Un’altra Napoli

Le cronache ci parlano di criminalità, fatti di cronaca violenti, ma la Campania è anche tanto altro. L'iniziativa del Cantiere 2.0. 35 ragazzi, dai 13 ai 17 anni, si sono occupati, per tre giorni, degli ultimi della società

Napoli al centro della cronaca, ciclicamente. E quando ci sono i ragazzi di mezzo, siamo tutti più incupiti. La vicenda di Arturo, accoltellato da un gruppo di giovanissimi, scatena un movimento popolare per dire basta alla violenza senza ragione; quella di Luigi, giovane promessa del calcio colpito a Parete (Ce) da una pallottola vagante, ci lascia col fiato sospeso. Le loro storie hanno accompagnato le cronache natalizie, tornando a parlare di fatti alla Gomorra, o di baby gang, stile Paranza dei bambini. Ma vogliamo resistere alla tentazione di cucire addosso a questo territorio uno stereotipo che non rende giustizia alla verità: Napoli e la Campania sono molto di più. Ce lo conferma la notizia, piccola ma significativa, di un’iniziativa realizzata proprio dai ragazzi. Vengono da Napoli, Caserta, Avellino e anche dalla provincia: Grazzanise, Nola, San Felice a Cancello, Marcianise, Nocera Inferiore, Boscoreale, Roccabascerana, Casoria, Arzano. Qualcuno anche dalla Basilicata. Sono 35, tutti tra i 13 e i 17 anni, più tanti altri coetanei che si sono aggiunti durante le varie giornate dando vita per le vie del centro di Napoli, dall’8 al 10 dicembre, al Cantiere 2.0.

Cantiere, perché ricorda l’idea dei lavori in corso, 2.0, perché  segue la precedente edizione, svoltasi nel periodo estivo a Trecchina (Pz), Nocera Inferiore (Sa) e Vitulazio (Ce), e organizzata dai Ragazzi per l’Unità della Campania. Sognano ad occhi aperti, questi ragazzi, vedendo che si è più felici donando qualcosa di sé. Una scoperta che vale per tutta la vita.

E se il Cantiere di luglio è stato itinerante e in luoghi di provincia, protagonista la natura, il Cantiere 2.0 si è svolto in piena Napoli. A dormire in una scuola con i sacchi a pelo, dal quartier generale dell’Istituto Nazareth, i ragazzi sono partiti per una serie di azioni sociali svolte nei quartieri cittadini più degradati.

Portare la colazione preparata da loro stessi alle persone senza fissa dimora del centro storico con partenza alle 6.30 del mattino; visita e pulizia al centro La Tenda che accoglie più di 100 persone senza fissa dimora ogni notte, nel quartiere Sanità; al quartiere Scampia, interagendo con l’associazione cittadina i “Pollici Verdi” che ha recuperato una piazza di spaccio di droga per restituirla a luogo di gioco per i bambini; pulizia e sistemazione di abiti e biancheria di un centro Caritas e visita ad una casa di riposo per anziani al quartiere Vomero.
E infine al quartiere Chiaiano, la pulizia degli spazi della casa delle suore Figlie della Carità che accoglie anziani e ragazzi del territorio.

I vari luoghi si raggiungevano a piedi o spostandosi in metro, anche 6 volte in un giorno. A chi, per strada, incuriosito dalla loro presenza, chiedeva spiegazioni, erano i ragazzi stessi a rispondere, in metro, all’alba di un giorno festivo, con thermos di latte caldo, ma soprattutto felici!

«I ragazzi sono stati coinvolgenti ed hanno invitato amici e compagni di scuola ad una esperienza in cui credevano fortemente e che erano sicuri potesse entusiasmarli», raccontano Claudio e Regina Parisi, educatori, che insieme a tanti altri hanno reso possibile ai ragazzi questa esperienza. Alle azioni sociali, si alternavano momenti di gioco nella palestra della scuola e serate alternative, dalla visione del film di Giordana, Quando sei nato non puoi più nasconderti, a una simulazione, preparata e presentata dai ragazzi stessi, per individuare i “punti grigi” della propria città con la speranza che, una volta tornati nei propri territori, possano avere gli strumenti per agire e incidere innescando processi stabili di cambiamento della realtà sociale in cui sono immersi; e ancora tornei di pallavolo e calcetto.

L’arcivescovo ausiliare di Napoli, mons. Lucio Lemmo ha celebrato la messa domenicale. «Un momento importante – spiegano i Parisi – anche perché durante l’omelia ha raccontato di quando anche lui, impegnato con altri giovani nei campi di lavoro, ha maturato la scelta di spendere la vita per amare, per donarsi agli altri in maniera concreta, sporcandosi le mani, toccando la carne di Dio nei più poveri, come anche noi cercavamo di fare in quei giorni. Insomma ha confermato e incoraggiato tutti a continuare».

«Dall’entusiasmo dei ragazzi – sobrio e profondo, segno che sono stati coinvolti in un’esperienza forte di Dio scoperto nei poveri, nei senza fissa dimora, negli anziani… –  dal moltiplicarci rispetto al cantiere di luglio, dal protagonismo positivo dei ragazzi, dall’armonia che caratterizzava i rapporti, ci sembra che la formula del Cantiere sia geniale e fruttuosa a tutti i livelli. E ora ci prepariamo al Cantiere 3.0.» – dice chi li ha accompagnati in questo tratto di strada.

Sì, perché di strade alternative, per i ragazzi ce ne sono, il Cantiere 2.0 lo ha dimostrato. Ma ci vogliono anche adulti capaci di essere generativi, che con il loro esempio li innamorino a mète più alte, e facciano dire a tanti, come Andrea di 13 anni di aver fatto «un’esperienza bellissima. Possiamo aiutare la natura e anche il prossimo, perché  aiutando gli altri è come se avessimo aiutato Dio».

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