Una vita con Maria

Eravamo undici fratelli, con una mamma che aveva saputo trasmetterci il gusto della preghiera e il senso dell’unità con la Madonna. Ricordo il rosario recitato la sera, non sempre con trasporto allorché interrompeva i nostri giochi, che però alimentava un rapporto che si sarebbe sviluppato nel tempo; ricordo, nel mese di maggio, la chiesetta di campagna piena di gente, fra luci, canti, fiori che anche noi portavamo tutte le sere” Certo, era in gioco pure il sentimento, ma non solo quello: in onore di Maria, infatti, facevamo anche dei piccoli sacrifici (i “fioretti”), e in una famiglia numerosa come la nostra, dove non sempre era facile andare d’accordo, non mancavano le occasioni; ecco allora che questa offerta alla Madonna facilitava anche l’armonia tra noi. Più tardi, nell’ambiente universitario che frequentavo, reagivo ad un certo modo di parlare della donna tra noi studenti che offendeva la mia sensibilità: e ciò per l’immagine che mi ero fatta di lei, dovuta pure all’influsso di Maria. Così sono stato preservato da esperienze negative, tanto comuni tra i miei colleghi. Finché è avvenuto un fatto decisivo che, dietro l’immagine tradizionale della Madre di Gesù, mi ha aiutato a scoprire una realtà più profonda. È stato quando, incontrando e facendo mia la spiritualità mariana dei Focolari, ho compreso che per essere veramente unito a lei dovevo imitarla, riviverla. Ad esempio nella mia professione di pediatra o, prima ancora, quando sono stato chiamato a dirigere un carcere minorile a Torino. In quell’ambiente, dove la sofferenza era di casa, avrei voluto eliminare la barriera che divideva abitualmente il direttore dai ragazzi a lui affidati. Non era semplice, ma ad ispirare la mia condotta è stata la certezza che l’imitazione di Maria deve passare attraverso un amore concreto, quale risulta dalle “litanie lauretane” vissute. Quei ragazzi erano considerati delinquenti dalla gente perbene: ebbene io dovevo accostarli come rifugio dei peccatori”, cioè con una grande misericordia, libero da pregiudizi. Penso che tanti di loro abbiano trovato in me questo “rifugio”, perché ho ricevuto confidenze anche di gravi reati commessi (uno dei ragazzi aveva ucciso la madre, ma poi s’era pentito ed aveva trovato nella fede un sostegno per andare avanti). C’erano da consolare pene, lenire ferite: e anche qui Maria “consolatrice degli afflitti” mi era di modello. Quante volte entravano nel mio studio carichi di aggressività, di amarezza, e ne ripartivano rasserenati, limpidi. Esperienze del genere in quell’istituto sono poi state divulgate anche a livello nazionale. Intanto lo sforzo quotidiano di vivere il vangelo purificava il mio modo di vedere le cose e mi aiutava ad agire secondo un’altra logica, quella di Dio. E qui Maria mi è stata ancora vicina col suo sì all’angelo: “Avvenga di me secondo la tua parola “. In seguito, sotto il peso di una prova fisica e anche spirituale che mi faceva avvertire Dio lontano da me, mi è sembrato quasi impossibile continuare a vivere e non capivo più nulla. Ero immerso in questo buio quando una mattina presto (siccome soffrivo d’insonnia), alzando gli occhi al cielo ho notato una stella limpidissima e ho pensato a Maria “stella mattutina”, stella di un mattino che io non avrei mai voluto venisse perché significava un nuovo giorno col suo peso intollerabile. E lì un momento di vera gioia, di speranza di poter uscire da quel baratro nel quale ero prigioniero. Maria diventava per me “causa di letizia”, ed anche motivo di speranza in quanto “aiuto dei cristiani”. Sì, col suo aiuto ce l’avrei fatta. Ed è stato proprio così.

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