Un’impresa per i secoli

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Ci aveva pensato, per primo, Nicola V Parentuccelli, il gracile e colto umanista diventato papa nel 1448 a fare di Roma il centro della renovatio christiana. Dopo il trauma di uno scisma trentennale, la cristianità riunita doveva avere un suo centro ch’esprimesse in arte e cultura la sua forza spirituale, grazie ad un vero programma di ampio respiro. Così aveva pensato ad una Biblioteca e a rinnovare la vecchia basilica costantiniana di San Pietro. Un colto francescano, Sisto IV Della Rovere, papa dal 1471, era andato avanti, riorganizzando la Biblioteca e costruendo la cappella palatina, chiamata da lui Sistina, oltre a sistemare vie piazze chiese ospedali per i pellegrini e i romani. Ma spettava a suo nipote, Giulio, II uomo di grandiose idee e di carattere deciso, dare un colpo d’ala formidabile al progetto, aiutato anche dalle circostanze esterne e da veri geni dell’arte. La scoperta del Laocoonte Il 14 gennaio 1506 in una vigna sul colle Oppio preso le Terme di Tito si scopriva un gruppo scultoreo in marmo di tre figure. Subito identificato col Laocoonte e i suoi due figli – personaggio dell’Eneide virgiliana – fu visto da Giuliano da Sangallo e da Mich gelo. Accorse una folla enorme come fusse el jubileo. La scoperta, in anni in cui l’amore per la classicità si sostanziava con la fede cristiana, provocò un’eco immediata in tutta Europa. Con il suo tipico tempismo, Giulio II l’acquistò per il suo Cortile ottagono delle statue. Se infatti Enea era stato il progenitore di Roma, lui, Giulio, ne doveva essere un secondo fondatore.Ma di una Roma cristiana che si riallacciasse e spiritualizzasse la civiltà antica. Perciò il gruppo fu posto in un ambiente creato appositamente sul colle vaticano: da questo Cortile sarebbero nati i Musei, collezione d’arte che esprimeva – ed esprime – il concetto di bellezza tipica del cristianesimo, fondato sull’idea di incarnazionemorte- resurrezione. Che getta una luce splendente sul passato e sul futuro, con la nascita nel secolo XX del Museo etnologico missionario, di quello Pio Cristiano ristrutturato e della Collezione d’arte religiosa moderna, voluta da Paolo VI e realizzata con le opere donate da grandi artisti a questo pontefice illuminato. La nuova Basilica Il 18 aprile 1506 Giulio II depone la prima pietra della nuova San Pietro, scendendo sotterra. Progettata dal Bramante, sostituirà la vecchia chiesa. Non immediatamente, come vorrebbe il pontefice impaziente, ma con un lavoro secolare, che risparmia ben poco delle gloriose vestigia del passato (uno choc per molti contemporanei). A Bramante succederanno infatti i progetti del Sangallo, di Raffaello, di Michelangelo. La pianta centrale, così classica a croce greca, verrà sostituita da quella longitudinale, a croce latina, come nelle cattedrali gotiche: un ricordo architettonico di forte pregnanza simbolica. La cupola michelangiolesca, sorretta da un tamburo gigantesco su cui si sarebbero dovute innalzare statue colossali – Michelangelo pensa sempre in dimensioni eterne, come Giulio II – verrà calibrata dal Della Porta in una forma più acuta, mentre la facciata del Maderno, a inizio secolo XVII, sarà una frenata immensa allo slancio verticale dell’insieme. Ci penserà Bernini a contenerne l’urto, coll’aprire le braccia del colonnato. All’interno poi, intorno ai quattro colossali pilastri del Bramante su cui poggia la cupola, il barocco sfolgora con una decorazione straripante di marmi e mosaici che tuttavia quegli spazi immensi non rendono pesante, anzi accogliente. Ancor più accogliente, se si potesse dire, è la basilica sotterranea, ossia la zona della Via Cornelia dell’età romana fiancheggiata da tombe, fino al luogo dove, povero tra i poveri, sulla nuda terra, fu sepolto Pietro. La scritta greca su intonaco rosso Petros éni, Pietro è qui, emoziona in modo indelebile: sui resti dal IV secolo ad oggi si prega, si loda, si ammira, dentro un monumento che dalle povere tegole su un vecchio corpo si è trasformato nella maggior basilica del mondo. E che Giulio II profeticamente ha voluto fosse un faro irradiante della luce cristiana. Le mostre – Petros éni: la storia della basilica vaticana attraverso reperti paleocristiani, monete, ritratti di papi rinascimentali di Raffaello e Tiziano, il progetto ligneo della cu- pola di Michelangelo, e poi lettere e documenti come il saio di san Francesco, i manoscritti di Teresa di Lisieux ad esprimere il culto petrino, e al contempo la vicinanza ai poveri da sempre legati alla basilica (e oggi soccorsi dalle suore di Madre Teresa). – Petros éni, Pietro è qui. Vaticano, Braccio di Carlo Magno. Fino all’8/3/07 (catalogo Edindustria). – Laocoonte, alle origini dei Musei Vaticani. Si ripercorre la storia della scoperta del gruppo marmoreo, la sua immensa fama e l’influenza sugli artisti dal Cinquecento in poi attraverso disegni, studi, lavori, come simbolo di una estetica che ci appartiene anche oggi. Fra le cinque sezioni, oltre all’originale e ai calchi, la testa di Ulisse dalla Grotta di Tiberio a Sperlonga, l’illustrazione del Virgilio Vaticano del V sec., il bronzo di Francesco di Giorgio Martini, i disegni di Raffaello Bernini Rubens, le sculture di Arturo Martini, Fabrizio Clerici. – Musei Vaticani, fino al 28/2/07 (catalogo L’Erma di Bretschneider). – La Necropoli romana della Via Triumphalis. Scoperta nel 2003 in Vaticano durante i lavori per un parcheggio, è una necropoli che continua la Via Cornelia – quella sotto a San Pietro – con tombe in ottimo stato dal I al IV sec. Corredi, affreschi, stucchi e marmi di gran pregio. Uno sguardo appassionante sulla Roma antica. Aperta al pubblico su prenotazione 06-69884947. UN ITINERARIO PER I MUSEI VATICANI Poco tempo ma tanta voglia di vederli. Sette chilometri di percorso, 1400 ambienti, 70 mila opere di cui 50 mila nei depositi: dagli egizi agli assiri, dai greci e romani ai bizantini, dal Rinascimento al Novecento sarebbe da scoraggiarsi. Invece, per una prima visita essenziale, e non superficiale, proponiamo il seguente (sperimentato) itinerario. a) Sezione classica, cioè il Cortile Ottagono delle statue, culla dei Musei, con il Laooconte del I sec. e l’Apollo del Belvedere, da sempre fonte di ispirazioni dell’estetica europea. b) Pinacoteca: quattro dipinti da non perdere: il Trittico Stefaneschi di Giotto, ca.1320, già nell’antica san Pietro, summa della spiritualità medievale, la Trasfigurazione di Raffaello, 1520, sintesi di religione e teatro, il San Girolamo incompiuto di Leonardo e la Deposizionedi Caravaggio, ca.1604, capolavoro della sua maturità. c) Le Stanze di Raffaello, in particolare quella della Segnatura, la più armoniosa unità di fede ed arte. d) La Cappella Sistina: da sola meriterebbe una visita a parte, non solo per Michelangelo ma per gli affreschi di Perugino e Botticelli. e) La Biblioteca affrescata ai tempi di Sisto V, un ambiente dove estetica e cultura si incontrano.

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