Veneto: la riforma della sanità

Prosegue, con qualche polemica, il piano per riorganizzare le Usl sul territorio della regione che è il riferimento nazionale in questo campo. L’affidamento delle competenze extra-sanitarie all’Azienda Zero  
Sanità Veneto

In più Regioni si sta parlando in questi tempi di riforma sanitaria; e non fa eccezione il Veneto, dove è stata sancita la nuova “geografia” della Sanità Regionale. Lo scorso 6 ottobre è stato approvato dal Consiglio regionale l’emendamento che riduce a 9 le Unità locali socio sanitarie (Ulss), dalle 21 precedentemente esistenti: uno dei capisaldi del disegno complessivo di riforma portato avanti dalla giunta Zaia, e che da ormai un anno sta cercando, tra alterne vicende, di trovare compimento.

 

Alla presentazione della riforma – uno dei primi passi compiuti dalla nuova Giunta – era seguita l’audizione dei rappresentanti dei territori; ma se la necessità di rivedere un sistema frammentato e di accentrare alcune funzioni direzionali ed amministrative in un unico organismo regionale – battezzata “azienda zero” –era stata in larga misura condivisa, il come questo dovesse essere fatto non lo era altrettanto. La discussione si è quindi protratta a lungo, finché appunto il 6 ottobre si è arrivati all’approvazione della riorganizzazione territoriale delle aziende sanitarie: non più una per provincia, come inizialmente ipotizzato, ma nove – si aggiungono infatti la Ulss Pedemontana, che fa capo a Bassano, e quella del Veneto Orientale, che fa capo a San Donà.

 

Una suddivisione che lascia però significative disparità: mentre le Ulss di Padova e Verona superano il milione di abitanti, quella di Belluno ne conta 180 mila, e quella del Veneto Orientale 200 mila. Di qui le perplessità di diversi consiglieri di opposizione, soprattutto di quelli veronesi – sostenuti anche dal sindaco del capoluogo, Flavio Tosi – che hanno attribuito la creazione delle due Ulss “extra” non a necessità specifiche di quei territori ma, per dirla con Tosi, a «criteri di bottega elettorale. […]. La scelta di avere una Ulss del Veneto orientale e una della Pedemontana non è basata su una logica omogenea per tutto il territorio veneto: il criterio fondato sul fattore turismo dovrebbe logicamente valere anche per il Garda, e il criterio pedemontano che vale per la zona di Bassano dovrebbe essere applicato anche alle provincie di Treviso, di Verona o di Padova».

 

Una mancanza di criteri oggettivi lamentata anche da altre parti: «Per giustificare le 9 Ulss sono stati invece forniti dati contraddittori e per nulla convincenti, rafforzando invece la sensazione che si dovesse accontentare qualcuno con due Ulss create ad hoc. Così facendo la maggioranza ha chiuso le porte anche alle richieste di criteri condivisi e trasparenti fatte da molte Conferenze dei Sindaci» ha affermato Cristina Guarda, eletta con una lista civica; che riconosce comunque una fruttuosa dialettica tra maggioranza e opposizione che ha portato a «netti miglioramenti soprattutto in merito all’introduzione della tessera sanitaria elettronica, al piano per la riduzione delle liste d’attesa, all’assistenza sanitaria intermedia e al ridimensionamento delle funzioni dell’azienda zero, che ora è a servizio e non più a capo delle Ulss – tutti temi su cui avevamo avanzato proposte. Dispiace che questa collaborazione sia sfumata riguardo il tema del riassetto delle Ulss».

 

Che cosa aspetta ora dunque i veneti? Per ora, “solo” la riorganizzazione territoriale delle Ulss e l’affidamento delle competenze extra-sanitarie all’Azienda Zero: manca infatti, come ha ricordato lo stesso Zaia, «una parte non meno importante relativa all’intero provvedimento. Mi auguro che, pur attraverso un doveroso e approfondito dibattito, si arrivi più presto al voto, perché la sanità veneta e i veneti hanno bisogno di questa riforma».

 

Il tema è del resto – come hanno confermato anche diverse indagini e sondaggi condotti in Regione – molto sentito dai veneti, che si fregiano di vivere in una Regione che – come non manca mai di ricordare Zaia – era stata assunta dal governo come Regione “benchmark” – ossia di riferimento – in tema sanità: l’auspicio di tutti è quindi quello che si arrivi al più presto a superare questo stallo e ad utilizzare le risorse liberate da una gestione più accorta ed efficiente per migliorare i servizi.

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