Un’altra Corleone

È pazzesco, non ci quadra, è da tre giorni che con i miei amici ci chiediamo cosa spinge 150 giovani di 36 paesi della Sicilia, della Calabria e persino da Malta a venire per una settimana a Corleone. Niente vita notturna, niente pub trendy, una fama terribile. E poi un caldo torrido, brandine malferme per letto, docce funzionanti a giorni alterni. Eppure siete felici, nessuno sciopera o protesta. Gianluca, occhi limpidi e cuore accogliente non riesce a contenere la sua meraviglia di fronte all’insolita invasione del suo paese, Corleone, noto più per fatti di cronaca nera e per le tante ombre e non certo come meta di vacanze e di turismo. Be a sign of hope, il campo estivo dei Giovani per un mondo unito, voleva proprio lasciare il segno già nella scelta della sede, una città che rievoca anni difficili, bui, dolorosi ma che con grande coraggio e volontà ha intrapreso da tempo il cammino della rinascita. Questi giovani vogliono contribuirvi con ciò che più li caratterizza: la semplicità del sentirsi fratelli vissuta a 360 gradi con tutti, bambini e anziani, commercianti e amministratori, sacerdoti e giornalisti, credenti e non. Una fraternità che non vuole essere solo lo slogan di una settimana ma l’anima e la radice più profonda di ogni rapporto, di ogni atto, di ogni gesto, di ogni attività, per operare un bene che duri nei cuori dei giovani partecipanti e negli abitanti di Corleone anche dopo questo campo. Occorre diffondere fra più gente possibile l’idea e la pratica della fraternità, perché i fratelli sanno pensare ai fratelli, sanno come aiutarli, sanno condividere quanto hanno. La fraternità vera, reale, sentita è frutto di quell’amore che sa aprirsi verso gli altri e collaborare per costruire insieme l’unità e la pace. Queste parole, pronunciate da Chiara Lubich alla Westminster Hall di Londra, nel giugno 2004, hanno dato il via al Summer camp. I tornei sportivi, le gite, i laboratori di musica, teatro, fotografia, arte, i giochi, il conoscere la storia e i suggestivi angoli della città di questa città, l’intensa relazione con la natura, scoperta come dote da ridonare al creatore, tutto insomma è diventato materia prima perché i segni di speranza diventassero visibili e vivibili. Il sindaco Nicolò Nicolosi, che ha sostenuto il progetto sin dalla nascita, si diceva convinto che questa esperienza è importante per la città per crescere come comunità, è uno scambio anche interiore perché da lì parte un’azione di rinnovamento. L’assessore alla cultura, Nino Iannazzo, non ha risparmiato forze ed inventiva per far sì che il campo si svolgesse proprio lì, candidando Corleone ad essere non solo terra di legalità ma anche di fratellanza. Segno di speranza è il titolo del campo, mi auguro che questo segno entri in tutte le case e che la città possa rispondere in fratellanza e solidarietà. E la città ha risposto con un calore ed un’accoglienza sorprendenti. Non era insolito imbattersi in scene del tipo: Scusi mi sono persa, può indicarmi il comune?. Non si preoccupi, l’accompagno io era la risposta pronta del passante. Oppure: Mi serve un prodotto per svitare la porta, dove posso comperarlo?. Non serve. Le do il mio! Mi faccia vedere così l’aiuto io, rispondeva la signora vicina alla sala dei laboratori. E poi le associazioni locali che con idee, suggerimenti e muscoli hanno sostenuto ed incoraggiato le molteplici attività della settimana. Cosicché, dopo due giorni non si parlava più di noi e voi, ma di noi. La fantasia si è inventata mille percorsi ed occasioni impensabili per mettere in atto un vero allenamento nella gara di ascolto e di amicizia. Cedere la propria brandina, scegliere la doccia fredda, aspettare l’ultimo arrivato fino a tarda notte, lavorare sotto il sole cocente per montare la scenografia dello spettacolo. Ma anche entrare nella casa di Nino, il cui cognome rievoca episodi tragici, e restare con la sua famiglia per un tè, raccontare le proprie esperienze di vangelo vissuto, aiutare una signora a portare la spesa, conoscere i progetti dei diversi gruppi della città, fermarsi ad ascoltare i cunti (i racconti) degli anziani, entrare nella ludoteca e giocare con i bambini, aiutare a riordinare il ristorante che ospitava i campisti. Elena, intervistata per Summer Camp news, il giornale edito dai giovani in quei giorni, commenta: È un bell’effetto vedervi così integrati nel paese. E Giovanni: Credo che ognuno di noi abbia molto da dare e voi ci state donando quello che avete. Mi ha impressionato la scelta del nostro paese: forse siete qui per aiutarci a dimostrare e a mettere in luce la vera essenza di Corleone, commenta invece Chicca. Da parte sua, Paolo Giammancheri, addetto stampa dell’Unione dei comuni del corleonese confida commosso: Mi è bastato poco per capire che questa esperienza avrebbe cambiato tanti cuori, anche quelli più duri. Appunto, col coraggio di Sara e Pino, ad esempio, che quotidianamente a Brancaccio, il quartiere di Padre Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia a Palermo, lavorano per i più poveri. O con quello di Rocco e Rosa di Gela, città nota per la violenza criminale, che hanno trasformato il loro quartiere degradato in quartiere pilota per i cambiamenti realizzati. O, ancora, come il coraggio di Roberto, che insieme a Paolo Borsellino operava nelle carceri e nei tribunali. È forse proprio questo coraggio dell’amore il segreto che Gianluca ha cercato di scoprire dietro il campo estivo, e che ha colorato di molteplici sfumature la vita dei giovani presenti come quella di tanti corleonesi, ormai diventati loro amici. Coraggio dell’amore che è stato il dono che i Giovani per un mondo unito hanno fatto alla città di Corleone, aiutandola a riscoprire la sua vocazione all’unità che, già nella primavera del 1282, le faceva scrivere: La città di Corleone è pronta e preparata a fornire unità, fedeltà e fraternità al popolo ed al comune della città di Palermo per aiutare in tutto tale comune. E se Francis Ford Coppola girasse qui il suo ultimo film?

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