Venezia in cerca di felicità

Presentato al Lido il bestseller "La luce sugli oceani" di M.L. Stedman rivisitato da Derek Cianfrance: classico mélo dolore, amore, riscatto e lacrime. Un film per il grande pubblico, ma che non esagera nel sentimentalismo drammatico. Proiettato anche Wim Wenders con il suo ultimo lavoro, di non facile fruizione, e  "Arrival" di Denis Villeneuve, con gli alieni protagonisti di una storia originale
Wim Wenders alla Mostra del cinema di Venezia

Come è difficile essere felici! Ma poi, si può davvero? Derek Cianfrance rivista il bestseller La luce sugli oceani di M.L. Stedman e ci propone il classico mélo dolore, amore, riscatto e lacrime. Lui (Michael Fassbender) è un eroe della guerra, solitario e in preda ai rimorsi, lei (Alicia Vikander) una ragazza facile a innamorasi, molto (troppo) emotiva. Lui diventa un guardiano del faro in Australia e ci vive con lei in solitudine amorosa e complice. Ma lei ha due aborti e niente figli, dunque. Una tempesta porta in mare una barca: c'è il cadavere di un uomo e una bambina. Lei ci vede un destino favorevole e lo convince a prenderla come figlia,senza dir nulla a nessuno. Cinque anni felici, poi i rimorsi lo prendono. Il fatto viene scoperto e la piccola data alla madre vera. Lui viene processato, si salverà? Soprattutto, si salverà il loro amore? Girato magnificamente con squarci della natura bellissimi, ben recitato, il film descrive, ma perde forse l'occasione di andare a fondo sul problema etico: questa bambina è giusto che vada con la madre naturale che lei rifiuta o stia con quella adottiva? Lavoro lussuoso, per il grande pubblico, gioca sul tema della felicità che risulta una conquista, da lottare per mantenerla sempre accanto. Per fortuna, Cianfrance non esagera nel sentimentalismo drammatico, tipico del genere, e questo è un gran merito.

 

Non sappiamo però se sia un merito il lunghissimo dialogo tra un uomo e una donna, nella luminosa estate nell'Ile de France, in mezzo a una natura che sembra una tela di Monet, che intessono i due protagonisti dell'opera "teatrale" di Wim Wenders, Beaux jours d'Aranjuez. Lavoro filosofico-esistenzialista, non per tutti i palati dunque, riecheggia anch'esso il tema della felicità. Il discorso sulla diversità tra la natura maschile e quella femminile, l'amore come unità di corpi, di spirito, il desiderio come realtà perenne vengono rievocati dai due, mentre uno scrittore immagina, lavora, dando vita nella sua fantasia – e nello schermo – al dialogo-dibattito. Wenders diventa talora artficioso e accademico nella discussione, ma per fortuna fa parlare il fruscio del vento, i fiori, le forre: esse sono l'armonia che la coppia cerca trova perde e poi desidera. Il contrasto natura-umanità è forte e forse si può piangere la felicità perduta e ormai impossibile. Ma sarà proprio così? Film non per tutti, ma forse un ritratto autobiografico sincero come non mai.

 

Ci mancavano gli alieni. Niente paura, ritornano in Arrival di Denis Villeneuve e vogliono non ucciderci, come nei soliti blockbuster, ma darci un dono, parlarci. Lo capisce la linguista Amy Adams, che entra in contatto con un oggetto misterioso – evoca certe tele di Magritte – insieme a uno scienziato (Jeremy Renner) e riesce a comprenderne il messaggio. Naturalmente è dura, perché i militari al solito sono guerrafondai, cinesi per primi, che dopo rimediano alla brutta figura, forse… In questo film americanissimo – ma come sono sempre bravi, anzi no, brave – le donne made in Usa, previdenti e preveggenti… Ma chi sono poi questi alieni rinchiusi nel misterioso "cetriolo": Dio, gli angeli, il destino? Ovvio, il film non lo dice, ognuno può pensare quello che vuole, ma la dimensione metafisica è accennata. Film sicuramente popolare e spettacolare, ma con qualcosa di diverso dal solito: accenni al mistero, alla voglia di libertà, di felicità e, perché no, messaggio ai popoli della terra di collaborare e di smetterla con l'egocentrsimo. Qualcuno ascolterà? Chissà. Ma col cinema, non si sa mai.

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