come barriera tra la laguna e il mare. Un’opera costosa, decisa circa 40 anni fa, inaugurata nel 2020, ed entrata in funzione in 20 occasioni nell’ultimo periodo. Tuttavia, sembra una soluzione temporanea: «Il livello del mare continuerà a crescere – assicura l’ingegnere – e a un certo punto dovremo anche noi trasformare queste barriere in barriere fisse. Non riusciamo a prevedere quando, ma questo avverrà».

Nella “normalità”, l’acqua non impedisce il ritmo di vita di una città unica al mondo, anzi, la rende speciale e particolare nella sua quotidianità. Arrivo al mercato del pesce, nelle vicinanze del ponte di Rialto, il più famoso di Venezia, costruito alla fine del ’600: non lo attraverso a piedi, ma in gondola. Non una qualunque, ma quella del traghetto, usata in modo particolare dai veneziani. In un minuto e 30 secondi siamo dall’altra parte del Canal Grande, nel sestiere di San Polo. Anche qui le conseguenze del Covid si sono fatte notare, provocando la chiusura di diverse bancarelle. Ce lo racconta Michele, pescivendolo che lavora al mercato da ormai 35 anni. Il suo negozio è faticosamente riuscito ad andare avanti, ma spiega con dispiacere come altri non ce l’hanno fatta.

Il Ponte di Rialto, punto strategico per il commercio veneziano. Foto: Candela Copparoni
Il mercato del pesce a Rialto, nel sestiere di San Polo. Foto: Candela Copparoni

Raggiungendo Strada Nova, quella che collega il ponte di Rialto con la stazione ferroviaria Santa Lucia, mi ritrovo nel sestiere di Cannaregio, il più popolato e uno dei più grandi dell’isola. Un quartiere incantevole, con stradine secondarie o “calli”, come si chiamano in veneziano, meno affollate e che servono come scorciatoie per attraversare il centro storico, nelle quali spuntano osterie tipiche veneziane e negozi artigianali. Una fermata obbligatoria nel cuore di questo sestiere è il ghetto ebraico, costruito nel XVI secolo. Fu il primo in Europa, e radunava tutti gli ebrei della città in un unico punto. Ben conservato negli anni, oggi vi è ancora possibile visitare le sinagoghe e il Museo Ebraico.

La posizione di Cannaregio tra il Canal Grande e il mar Adriatico permette di godere di un bellissimo tramonto che, riflesso sull’acqua, dà la sensazione di infinito. In più, dalle fermate di Sant’Alvise, Santa Maria dell’Orto o Fondamenta Nuove si può prendere un vaporetto per arrivare ad altre isole vicine come Murano, Burano o il Lido. Un’altra curiosità da sottolineare è che il sestiere fu la casa di grandi personalità come Marco Polo, Tiziano e Tintoretto, i cui dipinti si conservano nella chiesa di Santa Maria dell’Orto.

I ristoranti hanno difficoltà a continuare la loro attività con la drastica riduzione del turismo. Foto: Candela Copparoni
Tramonto su uno dei canali del sestiere
di Cannaregio. In fondo, a destra, la casa
studentesca Santa Fosca. Foto: Candela Copparoni

In questa zona, una storia di speranza me la racconta Fosca Rosso, responsabile della casa studentesca universitaria Santa Fosca. In mezzo a una situazione critica, questa comunità è riuscita a continuare le proprie attività grazie a un comune obiettivo: «Ci siamo impegnati a trovare un modo per offrire un’esperienza di vita vera. La comunità ha resistito, è riuscita a superare le barriere, trovando la forza dell’unione, della fraternità che ti fa andare oltre un momento di disagio e ti fa guardare a quello che potrà esserci di bello, di nuovo e di conquistabile».

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