Un’adunata, una festa

Al di là delle polemiche che hanno preceduto l'85° raduno degli alpini a Bolzano, tutto si è svolto nel migliore dei modi: un diario del weekend dalla tribuna d'onore
alpini

Il viaggio non inizia sotto i migliori auspici: sul treno per Bolzano, un intero scompartimento è occupato da gente con cappello alpino e bottiglia in mano, in compagnia pure del controllore. Ma poi, una volta arrivati nel capoluogo altoatesino, ci si rende conto che, pur essendo quello dell'alpino dedito alle gozzoviglie alcoliche un luogo comune che ha la sua ragion d'essere, l'85ma adunata a Bolzano è – come ha ammesso lo stesso "Dolomiten", uno dei più diffusi quotidiani di lingua tedesca – una festa per tutti. Non solo per chi, pur non portando il cappello in testa, ha raggiunto la città per unirsi alla manifestazione (si stimano 300mila persone); ma anche per i residenti, che al di là degli inevitabili disagi, non hanno disdegnato di scendere in strada a fare amicizia: «Ho conosciuto un ingegnere alpino: per me, che studio appunto ingegneria, è stata una chiacchierata interessante», racconta Luca, bolzanino doc.
 
Già il sabato pomeriggio Bolzano è affollatissima: le tende sono piantate anche sotto il cavalcavia dell'autostrada e nelle aiuole. Ma nonostante le numerose bancarelle che vendono gadget, cibi e bevande, le fanfare, e i personaggi un po' pittoreschi – tra cui un vecchio alpino in bici, che munito di bicchierini di plastica offre grappa a tutti dalla sua fiaschetta –, il disordine non degenera in caos. Al quartier generale dell'adunata, il lussuoso hotel Laurin pieno di graduati con la penna bianca al cappello, si respira un'aria distesa, nonostante le polemiche – soprattutto sulle bandiere italiane, presenti in gran quantità – che hanno preceduto un'adunata in terra di madrelingua tedesca. A troncare i commenti di troppo ci ha pensato il sindaco Spagnolli, dichiarando che «la nostra bandiera si ama, quella degli altri si rispetta». A sentir loro, ma anche i bolzanini interpellati, è tutto dimenticato: adesso si festeggia, e questo è un ottimo richiamo a tutte le latitudini.
 
In fin dei conti, c'è da divertirsi. Alla cittadella alpina i vari reparti dell'esercito allestiscono, per la gioia dei ragazzini, dimostrazioni del loro lavoro: particolarmente gettonata la possibilità di salire su un elicottero, peccato che diano retta soltanto ai bambini. Una banda di espatriati in Nordamerica improvvisa una serie di pezzi jazz e spirituals, con i passanti che si uniscono a ballare e battere le mani: c'è varietà rispetto ai tradizionali canti alpini, intonati ovunque dai cori. Inutile negare che l'alcol scorre a fiumi, ma gli alpini hanno buona resistenza: non si verifica nessun incidente rilevante, e chi è stato ad adunate precedenti conferma che le persone che hanno superato il limite sono notevolmente meno che gli anni scorsi. Dopotutto, domenica c'è la sfilata: e lì bisogna essere sobri per tenere il passo.
 
E infatti la mattina dopo Bolzano è in fermento già all'alba: la sfilata inizia alle 9 con l'arrivo del labaro e delle autorità, tra cui il ministro della Difesa. Il bilinguismo è rispettato: accanto allo speaker italiano, a coprire le oltre 10 ore di corteo ce n'è uno di madrelingua tedesca, e i due si alternano con dovizia nel commentare il passaggio dei vari gruppi.

Riusciamo a recuperare un posto in tribuna d'onore: al di là di antimilitarismo e frecciatine che pur si odono su «quanti fondi pubblici saranno mai andati a questa adunata, in tempi di austerità», da qui bisogna ammettere che è pittoresco veder passare le truppe in uniforme storica, i mezzi militari d'epoca, e i reduci di Russia – tra cui uno classe 1916, arrivato dall'Australia dove è emigrato, che rifiuta la sedia a rotelle e marcia insieme ai giovani alpini che lo accompagnano. Poi le sezioni estere, la Protezione civile con cani al seguito, e addirittura le truppe con i muli: uno spettacolo che in televisione non avremmo seguito per più di dieci minuti, ma che di persona diventa coinvolgente.
 
Oltre la retorica su alpini e alpinità, è interessante l'excursus fatto dagli speaker sulle attività di volontariato e solidarietà che molte sezioni dell'Associazione nazionale alpini (Ana) portano avanti: dalla raccolta fondi per costruire scuole nei Paesi in via di sviluppo, fino al gruppo di Claut, in Friuli, che ha sistemato la strada di accesso alla casa di un loro compagno in sedia a rotelle. E in effetti sono diversi anche quelli che sfilano così, spinti da altri alpini, oppure autonomi grazie a quella sorta di biciclette usate anche dagli atleti paralimpici.
 
A fine giornata, pare che tutti siano soddisfatti: il presidente dell'Ana, Perona, e il sindaco Spagnolli ringraziano i bolzanini, che – inutile negarlo – dovranno ora affrontare “l'alba del giorno dopo”, con una città reduce dal passaggio di 300mila persone. Anche se sembrano essere stati ospiti discretamente rispettosi: la domenica sera, per quanto cartacce e bicchieri per terra ci siano, dire che Bolzano sia invasa dai rifiuti sarebbe un'esagerazione. In fondo, una città gioiellino tirata a lucido come questa induce anche a rispettarla, in una sorta di circolo virtuoso. E sul treno affollatissimo che ridiscende la valle verso sud, non resta che dare un arrivederci a Piacenza nel 2013.

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